Nel 2008 l'attività di Felice Mulfari subisce una battuta d'arresto. Suo figlio Diego, quindi, pensa di costruirgli credibilità in rete attraverso un profilo facebook e un sito. E così i clienti, gradualmente, sono di nuovo aumentati. "Mio padre senza il mio sostegno avrebbe buttato tutto all’aria"
Il web salva l’artigiano. La storia di Felice Mulfari, 59 anni, imbianchino da una vita in Brianza, è la prova. Quando scoppia la crisi, nel 2008, perde i primi clienti. Dopo tre anni il numero di commissioni è quasi zero. Felice non ha un sito internet, non usa la mail, non sa cosa siano i social network. È sul punto di mollare tutto, ma suo figlio Diego, 31 anni, sa che la soluzione viene dalla rete.
Lui, laureato in Scienze della comunicazione, si occupa di web marketing per un’azienda. “Non sfruttavano la mia creatività, ero insoddisfatto e ho preferito aiutare mio padre” ci racconta. A gennaio 2011 apre il sito internet Mulfarimbianchino.it, una brochure online per dire chi è, dov’è, cosa fa, come contattarlo. Ma l’esperimento serve a poco. “Il portale non era fra i primi risultati su Google, nessuno si accorgeva di noi”.
Secondo step: una newsletter quindicinale ai clienti storici. “Inviavo le foto dei lavori, le recensioni delle nuove pitture, quelle ecologiche o effetto glitter, le ultime tendenze, come la cromoterapia, e sconti per chi prenotava la tinteggiatura entro il mese successivo”. Felice, estraneo al linguaggio virtuale, segue i consigli del figlio: stampa sul furgoncino il nome del sito e apre un indirizzo di posta elettronica.
Passa un altro anno e Diego lancia un blog: Mulfarimbianchino.com. “Lo specialista nella tinteggiatura delle tue pareti, low cost!” è lo slogan. L’obiettivo è entrare direttamente in contatto con l’utente, che in questo caso può lasciare commenti e chiedere informazioni. Oggi il blog conta 120 visite al giorno. “Mio padre – dice – era diventato un imbianchino 2.0, una specie di brand”. Che trasferisce anche su Facebook. “Il social network è utile per ottenere credibilità, funziona come la vecchia lettera di referenza”. E i clienti tramite il web aumentano: 20 nel 2012, 40 nel 2013 e 60 nel 2014. Il caso viene inserito anche in una tesi di laurea sul “Corporate blogging”, cioè il blog aziendale.
Da tre anni la famiglia Mulfari fa parte della community dei Wworkers, i lavoratori della rete, che il 7 maggio scorso sono stati invitati a Montecitorio per portare la loro esperienza e suggerire una serie di azioni urgenti per potenziare il business online. Il web dà una seconda chance ai piccoli imprenditori strozzati dalla crisi. Ed è il trampolino di lancio per le start up. “L’ostacolo più grande da superare è il digital divide. Mio padre senza il mio sostegno avrebbe buttato tutto all’aria. All’inizio è stato faticoso, sembrava che parlassimo due lingue diverse. Avevo installato una stampante wireless così quando mi arrivava una mail con la richiesta di un preventivo e io mi trovavo fuori casa, inviavo la stampata e lui poteva leggerla al volo”.
Anche Diego ha fatto una svolta. Grazie a questa avventura ha aperto un sito web personale in cui offre consulenze per artigiani e commercianti che vogliono trovare clienti in rete. “Ricevo circa dieci richieste al mese. Poche dagli imbianchini, tre o quattro da Brescia e Milano. Vuol dire che non sono ancora sensibili al digitale, ma è una sfida da vincere e qualcuno glielo deve spiegare. Da loro ricevo il curriculum, una cinquantina negli ultimi mesi, hanno dai 20 ai 60 anni, sono del nord e del sud, anche dalla Sicilia”. Dopo l’incontro alla Camera dei deputati è diventato famoso. “Ho ricevuto tantissimi feedback, anche da italiani all’estero che vorrebbero tornare indietro per imitarmi. Oppure una mamma dal centro Italia, senza un lavoro da sette anni, a cui è tornata la voglia di inseguire il suo sogno da cake designer. È un po’ da pazzi ma bisogna darsi da fare per l’Italia”.