La promessa era chiara ed era stata ribadita anche nell’ultima campagna elettorale: ripubblicizzare l’acqua per rispettare la volontà del referendum 2011. Ma nel giro di nemmeno un anno dalle ultime elezioni amministrative del 2014 a Reggio Emilia l’aria è cambiata e ora sindaci e partiti che avevano utilizzato l’acqua pubblica come bandiera nei programmi elettorali, rischiano di fare retromarcia, creando attriti e spaccature all’interno delle coalizioni di maggioranza.
Entro il 30 settembre 2015 infatti i Comuni della provincia reggiana saranno chiamati a decidere sul futuro della gestione del servizio idrico integrato che ora è in mano a Iren, la multiutility quotata in Borsa. Il contratto con la società, scaduto il 31 dicembre 2011, era stato prorogato per tre anni e in questo periodo gli enti avevano lavorato per intraprendere un percorso di ripubblicizzazione seguito dall’assessore provinciale Mirko Tutino, che oggi ha la delega nel Comune di Reggio Emilia. La strada per affidare il servizio a un ente di diritto pubblico sembrava insomma già spianata, con tanto di delibere e ordini del giorno approvati in consiglio, tanto che Reggio Emilia, al tempo guidata dall’attuale ministro Graziano Delrio, era stata indicata come modello virtuoso a livello italiano.
“Con due delibere nel 2012 e 2013 – ha spiegato Tutino a ilfattoquotidiano.it – l’assemblea dei sindaci aveva scelto la ripubblicizzazione e aveva dato mandato a me di coordinare il lavoro”. Ora che si avvicina la scadenza però, non tutti i sindaci sembrano essere convinti della scelta, e persino nel Comune di Reggio Emilia l’assessore all’Ambiente rischia di rimanere isolato dalla sua stessa maggioranza, che sembra spaccata sulla questione. Intanto è tornato all’attacco il comitato Acqua bene comune, che in questi quattro anni si è battuto per il rispetto dell’esito della consultazione referendaria. E a sostenere la ripubblicizzazione venerdì 29 maggio nella città emiliana debutterà anche il segretario nazionale della Fiom Maurizio Landini con la sua Coalizione sociale, che con il comitato Acqua bene comune parteciperà all’incontro “Ritorno al futuro. L’acqua torna pubblica” insieme a Corrado Oddi (Forum italiano movimenti per l’Acqua) e Riccardo Petrella (Università del Bene comune). “Il sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi in campagna elettorale aveva presentato come impegno prioritario la ripubblicizzazione dell’acqua – ha chiarito Francesco Fantuzzi del comitato – E ora vuole fare marcia indietro”. Vecchi, primo cittadino Pd erede di Delrio, per ora non si è espresso, ma contattato da il fattoquotidiano.it, ha fatto sapere tramite il suo portavoce che aspetterà la prossima assemblea dei sindaci per parlare.
La decisione ora è in mano all’assemblea, che si riunirà ai primi di giugno. In quell’occasione Tutino esporrà una relazione in cui saranno illustrati numeri e prospettive dello studio di fattibilità sulla ripubblicizzazione dell’acqua. “L’argomento è complesso ed è normale che i Comuni vogliano avere chiarimenti per essere sicuri di non generare dei rischi – ha continuato Tutino – I numeri però dicono che ci sono le condizioni per proseguire”. La volontà del percorso di ripubblicizzazione era quella di mantenere un controllo del servizio e delle tariffe sul territorio, ma anche quella di veicolare gli investimenti dove necessario.
Il costo a carico dei Comuni per far passare la gestione dell’acqua a una società pubblica sarebbe pari al riscatto degli investimenti effettuati in questi anni da Iren sulle reti pubbliche, che ammonta a 102 milioni di euro. A questi si dovrebbero aggiungere 20 milioni di liquidità per avviare l’attività il primo anno. Costi che comunque sarebbero ripianati nel tempo con le tariffe. Ma proprio con la motivazione delle spese e di un ipotetico aumenti di tariffe per i cittadini, i Comuni hanno cominciato a fare marcia indietro, nonostante le cifre dell’operazione fossero state messe nero su bianco già prima delle ultime amministrative e delle promesse di ripubblicizzazione da campagna elettorale. “I politici che ora sono contrari dicono che così aumenteranno le tariffe – continua Fantuzzi del comitato Acqua – ma questo non è vero perché i costi per gli utenti negli ultimi otto anni sono già aumentati del 44 per cento, quindi peggio di così non potrebbe essere. La verità è che l’acqua è un settore di guadagno per Iren, che solo per il servizio idrico ha un fatturato che si aggira intorno ai 260 milioni con un netto di 75 milioni di euro”.
La partita è tutta politica e Reggio Emilia si trova di fronte a un bivio: rendere il servizio pubblico o indire una nuova gara per l’affidamento. Nel secondo caso il rischio è che il servizio, separato dal resto, possa finire da Iren a Mediterranea delle acque Spa, società genovese per la gestione del servizio idrico partecipata dalla stessa multiutility e da F2i, perdendo così ancora maggiormente il contatto con il territorio. C’è infine una terza possibilità che potrebbe essere la creazione di una società mista pubblico e privato. Una soluzione che però sarebbe comunque molto diversa dalla ripubblicizzazione che i cittadini stanno aspettando dal 2011.