L'Assemblea nazionale ha votato a favore della proposta presentata dall'ex ministro dell'Alimentazione, il socialista Guillaume Garot. Manca il via libera del Senato, ma la strada è tracciata. I supermercati non potranno più buttare via prodotti invenduti, ma saranno obbligati a donarli. In caso di violazione, c'è una multa
“Vedere la candeggina versata nei bidoni dei supermercati con scorte di cibo, questo scandalizza”. Una dichiarazione che ha suscitato applausi bipartisan nell’Assemblea nazionale francese – la camera bassa del Parlamento. E a pronunciarla è stato il deputato ed ex ministro francese all’Alimentazione, Guillaume Garot, del partito socialista, che così è riuscito a far approvare all’unanimità una legge che maturava da tempo: il reato di spreco alimentare. L’ultima parola spetta adesso al Senato ma la strada sembra essere tracciata: d’ora in poi i supermercati delle grandi catene non potranno più buttare via prodotti alimentari invenduti, ma saranno obbligati a donarli. Il rischio, in caso di violazione, è una multa di 400 euro, pena comunque molto ridimensionata rispetto alla multa da 75mila euro e i due anni di carcere previsti nella bozza iniziale.
È il frutto di tre emendamenti a una legge sulla transizione energetica che Garot ha presentato insieme a alcuni parlamentari sia della maggioranza sia dell’opposizione (“La lotta allo spreco è una materia che deve unirci, non dividerci”, aveva replicato a chi storceva il naso). I supermercati con una superficie di almeno 400 metri quadrati avranno tempo fino al primo luglio 2016 (giorno in cui sarà operativo il dispositivo) per prendere accordi con le associazioni di beneficenza, a cui dovranno donare il cibo non più buono per la vendita. Oltre che ai poveri e ai senzatetto, il cibo recuperato sarà utilizzato per mangimi animali e per la produzione di compost per l’agricoltura.
Una legge che non piace alla Fcd, la principale federazione di commercianti e distributori francesi (“i grandi supermercati sono responsabili solo del 5 per cento degli sprechi alimentari e hanno già accordi con le associazioni di volontariato”, dice Jacques Creyssel, portavoce della federazione), ma con la quale il governo francese spera di dimezzare gli sprechi alimentari entro il 2015, che adesso oscillano, stando alle statistiche di Planetescope, dalle 2 alle 6 tonnellate di cibo buttate nella spazzatura ogni anno, circa 38 chili al secondo.
In Italia non va diversamente. Secondo i dati della Fao a livello europeo si sprecano in media 180 chilogrammi di cibo a testa all’anno, il 42% del quale a livello domestico: in testa alla classifica dei Paesi spreconi c’è l’Olanda con 579 chilogrammi pro-capite all’anno e in fondo la Grecia con i suoi 44 chilogrammi. L’Italia è a metà, con 149 chilogrammi di cibo pro-capite buttato nella spazzatura. Tuttavia Coldiretti fa notare che il trend di spreco è in diminuzione. “Complice sicuramente anche la crisi – spiega a ilfattoquotidiano.it Lorenzo Bazzana, responsabile del settore tecnico ed economico di Coldiretti – a cui si aggiungono le varie campagne di informazione e sensibilizzazione. Sta di fatto che nell’ultimo anno 6 famiglie su 10 hanno diminuito lo spreco alimentare. Lo stesso vale per i supermercati, alcuni dei quali hanno già accordi con onlus, come il Banco Alimentare”. Certo è, come chiarisce sempre Bazzana, che la situazione per quanto riguarda le grandi distribuzioni in Italia “rimane tragica” e una legge facsimile a quella francese non farebbe male.
E invece nel Belpaese “siamo molto sulle parole e poco nel pratico”, come sostiene Chiara Gagnarli, deputata Cinque Stelle nella commissione agricoltura, riferendosi a una mozione unitaria che impegnava il governo a intraprendere iniziative volte a ridurre lo spreco alimentare: approvata all’unanimità dalla Camera nel giugno 2014 è rimasta lettera morta. “Una legge simile a quella francese sarebbe utile – continua la Gagnarli – ma per ogni settore della filiera agroalimentare, dalla produzione alle mense fino ad arrivare alla distribuzione, bisogna trovare le iniziative migliori, sia pubbliche che private, finalizzate al recupero di alimenti rimasti invenduti e scartati per ridistribuirli gratuitamente alle categorie di cittadini meno abbienti. In Italia si potrebbe partire dal recupero del pane, che è tra i prodotti che vengono maggiormente sprecati. Una volta individuati gli strumenti, poi – continua la deputata – ci piacerebbe che l’impegno preso fosse mantenuto”.