Il 19 maggio il Segretario Generale dell’Onu Ban Ki-moon, mostrando il proprio cellulare ad Oslo davanti al pubblico, ha chiesto: “Che cosa faremmo senza di loro? Siamo tutti dipendenti dall’elettricità per telefoni, luce, riscaldamento, condizionamento e refrigerazione”, ma ancora ci sono miliardi di persone nel mondo che non hanno il vantaggio della maggior parte di questi servizi energetici. Secondo le stime della Banca Mondiale, circa 1,1 miliardi di persone non hanno accesso all’elettricità, e più di 3 miliardi di persone o bruciano legna, sterco e carbonella nei braceri o si affidano ai combustibili più inquinanti come il cherosene per cucinare o riscaldare le loro case.
Martin Krause, direttore del Global Energy Policy Team del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) ha affermato che per raggiungere l’accesso universale all’energia sostenibile entro il 2030 occorre eliminare la povertà estrema e la fame e passare rapidamente alle fonti rinnovabili superando la resistenza delle major dei fossili e del nucleare. Per oltre un miliardo senza elettricità è necessario un approccio mirato e decentrato (cioè mini-reti, sistemi domestici solari, impianti micro-idroelettrici) per raggiungere così anche i più poveri, prevalentemente nelle zone rurali.
Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (UNIDO), l’accesso universale alle fonti energetiche rinnovabili può essere raggiunto ad un costo di circa 48 miliardi di dollari all’anno e 960 miliardi di dollari nel corso di un periodo di 20 anni. Tra il 2010 e il 2012, il numero di persone prive di accesso all’elettricità è sceso da 1.200 a 1.100 milioni: un tasso di progresso molto più veloce rispetto al periodo 1990-2010. In totale, 222 milioni di persone hanno avuto accesso all’elettricità in due anni: per la prima volta una quantità superiore all’aumento della popolazione (138 milioni di persone). Questi miglioramenti, sostiene il rapporto, si sono concentrati in Asia meridionale e Africa sub-sahariana, e soprattutto nelle aree urbane disperse (gli slum). Il tasso di elettrificazione globale è aumentato dall’83% nel 2010 all’85% nel 2012 ed è per la quasi totalità dovuto alle rinnovabili.
Eppure, secondo il Fondo Monetario Internazionale, nel mondo si spendono 5300 miliardi di dollari l’anno (10 milioni di dollari ogni minuto!) in sussidi ai combustibili fossili: oltre 100 volte la richiesta per l’accesso universale alle fonti rinnovabili. Il calcolo del FMI è fatto non solo sui sussidi diretti dei governi (oltre 500 milioni) per favorire sul mercato carbone, gas e petrolio, ma anche sui danni ambientali da riparare. Questa definizione di “sussidio” è una straordinaria novità, che dice come deve essere percepita la questione climatica anche in termini economici. Il FMI introduce il concetto di sussidi “post-fiscali”: affermando in sostanza che i governi dovrebbero tassare l’energia – combustibili fossili, principalmente – oltre il loro prezzo di mercato, per tenere conto dell’inquinamento atmosferico, del riscaldamento globale, e di altri danni sociali che provocano.
Gli economisti di solito si riferiscono a questi danni sociali come “esternalità”, ma, al di là del dettaglio del calcolo, una istituzione economico-finanziaria di quel peso contraddice le politiche energetiche che ostacolano le rinnovabili. Intanto da noi si predispongono le perforazioni ad Ombrina Mare!