Oggi, riposo numero due, dunque tempo di fare bilanci. Sono rimasti in corsa 173 corridori. Erano iscritti in 198, uno non partì da Sanremo per eccesso di cortisolo. Dunque, hanno mollato la compagnia ciclettante in 23, ossia il 12,12 per cento. Si è ritirato Richie Porte, umiliato dai 27 minuti beccati a Madonna di Campiglio. Gli italiani erano 59, oggi sono 52. Tre li troviamo ai piani nobili della classifica: Fabio Aru è secondo, a 2’35” da Alberto Contador, Damiano Caruso è settimo a 7’10”, Giovanni Visconti è nono a 9’53”.

Sette sono le nazionalità rappresentate dai primi dieci. La multietnicità è ampiamente salvaguardata: sono 33 le nazionalità dei 174 corridori in gara, a Sanremo erano 35: mancano all’appello un austriaco e un panamense. Ha tenuto duro l’etiope Tsgabu Gebremaryam Grmay, ma riuscirà il nostro eroe a resistere sino a Milano? Mancano appena sei tappe, per complessivi 1091 chilometri. Però sono chilometri da spavento. Il menu di fine Girum 2015 è assai piccante, non nel senso della cucina abissina cui Grmay è abituato. Lo attendono salite da impiccarsi. Sebbene mi abbia assicurato d’essere un buon scalatore, non l’ho mai visto in evidenza in nessuna tappa: paura di schiattare? Prudenza? Ordini di scuderia? Nella sua Lampre nessuno può battersi per conquistare una posizione di prestigio in classifica. Quanto a Diego Ulissi, potrebbe provarci mercoledì a Lugano, dopo la massacrata di martedì 26 maggio quando per pietanze verranno ammannite salite fin dal via: si parte da Pinzolo, si supera Madonna di Campiglio, si piomba a Dimaro, si risale sino al Tonale, infine due volte l’Aprica con in mezzo il Mortirolo.

Dopo, tuttavia, c’è poco da sorridere, caro Tsgabu: venerdì 29 ti attendono tre gran premi della montagna di prima categoria, l’ultimo a Cervinia dopo 236 chilometri. Ma è sabato 30 maggio la giornata del sacrificio: dovrai affrontare il Colle delle Ginestre che è Cima Coppi, ossia la vetta più alta del Giro di quest’anno, coi suoi 2178 metri e l’insidia degli ultimi nove chilometri d’ascesa sullo sterrato: in Africa capita spesso di correre lungo tracciati non asfaltati, quindi non è questo che ti spaventa e nemmeno l’altitudine cui sei abituato visto che sei nato a Macallé, quota duemila metri…tuttavia, il Colle delle Finestre è un’arrampicata che non concede tregua, ha una pendenza praticamente costante del 9,2 per cento, nella prima parte della salita ci cono 29 tornanti in meno di quattro chilometri (fino al culmine ne incontrerai in totale 45…). E mica finisce lì. Discesa mozzafiato di 11 chilometri sino a Pourrieres, altri cinque per rifiatare e immediatamente si ricomincia a pedalare all’insù, perchè la tappa si conclude ai 2035 del Sestriere.

Tsgabu vuole arrivare a Milano. Dovrà gestirsi al meglio. Ci piacerebbe un suo lampo, e non uno stampo. Il Giro è terapia d’urto per gli esordienti, oggi che i livelli sono più uniformati d’un tempo. La corsa rosa è decisamente più dura del Tour, lo penalizza il calendario. I corridori più quotati del mondo preferiscono puntare alla Grande Boucle, questione di marketing. Di sistema Paese: l’evento Tour è considerato patrimonio nazionale, da noi il Giro lo è solo a parole. Nei fatti, gli organizzatori sputano l’anima per far quadrare i bilanci. È vetrina per i politici locali e bilocali. In Francia, il Tour è vanto dell’Eliseo.

In mancanza di forte opposizione – non politica, ma ciclistica – lo spagnolo Alberto Contador controlla la corsa e fa il buono e il cattivo tempo, gioca con gli avversari come il gatto col topo. L’Astana ha puntato su Aru, si ritrova invece un Mikel Landa Meana più forte, e forse già da domani cambieranno gli equilibri gerarchici, se il giovane sardo non trova le energie per attaccare più a fondo Contador. Il quale, furbo com’è, ha già seminato zizzania in campo nemico, sottolineando appunto come Landa sia, al momento, più forte di Aru. Giuseppe Martinelli, direttore sportivo dell’Astana, dice che non cambierà nulla, e che Aru continua ad essere il capitano. Dovrà comunque difendere il secondo posto dall’ottimo Andrev Amador che è terzo, staccato dal sardo di un minuto e 34”. Né staranno a guardare Caruso e Visconti, senza dimenticare il russo Yury Trofimov (sesto) e il ceco Leo Konig (quinto). Nessuno di loro impensierisce Contador quanto Landa che sinora è stato tenuto a freno dalla non brillante strategia dell’Astana: la squadra kazaka ha provato a scardinare Contador, illudendosi di sfiancarlo. Chi ha pagato è stato Aru, apparso meno brillante rispetto allo scorso anno.

Dicono che Contador sia senza valido supporto da parte del resto della sua squadra. In realtà lo spagnolo ha cercato di non spremere i fidi Michael Rogers e Roman Kreuziger più di tanto. Gli servono in queste ultime sei tappe, le decisive. Così come si vedranno le alleanze: la Movistar ha due uomini molto ben piazzati, Amador e Visconti; è una squadra piuttosto equilibrata, con il basco Elorr Intxausti ha già vinto una tappa, ha schierato Rojas Quintana, il fratello del vincitore del Giro 2014. Non è escluso che la Movistar faccia corsa parallela a quella dei Tinkoff di Contador. Quanto alla Sky, smarrite le ambizioni del tasmaniano Porte tornato a casa, punta molto sulla tenuta di Konig, ben consapevole che l’obiettivo più ragionevole è restare tra i primi cinque.

La maglia rosa è fuori discorso, a meno di clamorose sorprese (le strade del Giro sono imperscrutabili, quasi come quelle del Signore…). Perciò anche la Sky ha tutta la convenienza di non andare in rotta di collisione con la Tinkoff. Insomma, in questi sei giorni avremo guerra su due fronti: quella dell’Astana contro Contador. E quella degli altri contro l’Astana.

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