Il presidente Squinzi durante l'assemblea della confederazione, a cui Matteo Renzi non ha partecipato per andare nella fabbrica Fiat di Melfi, ha detto che c'è “un abito mentale diffuso che pensa ancora all'imprenditore come nemico della collettività”. Lo dimostra "il ddl sugli ecoreati, l'Imu sui macchinari imbullonati e la Tasi sull'invenduto, tanto assurdi che faccio fatica a raccontarli all’estero”
La legge sui reati ambientali e il nuovo falso in bilancio? Prove del fatto che nel governo Renzi c’è una “manina anti impresa” che si esercita “nelle pieghe dei provvedimenti assunti nei diversi livelli istituzionali”. Una manina dietro la quale c’è “un abito mentale diffuso che pensa ancora all’imprenditore come nemico della collettività”. Parola del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, che ha lanciato l’accusa dal palco dell’assemblea annuale della confederazione, disertata dal premier. Che ha preferito andare a Melfi a visitare lo stabilimento di Fiat Chrysler Automobiles, con il numero uno Sergio Marchionne – che nel 2012 ha fatto uscire il gruppo dall’associazione di viale dell’Astronomia – a fare gli onori di casa. Renzi poi, intervistato a Virus, ha così risposto: “A Squinzi ho mandato un messaggio di affetto e stima ma alla fine deve venire fuori la mia indole: non sono portato per certe assemblee, c’è bisogno di fare le cose e non assemblee e iniziative”.
Il leader degli industriali ha citato l’Imu sui macchinari imbullonati, la Tasi sull’invenduto e il ddl ecoreati, ”tanto assurdi che faccio fatica a raccontarli all’estero”. “In patria si sa, nessuno è profeta e da noi la cultura anti-industriale è bene radicata. Batterla è la riforma più difficile che dobbiamo realizzare”, perché “le migliaia di norme che si sono stratificate negli anni per rendere dura la vita dell’imprenditore, hanno avuto un certo successo”.
In generale, si legge nella relazione, “una giurisprudenza studiata e scientificamente realizzata contro l’impresa non nascono dal caso ma da una cultura, da un abito mentale diffuso che pensa ancora all’imprenditore come a un nemico della collettività”. La “manina”, peraltro, richiama alla memoria le polemiche di inizio anno sulla norma cosiddetta “salva Berlusconi”, cioè la soglia di non punibilità dell’evasione fiscale inserita da qualcuno nel decreto attuativo della delega fiscale sull’abuso di diritto. Polemiche dopo le quali quella versione del decreto è stata cestinata e riscritta.
Poi da Squinzi è arrivato un nuovo affondo alle parti sociali: “Rivendichiamo il diritto di essere noi stessi a regolare i nostri rapporti piuttosto che qualcuno proceda per legge”. Da tempo Confindustria chiede nuove regole sulla contrattazione, sostenendo che quella aziendale deve essere privilegiata rispetto ai contratti collettivi per evitare, come ha ribadito giovedì, che “le imprese siano costrette a sommare i costi di due livelli di contrattazione”. Servono, secondo il leader degli industriali, “legami più forti e stringenti” tra salari e produttività. Quanto ai contrasti con le organizzazioni sindacali, serve “trovare un po’ di sintonia“, anche perché “sarebbe un danno subire campagne sindacali, azienda per azienda, per riconquistare con la forza ciò che secondo qualcuno è stato tolto con la legge”. Nessun commento invece sulla proposta choc di Renzi del “sindacato unico“. Che, in serata a Virus, ha ribadito: “È inaccettabile che invece di preoccuparsi di difendere gli interessi dei lavoratori giocano a battaglia navale contro le altre sigle. La legge sulla rappresentanza sindacale va fatta”, aggiunge il premier evidenziando come “il sindacato unitario c’è in Germania e funziona. Cgil, Cisl e Uil decidano che cosa fare ma come abbiamo ridotto il numero dei politici con il superamento delle province e la riforma costituzionale, è normale che in Italia il numero dei sindacalisti sia il più alto del mondo?”.
“Qualcosa e non poco si muove e sta cambiando”, ha poi concesso Squinzi. “Le riforme avviate e alcune misure di politica economica adottate”, come il calo dell’Irap, il Jobs act e la delega fiscale, “testimoniano del lavoro svolto dal governo” ma “sono una cifra importante anche dell’impegno di Confindustria in favore delle imprese”. Per l’esecutivo, ha sostenuto l’amministratore di Mapei, “oggi non ho richieste né intendo lamentarmi di alcunché. Gli chiedo semplicemente di non smarrire la determinazione, perché questa è la precondizione necessaria, indispensabile per cambiare il nostro Paese”. Nessun entusiasmo per gli ultimi dati sui contratti di lavoro a tempo indeterminato, che il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha rivendicato come un successo: “Rendere più conveniente il contratto a tempo indeterminato è una scelta di fondo che contrasta la precarietà, responsabilizza le imprese a investire sulle persone e consente di sperimentare nuovi modelli organizzativi”. E “I primi numeri confermano questa nuova opinione”. Ma “siamo ancora in una situazione in cui la domanda interna è sostanzialmente ferma e finché questa non riparte faremo fatica a parlare di crescita dell’occupazione“.
La scelta di Renzi di andare a Melfi insieme al ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio è stata criticata dal governatore lombardo Roberto Maroni, che ha parlato di “segnale molto negativo” soprattutto “visti i rapporti tra Fiat e Confindustria”.