“Voglio sperare che nessuno pregiudizialmente mi giudichi ‘schierato’ nei confronti di una candidata, la dottoressa Monica Lavarini, una coordinatrice di gruppo del ‘Simposio dei Laici con il Vescovo’, che si è candidata da sola. Data però la posta in gioco, ne condivido il programma che ha elaborato da sola, imperniato sulla difesa dei diritti delle famiglie in difficoltà, cioè sul sociale debole e sulle scuole cattoliche, inserendosi come altri cattolici, per maggior libertà, nella lista civica di Zaia”. Questo è uno dei passaggi dell’endorsement del vescovo di Verona, monsignor Giuseppe Zenti in favore di Monica Lavarini, candidata alle elezioni regionali nella lista Zaia. Infermiera, leghista, cattolica impegnata, la Lavarini ha incassato un sostegno pesantissimo che, come è facile immaginare, non è passato inosservato. E a Verona, da qualche giorno, non si parla d’altro.
Ma andiamo con ordine. Il 5 maggio Monica Lavarini organizza un incontro pubblico per presentare il suo programma elettorale. Accanto a lei c’erano Paolo Facchinetti dell’ufficio diocesano di Pastorale scolastica e la presidente dell’Unitalsi Grazia Quartiroli, che tra l’organizzazione di un pellegrinaggio e l’altro non ha voluto far mancare il suo supporto alla candidata. La doppia presenza aveva già fatto intuire un certo sostegno del mondo diocesano alla Lavarini.
Ma, perché il messaggio fosse ben chiaro, la mattina del 14 maggio nella casella di posta elettronica dei circa 400 insegnanti di religione della curia di Verona è arrivata l’email dello scandalo: il mittente è don Domenico Consolini, direttore dell’ufficio scuola della curia scaligera, il contenuto “confidenziale”. Tra gli allegati alla missiva elettronica una lettera, firmata da sua eminenza il Vescovo di Verona Giuseppe Zenti. Il testo parte con un lungo preambolo sulle “problematiche reali della gente”, entrando nel dettaglio del “sociale debole” e della “libertà educativa dei genitori”. Passo dopo passo Zenti arriva a formulare un appello ai candidati “di qualunque area politica” a condividere le sue stesse preoccupazioni. Poi va oltre e dichiara la già citata adesione al programma della Lavarini, continuando poi con la spiegazione: “Nell’evidente e inviolabile libertà di scelta, sono convinto che molti ne condividano il programma formalmente e pubblicamente espresso. La candidata si è impegnata a tener viva la sensibilità verso le problematiche contenute nel programma, in vista della loro soluzione, pur non miracolistica”. E poi specifica che se avesse trovato altri programmi “determinati nella difesa di queste questioni nevralgiche”, non avrebbe esitato ad appoggiarli ugualmente “in quanto io non parteggio per un candidato ma ne sostengo il programma se di alto valore civile”. Alla il prelato non dimentica di offrire una benedizione a tutti i veronesi: “Ognuno si prenda le proprie responsabilità”, dice il monsignore: “Ma so che posso dare un credito di fiducia al buon senso dei Veronesi. Che amo, tutti, immensamente”.
Un putiferio. La sera stessa, nelle stesse caselle di posta elettronica, è arrivata una nuova mail. Stesso mittente. Diverso il messaggio. Questa volta l’invito è quello di non tenere conto della prima comunicazione, per “evitare fraintendimenti”.
Seguono scuse pubbliche del monsignore, che si batte il petto e dice di essere stato frainteso, di non aver voluto parteggiare per una candidata, men che meno per un partito, la Lega Nord, che propaganda idee molto diverse da quelle dell’accoglienza, proprie del messaggio cristiano.
Tale e tanto è stato il polverone sollevato che qualcuno ha addirittura letto una reprimenda nelle parole che Papa Bergoglio ha pronunciato lunedì scorso: “I laici che hanno una formazione cristiana autentica non dovrebbero aver bisogno del Vescovo-pilota, o del monsignore-pilota o di un input clericale per assumersi le proprie responsabilità a tutti i livelli, da quello politico a quello sociale, da quello economico a quello legislativo! Hanno invece tutti la necessità del Vescovo Pastore!”. I beninformati assicurano che il Papa non ha voluto fare alcun riferimento al caso specifico e che non vi sia stato alcun intervento diretto nei confronti di Zenti. Anche perché la lettera incriminata probabilmente non è l’unica intromissione della Chiesa nelle regionali. Senza andare troppo lontano da Verona, ad esempio, ha fatto parlare anche la candidatura di Dino Boffo, che non ha certo bisogno dell’imprimatur vescovile per far sapere di essere persona gradita alla Cei.
Lasciamo agli ermeneuti l’interpretazione delle parole del Papa. A Ilfattoquotidiano.it sarebbe bastato poter rivolgere qualche domanda telefonica a monsignor Giuseppe Zenti, purtroppo la cosa non ci è riuscita, un po’ per i garbati rifiuti, un po’ per le telefonate a vuoto.
Del rapporto tra Chiesa e politica parla il dossier elaborato dal Movimento Cinque Stelle del Veneto che dettaglia la ripartizione dei cinquanta milioni di euro di contributi a cascata su tutto il Veneto deliberati in quella che è stata ribattezzata la “Notte delle marchette”. Gli estensori del dossier fanno notare che “la parola ‘parrocchia’ compare addirittura una cinquantina di volte nel documento” e sottolineano che la maggior parte dei 50 milioni distribuiti nella delibera sono stati assegnati alle parrocchie. Nell’elenco spiccano i 441 mila euro destinati alla parrocchia San Zeno in Santa Maria Assunta nel comune di Cerea (Verona), gli 890 mila euro per la sistemazione dell’immobile della Biblioteca Capitolare di Verona e i 300 mila euro per la Parrocchia di Sant’Andrea di Romagnano nel comune di Grezzana (Verona) per la ristrutturazione della chiesa.