Ecco un estratto dell'inchiesta pubblicata da Il Fatto Quotidiano oggi in edicola. Migliaia di e-mail scambiate tra funzionari della spa controllata dal Tesoro dimostrano la conoscenza dei destinatari segreti delle lettere campione utilizzate da una società esterna per testare la qualità del servizio. Per il quale lo Stato paga 300 milioni di euro l'anno
L’imbroglio delle Poste per fare cassa. In palio circa 300 milioni all’anno, soldi che lo Stato consegna a Poste italiane se tutto fila liscio nella consegna di lettere, ordinarie e prioritarie, raccomandate e pacchi. Chi certifica che tutto fili liscio? Esistono dei “controllori”, della società Izi, il cui compito è quello di vigilare su celerità ed efficienza del servizio postale. I controllori dovrebbero essere anonimi, sconosciuti per i “controllati”, ovvero Poste italiane. Invece, succede che alcuni funzionari di Poste italiane hanno agito come una sorta di Spectre, indagando, scoprendo e spiando i controllori e risalendo alle loro spedizioni campione con cui avrebbero dovuto controllare la buona qualità del servizio: motivo? Fare in modo che quelle spedizioni campione non trovassero nessun ostacolo, che il servizio postale italiano potesse essere classificato dai “controllori controllati” come perfettamente funzionante per assicurare all’azienda i soldi dalla Stato.
Il grande imbroglio è rivelato da una “struttura” che emerge da un archivio di oltre diecimila email in cui vengono elencati nomi e cognomi dei “controllori”: alcuni sono stati rintracciati telefonicamente dal cronista del Fatto Antonio Massari confermando di continuare a svolgere il lavoro. Poste italiane più che smentire si giustifica: “Oggi sono cambiati manager e addetti, non abbiamo mai intrattenuto rapporti con i soggetti incaricati di effettuare i test di qualità”.
L’inchiesta completa su Il Fatto Quotidiano in edicola oggi