Antonio Fameli, pluripregiudicato, gestiva anche un chiosco sul lungomare di Loano, nel Ponente Ligure. L'accusa è di impiego di denaro di provenienza illecita. Per gli inquirenti, bruciacchiava o inumidiva pezzi da 500 euro e le presentava come "usurate" alla filiale di Genova dell'istituto per cambiarle con altre nuove. Che a quel punto risultavano, non solo integre, ma perfettamente ripulite e riciclate
Il segreto era rovinarle, bruciacchiarle, o al contrario, inumidirle, farle ammuffire. Poi ci si presentava in Banca d’Italia, nella filiale di Genova, chiedendo di poter cambiare le banconote usurate da 100, 200, ma soprattutto 500 euro, con altre nuove. Che a quel punto risultavano, non solo integre, ma perfettamente ripulite e riciclate. Un “giochino” da 115mila euro, che ha nuovamente portato in carcere Antonio Fameli, pensionato pluripregiudicato residente a Loano, in provincia di Savona, “ritenuto collegato con la ‘ndrangheta di Gioia Tauro”. E dire Gioia Tauro significa dire Piromalli. Le indagini ancora in corso potrebbero accertare come mai in Banca d’Italia (che comunque ha collaborato attivamente alle indagini) nessuno si sia accorto dell’alto numero di banconote da 500 usurate.
Fameli, già condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Palmi nel 1985 e poi prosciolto dalla Corte di Cassazione presieduta da Corrado Carnevale, era sottoposto a misura di prevenzione patrimoniale dopo l’ultimo arresto, avvenuto il 7 marzo del 2012. Per questo la nuova operazione, coordinata dal procuratore di Savona Ubaldo Pelosi e firmata dal Gip Filippo Mazzeo, è stata ribattezzata “Il ritorno”. L’accusa è quella di intestazione fittizia di beni e impiego di denari di provenienza illecita. Beni che non avrebbe potuto possedere in conseguenza della misura di prevenzione e considerando che la confisca comminatagli con l’operazione Carioca, per un valore superiore ai 10 milioni di euro, è diventata definitiva nel marzo scorso. Invece, deteriorando le banconote e presentandosi in Banca d’Italia otteneva di riavere la stessa cifra accreditata sul conto di un prestanome, teoricamente non più riconducibile a lui.
Il Loano Beach è un chiosco situato sulla passeggiata a mare della località ligure. Qui, secondo gli inquirenti, il vero proprietario era Antonio Fameli, che curava i propri interessi attraverso un prestanome. “E questo è l’unico (bene intestato fittiziamente, ndr) che possiamo ufficializzare adesso – ha dichiarato in conferenza stampa il colonnello Francesco Bianco, del Nucleo investigativo Carabinieri di Savona – ma stiamo verificando altre situazioni che sono in itinere” Il riferimento è a un complesso edilizio, di cui però, al momento, non si lascia trapelare nulla, essendo la documentazione ancora al vaglio degli inquirenti.
Insieme ad Antonio Fameli è stato arrestato Fabio Domenicale, pluripregiudicato e autista del Fameli, mentre altre 10 persone sono state denunciate in stato di libertà e sottoposte a perquisizione. Il riserbo su questa operazione è massimo e tutto lascia pensare che avrà presto una continuazione. Un particolare risulta molto importante nel tracciare un quadro dei rapporti mafiosi in provincia di Savona: le indagini sono iniziate in seguito all’inchiesta per usura che lo scorso 6 marzo ha portato in carcere Carmelo Gullace, altro personaggio da sempre indicato nelle relazioni antimafia come esponente della ‘ndrangheta in Liguria, ma mai condannato. “I successivi accertamenti – scrivono gli inquirenti – hanno permesso di monitorare personaggi legati a vario titolo alla criminalità organizzata di origine calabrese nel ponente savonese e di rilevare che il Fameli… si avvalesse di personaggi a lui legati per intestare fittiziamente attività commerciali e per cambiare presso sportelli di istituti di credito locali o presso la Banca d’Italia di Genova, banconote da 500 euro rovinate … per un totale di circa 115 mila euro” (13 mila dei quali sequestrati).