Il governo Renzi sta provocando un netto peggioramento anche della situazione delle più elementari libertà democratiche. Prendiamo ad esempio quella di opinione. E’ stata emanata qualche giorno fa una sconcertante circolare del Ministero dell’Università e Ricerca secondo la quale sarebbero banditi dall’Expo tutti i pensieri sgraditi e “non autorizzati”. Questo con la scusa che si tratterebbe di uno “spazio privato”, il che ovviamente non è affatto vero vista se non altro la grande quantità di denari e sforzi pubblici che vi sono stati convogliati.
Di un’altra elementare libertà democratica, quella di voto, meglio non parlare, visto che il sistema elettorale che Renzi sta cercando di introdurre determina un’evidente distorsione della volontà popolare attraverso i meccanismi più volte analizzati e che la Corte costituzionale ha avuto modo di sanzionare occupandosi del Porcellum.
Stiamo insomma assistendo all’introduzione in Italia, Paese ancora una volta all’avanguardia quando si tratta di esperimenti antidemocratici e liberticidi, di una sorta di totalitarismo del pensiero unico, basato su di un assioma elementare quanto sconcertante, e cioè che gli interessi dei poteri costituiti, di qualunque natura essi siano, rappresentano l’interesse del Paese nel suo complesso.
E’ in questa logica che Renzi, mentre avalla la presenza nelle sue liste di personaggi impresentabili, vorrebbe procedere allo smantellamento di ogni corpo intermedio, compresi gli enti locali, tradotti in cinghia di trasmissione di tali poteri e gratificati al massimo con l’attribuzione a qualche rappresentante selezionato di un seggio al Senato, buono anche e soprattutto per evitare ‘persecuzioni giudiziarie’, leggi l’incappare in qualche giudice non ancora normalizzato e intenzionato ad applicare la legge, specie in materia di corruzione, abusi d’ufficio e simili.
Un grosso ostacolo, per il nostro, è evidentemente costituito dai sindacati. Per quanto male questi si siano comportati negli ultimi trent’anni e passa, per quanto anche al loro interno si sia purtroppo creata una casta di privilegiati scarsamente sensibili alle istanze delle base, i sindacati, complessivamente considerati, costituiscono infatti un naturale intralcio per chi vorrebbe adeguare l’insieme della società alla logica dell’impresa e della competitività, elevate a supremo imperativo della nazione.
Tanto più se a fianco di sindacati tradizionali, in qualche caso rinnovati o sempre stati fedeli alle esigenze della loro base, come la Fiom di Maurizio Landini o la FLC, se ne pongano oggi di nuovi, come l’Usb e i Cobas, che in vari settori, a fronte della degenerazione purtroppo in vari casi registratasi dei sindacati storici, assumono l’onere della rappresentanza e della lotta.
E’ infatti nella conflittualità sociale che risiede la garanzia principale della giustizia sociale e della democrazia. O vogliamo aspettarci che i ceti sempre più beneficati dalla crisi, e che tendono, come ha rivelato il recente rapporto dell’OCSE, ad accentrare su di loro redditi e patrimoni, procedano di loro iniziativa alla redistribuzione degli uni e degli altri? Non lo faranno mai, anche se tale redistribuzione, come hanno affermato perfino il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, rappresenta l’unica possibile via d’uscita alla crisi in atto.
Con tutti i loro limiti, che vanno certamente superati, i sindacati entrano in collisione con la logica del manovratore unico al servizio dei poteri forti. Ecco perché Renzi li vorrebbe liquidare e trasformare in un unico sindacato di regime (magari la CISL?). Neanche fossimo in Urss ai tempi di Breznev. E in tal modo togliere definitivamente di mezzo i contratti, in modo tale da lasciare liberi lui, Marchionne o altri di elargire eventualmente elemosine a loro piacimento.
Contro questi propositi folli e liberticidi occorre alzare la bandiera della libertà di iniziativa sindacale dal basso e del pluralismo sindacale, che, in ogni situazione costituisce la principale garanzia di libertà, democrazia e giustizia sociale.