Gli inquirenti pensano che sia un’azione proveniente dal mondo anarchico o più in generale da quello antagonista. Ma sono solo ipotesi, tutte da verificare. Di certo c’è che è un’azione che poteva fare male, persino a un qualunque postino durante il suo lavoro. Due lettere con polvere da sparo infiammabile sono state intercettate giovedì 28 maggio al centro di meccanizzazione postale di Bologna. Nel grande stabile di via Zanardi, dove viene smistata la corrispondenza di tutta la provincia, è arrivata subito la Polizia postale, che segue questo genere di controlli e sono stati chiamati gli artificieri che hanno confermato la pericolosità delle due buste. Dentro ognuna c’erano 30 grammi polvere da sparo, fili elettrici e mini-batterie. Tutto il necessario, spiegano gli investigatori, per provocare una fiammata in caso quelle lettere fossero state aperte da una mano non esperta. Anzi, anche da chiuse avrebbero potuto essere pericolose. Uno dei due plichi è stato fatto ‘brillare’ ed è andato perduto, sul secondo invece si cercheranno indizi per risalire agli autori. Le due missive, imbucate entrambe a Bologna, forse anche nella stessa cassetta e non prima di mercoledì 27 maggio, sarebbero state indirizzate a due diverse imprese torinesi, coinvolte in lavori di costruzione e ristrutturazione del Cie, il Centro di identificazione ed espulsione per immigrati del capoluogo piemontese.

Le buste “avrebbero colpito i dipendenti delle imprese addetti all’apertura della corrispondenza, oppure potevano incendiarsi accidentalmente nelle mani di chi recapitava le lettere. È quindi un attentato ai lavoratori”, ha spiegato il procuratore aggiunto di Bologna Valter Giovannini, interpellato dai cronisti. La procura della Repubblica indaga per ora contro ignoti. I due reati ipotizzati dal pm Antonello Gustapane sono attentato per finalità terroristiche o eversione e tentate lesioni. Del caso si occupano i poliziotti la Digos. Le lettere non avrebbero avuto nessun altro contenuto, se non la polvere da sparo.

Tutte le piste, dicevamo, saranno vagliate dagli investigatori anche se per ora è presto per avanzare ipotesi. Tra queste c’è certamente quella anarchica, visto anche episodi simili in passato rivendicati da questi gruppi. Uno su tutti quello del pacco indirizzato nel 2010 al premier Silvio Berlusconi, per il quale la procura di Bologna aveva indagato due anarchici greci. L’aereo che trasportava il plico incendiario fu fatto atterrare all’aeroporto Marconi dove intervennero gli artificieri, ma portava come destinatario Palazzo Chigi. Anni prima ci fu il caso simile della fiammata sprigionatasi da un pacco postale con dentro un libro. Il fuoco rischiò di ferire Romano Prodi e i suoi familiari nella loro casa di via Gerusalemme a Bologna. Questa azione non fu rivendicata, ma pochi giorni prima due pentole scoppiarono in dei cassonetti a pochi metri dalla casa dell’allora presidente della Commissione europea e per questa azione, che non fece feriti, arrivò invece una rivendicazione della Fai, la Federazione anarchica informale.
A preoccupare maggiormente gli investigatori tuttavia è il ritrovamento, su un sito web di area antagonista, di un documento che si intitola così: “I Cie si chiudono con il fuoco. I Cie sono ogni ditta, ente o persona che collabora con la sofferenza e la reclusione dei senza documenti”. Nel file compare l’elenco delle ditte che lavorano nei Cie di tutta Italia. Il documento è stato pubblicato mercoledì 27 maggio, forse nelle stesse ore in cui venivano spediti quei plichi diretti da Bologna a Torino.

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