Le loro facce hanno fatto rima per anni con lo strapotere di Salvatore Cuffaro e Gianfranco Micciché, prima che le fortune elettorali (e giudiziarie) dei due ex potenti di Sicilia iniziassero a sfiorire. E anche adesso che ai vertici della Sicilia c’è Rosario Crocetta e il Pd, loro erano rimasti lì, saldamente ai vertici della Regione più trasformista d’Italia. Un cambio di cavallo, operato seguendo sempre le stesse regole: voti procacciati con ogni mezzo, promettendo denaro e posti di lavoro.
“Senza contratto a mia sorella non ti do il voto”
È per questo motivo che stamattina sono finiti agli arresti domiciliari i deputati regionali siciliani Nino Dina e Roberto Clemente, più l’ex componente dell’Ars Franco Mineo: alle elezioni del 2012 avrebbero comprato le preferenze utili a farsi eleggere, ed è per questo che adesso sono accusati dalla procura di Palermo di voto di scambio.
“150 euro per 30 voti”
Dina, uomo forte dell’Udc, ex braccio destro di Cuffaro, è il potente presidente della commissione Bilancio dell’Ars (nel suo ufficio oggi sono stati sequestrati carta e documenti): in passato era stato indagato per concorso esterno a Cosa Nostra, in un ‘inchiesta sui favoreggiatori di Bernardo Provenzano; nel giugno del 2014, invece, aveva rimediato una condanna a otto di carcere in primo grado Mineo, ex deputato di Grande Sud, sodale di Miccichè, accusato di intestazione fittizia di beni, aggravata dall’aver favorito Cosa Nostra; non ha ancora condanne Roberto Clemente, deputato eletto all’Ars e al consiglio comunale di Palermo con il Cantiere Popolare dell’ex ministro Saverio Romano, già avvistato dai carabinieri in compagnia del capomafia di Misilmeri Filippo Bisconti.
Mineo a Bevilacqua: “Tuo impegno sarà premiato”
Sono toccati solo i domiciliari, invece, al pesce più piccolo finito nella rete, quello che ha portato all’arresto degli altri tre e cioè Giuseppe Bevilaqua, anche lui esponente del partito fondato da Romano e Cuffaro, primo dei non eletti al consiglio comunale di Palermo nel 2012. Il procuratore aggiunto Vittorio Teresi e i sostituti Amelia Luise, Francesco Del Bene, Annamaria Picozzi e Dario Scaletta, avevano recapitato già nel 2013 a Bevilacqua un avviso di garanzia per malversazione, appropriazione indebita e usura.
Bevilacqua: “700 voti a Palermo e non mi conoscevano”
Si può dire che l’inchiesta della procura di Palermo sia nata seguendo i pacchi di pasta: gli stessi che Bevilacqua sottraeva al “Banco opere carità” per le famiglie povere di Palermo, utilizzandole in cambio di voti alle amministrative. Le intercettazioni telefoniche, che coinvolgono anche un militare della Guardia della finanza che avrebbe fatto favori a Bevilacqua (e che è accusato di corruzione), però, portano direttamente ai tre pezzi da novanta: Dina, Clemente e Mineo, che avrebbero fatto di tutto pur di farsi eleggere all’Ars. Alla fine solo i primi due centrarono l’obbiettivo: Dina con 10.229 voti e Clemente con 7.281.
“Cosa nostra ha votato per Nino Dina, poi eletto all’Ars con moltissime preferenze proprio nella zona di competenza del clan”, aveva detto nel settembre 2014 il procuratore aggiunto Leonardo Agueci, poche ore dopo che un blitz antimafia nei pressi di Corleone aveva documentato le frequentazioni tra i boss della zona e l’esponente dell’Udc. “Mi dispiace che le parole di Agueci vengano travisate: oer le informazioni fasulle circa le dichiarazioni del procuratore riportate dalle agenzie ed anche dai siti di informazione, adirò le vie legali”, prometteva Dina, mentre il suo nome era già cerchiato in rosso da due anni, in più inchieste portate avanti dalla procura palermitana.
Bevilacqua a Clemente: “Un regalo quando me lo fai?”
Dina e Clemente saranno sospesi fino a quando rimarranno sottoposti alla misura. A loro subentreranno i primi dei non eletti nelle liste elettorali di cui facevano al momento della candidatura alle regionali del 2012. Spetta alla Presidenza del consiglio emettere il provvedimento di sospensione che poi sarà trasmesso al commissario dello Stato e quindi comunicato alla Presidenza dell’Assemblea regionale per una presa d’atto. In base alla legge, Dina e Clemente durante la sospensione percepiranno comunque una parte dell’indennità parlamentare, la restante parte sarà appannaggio dei deputati subentranti. Dina e Clemente potranno rientrere all’Ars non appena cesserà la misura cautelare, anche in questo caso la procedura è la stessa di quella della sospensione.