E d’ora in poi non saranno più solo chansons de geste calabresi o siciliane. Perché una di quelle storie che ci giungono dal Sud di coraggio e di rivolta è a un passo da Milano. A Cisliano, hinterland milanese nei pressi di Trezzano sul Naviglio. È qui, proprio nel cuore del profondo Nord, che da quasi due settimane gruppi di giovani si stanno dando il turno giorno e notte per presidiare un bene confiscato, neanche fossero a Castelvetrano o a Isola di Capo Rizzuto.
Cisliano come nuova metafora. Comune di 4.600 abitanti, guidato da una lista civica di centrodestra. Borgo di potere e investimenti del clan Valle-Lampada, famiglie di osservanza reggina unitesi in matrimonio a rafforzare il proprio dominio, e cresciute nella bassa padana, soprattutto a Vigevano. Usura e gioco d’azzardo in particolare. Metodi violenti e quella speciale sensazione di impunità che ti si cuce sulla pelle quando le autorità giurano per decenni che di mafia in paese e in provincia nemmeno l’ombra. Ecco, proprio a loro è stata confiscata in via definitiva una masseria in via Cusago.
È accaduto pochi mesi fa, il 13 ottobre 2014. ‘La Masseria’, il ristorante simbolo dell’impero, il luogo dove – si racconta – sono stati pestati e forse torturati gli usurati insolventi, d’incanto esce dal patrimonio familiare. Un’ingiuria. Da quel momento iniziano gli atti vandalici e le distruzioni sistematiche di parti della struttura. Messaggio chiaro: non la avrete, è cosa solo nostra.
La presidente del Tribunale di Milano, Livia Pomodoro, scrive al procuratore della Repubblica di Milano trasmettendo la documentazione fotografica realizzata dal referente regionale di Libera Davide Salluzzo. Il comune di Cisliano scrive una prima volta all’Agenzia nazionale dei beni confiscati, chiedendo l’assegnazione della Masseria. Cerca di avere così titolo formale a difenderne l’integrità. L’Agenzia non risponde. Il comune scrive una seconda volta: datecela almeno in via provvisoria. Ancora silenzio, perché è proprio vero (lo si è ricordato ieri commemorando Giovanni Falcone) che la lotta alla mafia è anche lotta contro i silenzi.
Insomma, dal 13 maggio la difesa della Masseria e del principio della destinazione sociale dei beni confiscati viene assunta insieme dal comune, dalla cooperativa Ies della Caritas e in particolare dal presidio di Milano sud-ovest di Libera, intitolato ad Angelo Vassallo. Loro e basta. A fare supplenza a uno Stato assente. Di giorno e di notte si alternano le nuove generazioni dell’antimafia. “Perché ci vado?”, spiega Andrea, studente, che ci ha passato una notte intera e già cinque-sei giorni. “Perché spero che il bene venga riutilizzato, perché non esiste che un bene confiscato possa essere distrutto sotto gli occhi di tutti. Lorenzo, uno di noi, che si fa lì le notti e poi va a lavorare, ci passava ogni mattina, e una volta vede smontato il cancello, una volta vede che non c’è più il pergolato, e nessuno che dicesse niente. In quanti siamo a presidiare? Dipende. A volte in pochi, una volta mi sono ritrovato qualche ora da solo; e mi sono messo a pulire. Ma spesso siamo in tanti. E allora si sta insieme e si scherza, ormai è un luogo di aggregazione per ragazzi, e ci si conoscono dei tipi formidabili. Elena, per esempio: piccolina di statura ma con una forza invidiabile. O Antonio, che s’è fatto due-tre notti di fila per poi andare a lavorare alle sei e mezzo, e guardi che la notte è stancante”.
Andrea racconta con l’ entusiasmo di chi sa di essersi infilato in una partita appassionante ma del tutto incerta. C’è anche Costanzo, a Cisliano, un signore sui quaranta che ha saputo della storia da Radio Popolare e subito, già alla prima sera, si è presentato; e anche se è zeppo di lavoro la domenica la passa tutta lì. C’è Federica, che arriva perfino dalla provincia di Varese, perché la novità della sfida mette le ali. O c’è Erica con il fidanzato artista. Anche lei fa la notte, e discute e progetta mentre il fidanzato si mette a disegnare. Ed è perfino poetico ragionare e sognare in questa stagione in cui fa chiaro presto e alle tre e mezzo il gallo del vicino canta. E che dire di Michela? O di Daniela, “la ragazza con le occhiaie” perché non dorme mai e una volta ha fatto tirar tardi tutti a furia di canzoni alla chitarra?
Ecco a voi dunque la nuova chanson de geste: quella di giovani che difendono, quasi occupandolo, un bene che lo Stato rinuncia a togliere definitivamente ai clan. Scene di coraggio e di allegria. Chi vuole fare qualcosa di utile quest’estate venga qui, non c’è bisogno di andare al sud. Venga nel cuore dell’impero dell’usura, a sostenere una grande battaglia comune. Già nei paesi e nell’università si preparano i rinforzi. Valentina, bionda studentessa dell’università di Milano, annuncia che loro di Unilibera si riuniranno presto per decidere come dare il cambio o al mattino o alla sera. Ricordate le occupazioni delle terre incolte? Ecco, sembra davvero di rivederle. Senza muli e senza trombe o rosse bandiere, ma con lo stesso spirito. Sta a noi, e allo Stato, fare vincere i nuovi, più giovani Placido Rizzotto.
Il Fatto Quotidiano, 24 maggio 2015