Il campionato non ha più niente da dire, tranne il secondo posto e il matematico ingresso della Fiorentina in Europa League. Così resta solo il tempo per i saluti: da Dybala che da Palermo va alla Juve a Di Natale vicino all'abbandono definitivo (forse). E poi la storia della squadra emiliana che ancora non sa da dove ripartirà nella prossima stagione
Siamo già ai saluti. Mancherebbe ancora una giornata, in realtà. Ma la Serie A è finita da settimane: dalla lotta per il titolo a quella per la retrocessione, è tutto deciso da tempo. Resta in bilico la qualificazione alle coppe, ma se la Lazio non perderà nel derby di oggi pomeriggio raggiungerà la Roma in Champions League e toglierà mordente anche allo scontro diretto con il Napoli dell’ultimo turno, unico brivido rimasto a questo campionato. In campo vanno in scena match senza grandi motivazioni. È tempo di feste e di commiati.
Per tanti è stata l’ultima partita di fronte al proprio pubblico. Per Paulo Dybala, ad esempio: Zamparini l’ha ceduto alla Juventus, lui al novantesimo ha parlato già da juventino, del quinto scudetto da vincere e della speranza di giocare col suo idolo Tevez. Contro la Fiorentina non è riuscito a segnare l’ultimo gol in rosanero della sua fantastica stagione, ma compagni e tifosi l’hanno portato ugualmente in trionfo: forse un giorno a Palermo potranno dire di aver visto sbocciare uno dei più forti giocatori al mondo.
Non è ancora certo ma probabile l’addio di Totò Di Natale. Quella di ieri è stata la sua ultima partita al Friuli, almeno quello vecchio. Società, tifosi e squadra vorrebbero vederlo segnare anche nel nuovo stadio, ma le sirene dei dollari americani potrebbero essere un richiamo troppo forte per un giocatore che già molte volte a rinunciato a soldi e gloria per restare nella sua Udine. Quando Stramaccioni lo ha inserito ad inizio ripresa contro il Sassuolo, pur non essendo in perfette condizioni, non è stato un cambio qualsiasi. Qualcuno a Udine avrà pensato di assistere alla fine di un’epoca. Gli applausi, scroscianti come al solito ma diversi, dicevano questo.
Anche in casa Milan non ci sono annunci ufficiali. Ma rivedere Inzaghi l’anno prossimo sulla panchina rossonera sarebbe davvero una sorpresa. Per questo la vittoria contro il Torino, magra consolazione di una stagione tutta da dimenticare, è stata a suo modo speciale. Come ad assecondare la transizione dell’addio, SuperPippo l’ha vissuta metà a bordo campo, metà in tribuna: espulso a fine primo tempo per proteste, è tornato sugli spalti per assistere all’ultima parte della gara. Quasi un semplice tifoso, come sarà forse il prossimo anno, quando su quella panchina potrebbe sedere un altro allenatore che conosce bene (Galliani oggi volerà a Madrid per provare a riportare Ancelotti a Milano). Mentre in campo Abbiati giocava l’ultima da titolare, 16 anni dopo lo scudetto da debuttante che ha un posto speciale nel cuore dei tifosi rossoneri.
Non solo giocatori e allenatori: al Tardini è stata l’ultima del Parma in Serie A. La retrocessione è il minore dei mali: dopo il fallimento e la quarta asta consecutiva deserta i ducali non sanno in che categoria giocheranno il prossimo anno. Intanto si sono congedati dai propri tifosi con onore, a testa alta.
Le partite e i risultati diventano contorno. Con un campionato ormai finito si gioca quasi per inerzia e solo per quei pochi che ancora hanno qualche obiettivo. La Fiorentina per centrare la matematica qualificazione all’Europa League, il Verona per far segnare Toni e regalargli il titolo di capocannoniere (se lo giocherà domenica nello scontro diretto contro Tevez), oggi Roma e Lazio per il primato cittadino ed il secondo posto (ammesso che non si accontentino di un pareggio che le qualificherebbe a braccetto in Champions). Un’altra stagione poco appassionante va in archivio.