In questi settant’anni trascorsi dalla fine della lotta di Liberazione anche i libri per ragazzi sulla Resistenza hanno compiuto un lungo viaggio durante il quale si sono conformati su soluzioni narrative diverse, passati e ripassati dal racconto autobiografico al racconto di finzione, risentendo dei cambiamenti che si sono affacciati sul percorso storico della nostra letteratura per ragazzi, hanno assorbito in misure differenti le evoluzioni della memoria della lotta di Liberazione nel dibattito politico e socioculturale italiano. Tante sono quindi le possibilità di scelta di letture per ragazzi sul tema, soprattutto se ci affidiamo alle biblioteche, presidi in cui si custodiscono i fili per tessere le trame della memoria.
Per questo anniversario ci allontaniamo dalle proposte editoriali più recenti di cui abbiamo già parlato sul blog, per puntare l’attenzione su due libri – Un Natale in prigione. Ricordo di guerra di Roberto Denti (Interlinea, 2009) e La prima stella. Valgrande ‘44 di Guido Petter (Interlinea, 2011) – diversi ma con molti punti di contatto. Gli autori sono stati due giovani partigiani, due scrittori per ragazzi e nel dopoguerra tra i protagonisti nel campo dell’innovazione pedagogica del nostro paese sull’onda degli ideali maturati durante gli anni della Resistenza; il primo ha aperto a Milano agli inizi degli anni settanta la prima libreria per ragazzi italiana, contribuendo al rinnovamento delle concezioni sul campo della lettura infantile; il secondo ha partecipato giovanissimo all’ideazione dei Convitti Scuola degli ex Partigiani e in seguito è stato presidente dell’Istituto Pedagogico della Resistenza, docente di Pedagogia dell’età evolutiva, autore di libri per ragazzi in cui ripercorre le sue esperienze di giovanissimo partigiano.
Denti narra in modo lineare, asciutto, senza cedimento alla retorica, i mesi trascorsi nel carcere di Cremona, in uno spazio fisico che dopo l’8 settembre del 1943 si restringe ancora di più per i detenuti, costretti a fare turni tra lo stare seduti e muovere minimamente le gambe, dove si soffre per la mancanza di nutrimento adeguato per il corpo e per la mente. Tra i ritratti di varia umanità dei prigionieri, spicca il protagonista di un avvenimento che Denti narra per la prima volta dopo tanti anni, serbato a lungo e nel quale si sente ancora molto coinvolto. In cella un giorno arriva un detenuto alto, magro, con evidenti segni di percosse sul viso e sul corpo, vestito in maniera eccentrica per l’epoca, dice di essere un fiorentino giunto in città per cercare una scrittura teatrale, ma di teatro a Cremona nessuna traccia. Cala il sospetto che possa essere una spia introdotta lì per carpire notizie segrete; anche i soliti contatti tra la prigione e il CLN non porteranno informazioni. Solo quando arriverà il momento per Denti di lasciare il carcere, il detenuto, chiamato da tutti il Toscano, ha il coraggio di avvicinarlo e di rivelargli il suo segreto: è l’amante di un funzionario della Repubblica di Salò che ha seguito al Nord, lo implora di contattarlo e fare il possibile per impedire che venga inserito tra i gruppi di prigionieri che regolarmente vengono prelevati dal carcere per essere condotti al campo di concentramento di Mauthausen. Denti si impegnerà con determinazione e delicatezza di fronte a una situazione del tutto nuova e per quei tempi molto imbarazzante.
Nel romanzo La prima stella un gruppo di ragazzi vive, sul lungolago di Intra, le ristrettezze e l’angoscia che impone la guerra senza però perdere la voglia di vita, di amicizia, di speranza. Nell’estate del ’44 i ragazzi assistono insieme alla popolazione a una imponente operazione di rastrellamento, compiuta con impari dispiegamento di mezzi da nazisti e fascisti, per catturare i partigiani che si concluderà con gli eccidi di Fondotoce e Baveno. I fatti terribili di quel giugno fanno da sfondo al racconto di Petter, dove nel tracciarsi degli avvenimenti matura la scelta di Riccardo e Marcello di stare con i partigiani.
Storie diverse con tratti in comune. Gli autori cercano con la scrittura la chiarezza; il lettore-interlocutore deve essere messo nella condizione di comprendere: non solo per la difficoltà di rapportarsi a contesti poco conosciuti, che si potrebbe facilmente intuire nel caso di giovani lettori, ma piuttosto per la scelta etica di un vero dialogo che deve svolgersi alla luce della comprensione e della sincerità. Possiamo dire che i protagonisti soffrano a livelli più o meno diversi le stesse oppressioni, giovani corpi sono impediti nella libertà di movimento, uno ristretto in carcere, gli altri costretti a rimanere nascosti per evitare i rastrellamenti, per non parlare del cibo non sempre nella quantità necessaria a chi cresce.
Il sollievo è portato dalla lettura: dopo le sconsolanti letture dei libri della biblioteca del carcere Denti può aprirsi a un mondo umano e morale inatteso con la lettura delle Confessioni di Sant’Agostino e finalmente godere del Don Chisciotte che gli fanno avere clandestinamente; si cibano avidamente delle pagine di libri anche i ragazzi creati da Petter: solo la lettura di Guerra e Pace placa l’angoscia di Emiliana per la sorte del fratello partigiano e le pagine di Mazzini accendono la coscienza di Riccardo. La voglia di conoscenza, di riflessione è vitale sia in carcere attraverso le lezioni che i compagni di cella tengono tra loro per resistere al tempo senza qualità al quale li si vorrebbe costretti. Allo stesso modo i ragazzi della Val Grande trasformano in lezioni estemporanee i momenti vissuti insieme: si va dalle lezioni di musica, alle tecniche dello scoutismo, dalle discussioni su I doveri dell’uomo di Giuseppe Mazzini alle lezioni per individuare le costellazioni nel cielo. La conoscenza, quindi, per scegliere da che parte stare e per resistere.
di Anna Meta