Abbiamo di fronte un’occasione storica: la riforma della Rai.

E, incredibilmente, tutti dicono che non vogliono più una Rai colonizzata dai partiti. Fantastico!
Forse oggi possiamo sognare una Rai al servizio dei cittadini e della cultura? Improbabile ma non impossibile.
La prima cosa che dovremmo però stabilire è come funziona una televisione veramente democratica.
Credo che si sia tutti d’accordo che il problema centrale è come si scelgono gli autori e gli interpreti dei programmi.
Finché il sistema si baserà completamente sulle conoscenze private e sui gusti privati del singolo direttore di rete non cambierà niente e migliaia di valenti professionisti che potrebbero creare spettacoli entusiasmanti verranno tenuti fuori perché non conoscono le persone giuste e o non sanno arrampicarsi nei meandri dei percorsi decisionali della Rai o sono “sgraditi”.
Ci sono oggi migliaia di professionisti che nella loro vita non avranno neppure una occasione di dimostrare quello che sanno fare e di verificare se alla gente piace quello che propongono!
È giusto che un direttore di rete, scelto si spera per la sua professionalità, possa seguire i suoi gusti e interessi, ma altrettanto giusto è che esista una porta di accesso determinata dal gradimento del pubblico.
Io vorrei che esistesse un canale Rai sul Web dove fosse possibile pubblicare i numeri zero autoprodotti, di nuove trasmissioni.
Le proposte che raggiungono i 50mila spettatori e le 10mila condivisioni sui social network hanno diritto a essere realizzate, e a ottenere un budget di spesa standard per 3 puntate della durata di 50 minuti, in modo che un gruppo possa sviluppare appieno il proprio progetto; le puntate realizzate vengono poi trasmesse su Rai4 o Rai5 dopo la mezzanotte; le trasmissioni che hanno successo vengono quindi mandate in onda su Rai3 in terza serata. È una proposta minimalista ma offrirebbe una possibilità a tutti gli esclusi dalle reti Rai perché sconosciuti o scomodi.

Un’altra micro riforma che renderebbe la Rai più in sintonia con i reali desideri del pubblico sarebbe veramente semplice da realizzare.
Oggi le scelte dei dirigenti Rai si basano sui risultati in termini di ascolti. Rispetto ai vecchi sistemi si sono fatti passi da gigante ma ancora la metodologia di indagine usata privilegia un pubblico medio che nella realtà non esiste. Così i gusti di un parte rilevante del pubblico restano invisibili. Ma oggi tutte le trasmissioni della Rai vengono rese disponibili sulla rete.

Sarebbe semplice incrociare i dati degli ascolti via Web e pure delle condivisioni sui social che le trasmissioni ottengono con i dati Auditel e sicuramente in questo modo si scoprirebbe che trasmissioni di qualità, che poco interessano il mitico spettatore medio, hanno comunque una loro fetta di pubblico appassionato.

Qualcuno obietterà che esistono già in Italia strade percorribili per i talenti sconosciuti con la pletora di serate nei locali, collegate con i vari talent show.
Ma io sto parlando di un’altra cosa: la possibilità di portare il progetto intero di una trasmissione, non solo una canzone o una scenetta comica di due minuti. E sto parlando non solo di esordienti ma anche di gruppi affermati che comunque la Rai non considera “potabili” per il grande pubblico televisivo e la “linea politica” dell’azienda.. Per fortuna gli orizzonti dello spettacolo sono un po’ più larghi dei talent.

Cari colleghi, sarebbe forse il caso di mobilitarsi?

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