Ci sono anche le firme dei pezzi da novanta del Partito democratico. Dal presidente Matteo Orfini al vicesegretario Lorenzo Guerini. Segno dell’attenzione riservata, ai piani alti del Nazareno, alla proposta di legge «per l’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione in materia di democrazia interna dei partiti». L’obiettivo dichiarato, come spiega la relazione introduttiva ai tre articoli del testo, è quello di prevedere «la necessaria acquisizione della personalità giuridica per i partiti che intendano prendere parte alle elezioni politiche nazionali e candidarsi alla guida del Paese», collegata «al rispetto di puntuali standard di democrazia interna» come, ad esempio, «la disciplina delle procedure di ammissione e di espulsione, l’ambito di applicazione della regola maggioritaria, gli strumenti posti a tutela delle minoranze, le modalità di selezione delle candidature alle cariche pubbliche e le procedure per la scelta del leader». In pratica, o i partiti si sottopongono ad un riconoscimento formale da parte dello Stato, attraverso un atto costitutivo e dotandosi di uno statuto, oppure, qualora la proposta del Pd (firmata anche da Nico Stumpo, Andrea De Maria e dalla new entry Gennaro Migliore) fosse approvata così com’è, non potrebbero presentare liste e quindi correre in alcuna tornata elettorale. Una proposta che ha già scatenato la dura reazione da parte del Movimento 5 Stelle, l’unica formazione rappresentata in Parlamento che, non solo non si è mai costituita in un partito, rifiutandone la forma, ma non è dotata neppure di uno statuto, requisito indispensabile, nel testo del Partito democratico, per la prosecuzione dell’attività politica.
REGOLE FERREE Ma cosa dice nel dettaglio la proposta di legge del Pd? Di fatto i primi due articoli operano modifiche di provvedimenti già esistenti. Il primo va ad incidere sulla legge approvata dal governo di Enrico Letta, che riduce progressivamente il finanziamento pubblico fino ad azzerarlo definitivamente nel 2017. Prevedendo che i partiti che intendano avvalersi dei benefici previsti dal provvedimento (detrazioni fiscali per le erogazioni liberali e destinazione del 2 per mille Irpef) dovranno obbligatoriamente dotarsi di uno statuto nel quale sono compresi, fra gli altri, «il simbolo, l’indirizzo della sede legale nel territorio dello Stato, il numero, l’attribuzione e la composizione degli organi deliberativi esecutivi e di controllo». L’acquisizione della personalità giuridica si consegue con l’iscrizione in un apposito registro nazionale.
Il secondo articolo, invece, modifica un decreto del presidente della Repubblica risalente al 1957 in materia di «requisiti per la partecipazione alle elezioni per la Camera dei deputati». I partiti o i gruppi politici organizzati iscritti nel registro che intendono presentare liste di candidati nei collegi plurinominali, devono per cominciare «depositare presso il ministero dell’Interno il contrassegno col quale dichiarano di voler distinguere le liste medesime nei singoli collegi plurinominali», è scritto nel testo. Che prevede la «ricusazione» (ossia il rifiuto) di quei «partiti o gruppi politici organizzati non iscritti al registro» medesimo. Disposizioni, queste, che si applicheranno a decorrere dal 1° luglio 2016, cioè quando entrerà in vigore l’Italicum. Il terzo e ultimo articolo della proposta di legge dem prevede la delega al governo per la redazione di un testo unico che disciplina l’attività politica e lo svolgimento delle campagne elettorali, le agevolazioni in favore di candidati alle elezioni, di partiti, movimenti politici e gruppi politici organizzati e la rendicontazione delle spese sostenute in occasione delle consultazioni elettorali e referendarie, oltre alle attività di controllo e le sanzioni disciplinari.
FRATELLI D’ITALICUM Sentito da ilfattoquotidiano.it, il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini, precisa che, vista l’iniziativa parlamentare e non governativa, si tratta di «una proposta aperta al dibattito, un punto di partenza frutto di un confronto interno al Pd andato in scena negli ultimi mesi». Poi, il numero due di Matteo Renzi, spiega la relazione che la collega strettamente alla nuova legge elettorale. «Tra gli elementi più significativi dell’Italicum, c’è il premio di maggioranza assegnato al partito e il ruolo della leadership – chiarisce –. Per questo la nuova legge elettorale pone il tema della selezione delle candidature, rispetto al quale garantire la democrazia interna al partito. E con l’obbligo della personalità giuridica il singolo iscritto avrà facoltà di presentare istanza presso l’autorità giurisdizionale nei casi di violazione delle regole statutarie».
FASCISMO PARTITOCRATICO Argomenti che non convincono più di tanto il Movimento 5 Stelle, che in caso di approvazione della proposta di legge presentata dai dem, si troverebbe di fronte a un bivio: adeguarsi o abbandonare la scena politica. «Consapevole che gli italiani non accettano più la formula del partito, considerato ormai strumento di autoconservazione della casta – spiega a ilfattoquotidiano.it il grillino Riccardo Fraccaro – il Pd non trova meglio da fare che imporre per legge questo stesso sistema ai cittadini». Per il componente dell’Ufficio di presidenza della Camera «è la dimostrazione che hanno paura dell’aria che tira, vista anche la recente affermazione di Podemos in Spagna e, più in generale, di tutti i movimenti anti-casta europei». Non solo: «Li sfido a raccogliere, se sono capaci, 350 mila firme in un giorno come abbiamo fatto noi del Movimento 5 Stelle: capiremo così se i cittadini sono a favore della loro proposta che, personalmente, considero espressione di fascismo partitocratico – conclude Fraccaro – Un regime in cui il dittatore in patria Matteo Renzi, forte solo con i deboli, non è altro che l’esecutore dei desiderata dei poteri forti».
SARTORIA DEM Il Pd continua «a disegnarsi abiti su misura, facendo pagare il conto ai cittadini», accusa via Facebook l’altro grillino Danilo Toninelli. «Se vogliono riacquistare credibilità in questo campo – aggiunge – prima di disciplinare i partiti, dovrebbero cominciare ad abolire le norme che continuano a scaricare i loro costi sugli italiani, come la scandalosa legge che rende lo Stato responsabile per i debiti dei partiti grazie alla quale i contribuenti dovranno sborsare 110 milioni euro per i debiti che il Pd ha contratto con “l’Unità”, mentre il patrimonio delle fondazioni degli ex Ds rimane intoccabile». Non solo: secondo Toninelli la proposta di legge presenta addirittura profili di dubbia costituzionalità. «A prima vista parte già con una falla spaventosa, dato che attribuisce ad una commissione pensata per controllare i rendiconti dei partiti e composta per tre quinti da giudici contabili, il compito di controllare e decidere sugli statuti, che sono requisito necessario per far partecipare i partiti alle elezioni e dunque materia di rilevanza costituzionale – argomenta il parlamentare a 5 Stelle – E’ immaginabile che una commissione del genere abbia un compito tanto rilevante in una materia del tutto differente e così essenziale per il funzionamento del sistema democratico?».
Twitter: Antonio_Pitoni @GiorgioVelardi