I reduci del Mortirolo lasciano la Valtellina, seguono la statale Regina del meraviglioso lago di Como, a Menaggio sterzano per dirigersi verso Porlezza, e iniziare, dalla parte della romantica Valsolda tanto cara a Fogazzaro (e Mario Soldati), la tortuosa e maliarda strada che costeggia il lago Ceresio: si lascia la Valtellina, partendo da Tirano, si arriva in Svizzera, a Lugano, dopo appena 134 chilometri. Sarà la tappa più corta di questo Girum 2015, ma è forse la più suggestiva, di struggente bellezza. Sul Ceresio incombono montagne che sono un manto di boschi impenetrabili. Il loro verde intenso rende ancor più blu il lago che riflette il cielo. Si corre in paradiso, in attesa dell’inferno che Contador e compagnia pedalante dovranno affrontare nel terzo week end di corsa e di paura, con le ultime micidiali arrampicate della Ginestra (Cima Coppi) e gli arrivi in salita a Cervinia e al Sestriere.
L’Astana di Fabio Aru e Mikel Landa andrà all’assalto della Tinkoff di Alberto Contador, oggi alla tredicesima giornata in maglia rosa: “Se c’è da far guerra, sarà guerra. La faremo”, ha detto prima della partenza un bellicoso Landa. Lo ha incalzato il compagno Dario Cataldo: “Sarebbe assurdo darsi per vinti adesso, non possiamo non provarci”. Due contro uno, anche se l’uno è una fortezza apparentemente inespugnabile. Bisognerà giocarsela con le gambe e con l’astuzia, ha aggiunto un saggio Fabio Aru, “la testa è la cosa fondamentale in questo sport”. Queste le premesse, che sanno di promesse. Insomma, un gran finalone. Soffia intanto un vento non fortissimo ma fastidioso perché di traverso. I corridori, stanchi per gli sforzi mortilereschi, penano. Il gruppo si allunga come un serpente che non finisce mai. Scappano in tre e chi mena l’inseguimento? Ragazzi, il nostro amico etiope Tsgabu Gebremaryam Grmaj. Lo inquadra persino una videocamera mobile delle moto Rai, Twitter si eccita, esiste infatti l’hashtag #iotifoSgabu. LaCadenilla twitta: “Tsgabu Grmay, del Lampre, colabora en la punta del pelotòn. Es el primer etiope en correr en una carrera profesional”.
Pure la giornalista del tiggì3 Flavia Paone scrive su Twitter: “Oggi a guidare il gruppone d’inseguimento c’è @TsabuG!! Forza Africa!!…”. C’è chi vuole addirittura creare dei fans club dedicati a Grmay, in ogni città, “Run my friend, run!! Yo”. C’è chi posta lo spezzone del telefonista di Ecce Bombo che racconta di aver fatto un incontro, “un etiope, uno studente universitario…ci siamo messi a parlare della situazione, e io facevo finta”. Il buon Tsgabu ha un compito ben preciso, oggi: impedire che le fughe diventino pericolose. Collaborare con le squadre dei velocisti, quelle cioè interessate ad un arrivo in gruppo. Come la Lampre che ha il suo asso nella manica: far intendere che il traguardo potrebbe essere l’obiettivo di Diego Ulissi, già trionfatore nella tappa più lunga di questo Girum, a Fiuggi, per puntare tutto sulla volata. Ha già vinto con Sacha Modolo in quel di Jesolo, perché non tentare di nuovo? In verità, Ulissi non si sente al meglio, galleggia troppo in fondo al gruppo…l’importante è costruirsi delle piccole storie di tappa, quando ci si vede nel motorhome per la riunione coi tre direttori sportivi (Orlando Maini, Marco Marzano, Daniele Righi), prima del via.
La Lampre è convinta di avere il “treno” migliore, adesso che il tedesco André Greipel non è più al Giro e che le tossine del Mortirolo hanno martirizzato i muscoli degli sprinter. In realtà il “treno” è un “trenino” composto da tre corridori. Due esperti sprinter, Roberto Ferrari e l’argentino Maximiliam Richeze, sono quelli che si portano in cima al plotone quando mancano mille e 500 metri ed impongono la progressione per il “lancio” del terzo uomo, il trevigiano Sasha Modolo, la “punta”. Sasha deve finalizzare il lavoro di Max e Ferro, piazzare cioè la stoccata conclusiva: tocca infatti ai due produrre il massimo sforzo con accelerazioni e astute correzioni di linea, per evitare sorpassi o contatti sgraditi. Le volate non sono esercizi per gentiluomini. Si fanno anche coi gomiti, coi manubri, con le gambe che sembrano gonfiarsi – quindi allargarsi – tanta è la potenza che si esprime in quei lunghissimi secondi in cui si sfiorano i settanta chilometri all’ora. Lo sprint è un’arte, dove non c’è posto per la paura, o la prudenza.
Nella strategia Lampre, il ruolo di Tsgabu – sebbene oscuro – è preparatorio, dunque fondamentale. Tenere alto il ritmo del gruppo, così da mantenere sotto controllo i velleitari che scappano sperando di aver fortuna. I tre in fuga sono ripresi a 26 chilometri dall’arrivo. Le squadre dei finisseur – in prima fila, per esempio, la Bmc del belga Philippe Gilbert – sono avanti, tirano con l’Astana e la Tinkoff della maglia rosa che preferisce stare davanti ed evitare brutti scherzi, non si sa mai. Si susseguono allunghi, prove di fughe da lontano Adam Hansen (l’australiano che tutti chiamano Crocoman perché ha vinto tre Crocodile Trophy) ci prova, ma lo riprendono a 10 chilometri e mezzo dall’arrivo di Lugano, mentre il plotone sfiora striscioni che ricordano “Piccolo mondo antico” di Fogazzaro…
Per farla breve, dopo uno scatto di Gilbert, presto tamponato e un poderoso allungo di Luca Paolini che è comasco e conosce a menadito le strade di queste parti – tra Lugano, Melide, Mendrisio, nell’ospitale Canton Ticino risiede una nutrita popolazione ciclistica internazionale, da Nibali a Contador, a Aru e persino Tsgabu… – si arriva al finish del plotone, scremato dalla rampetta di Castagnola e una breve ma carogna discesina sul lungolago della bella Lugano. Il copione Lampre è recitato alla lettera. Ci prova lo sloveno Luka Metzgec a rompere le uova nel paniere. Niente. Poi, l’italico Elia Viviani della Sky, cavaliere solitario che poco può fare se nessuno l’aiuta ed infatti resta intruppato alle spalle dei Lampre. Sasha Modolo innesca la quinta e la sesta. Vince di una bici su Giacomo Nizzolo, che è al suo settimo secondo posto. In palio, oltre la tappa, c’era la ledarship della prestigiosa maglia rossa, quella della classifica a punti. Dopo Lugano, Nizzolo va in testa (159 punti), davanti a Modolo (142) e Viviani (134). Commenta Richeze: “Ce l’abbiamo fatta nonostante fossimo stanchi. Ma sapevamo che lo erano anche gli altri”. Con molta onestà professionale, Modolo – due volte vincitore di tappa a questo Girum, come il basco Landa dell’Astana – dice di non sentirsi un fuoriclasse ma soltanto un buon corridore, “è vero, sono al terzo successo stagionale ma non mi sento il re delle volate. Ce ne era uno, Cipollini”. Ha baciato l’asfalto, emozionato e in lacrime, dopo aver tagliato vittorioso il traguardo. Non è l’unico ad averlo fatto. Anche Ulissi. Stile Lampre? Una cosa, osservo: Modolo ha vinto la tappa numero 13 e numero 17. Tanto per screditare chi si ostina a temere le loro sinistre simbologie.