Nelle ore in cui la Atlantia dei Benetton, proprietaria di AdR-Aeroporti di Roma, brinda al dividendo di 128 milioni di euro sulle ceneri del Terminal 3 di Fiumicino, si scopre una realtà amara. Viene fuori che in questi anni non solo i gestori dello scalo romano hanno investito pochino soprattutto nella manutenzione, tanto che l’incendio devastante delle scorse settimane sembra sia proprio da collegare alla incuria complessiva riservata a strutture ormai vecchie di mezzo secolo e a impianti logori e superati, ma emerge pure che di anno in anno si è allargata la forbice tra i ricavi (in crescita) e il canone di concessione, che resta assai basso. Nel 2014 i ricavi di Fiumicino e Ciampino sono stati di 726 milioni di euro con un aumento di quasi il 10 per cento rispetto all’anno precedente, mentre il canone di concessione è stato di appena 31 milioni (erano 28 nel 2013). Situazione simile anche per gli aeroporti milanesi di Linate e Malpensa gestiti dalla Sea: a fronte di ricavi totali di 621 milioni di euro (più 7,4 per cento), il canone di concessione è stato di 21 milioni (solo 1 in più rispetto al 2013).

Tutto in regola dal punto di vista dei timbri e delle carte bollate, naturalmente: l’obbligo del pagamento di un canone di concessione è stato introdotto con un decreto convertito in legge 20 anni fa e i parametri di riferimento che fissano l’entità della cifra sono stati adottati con un altro decreto dell’Agenzia del Demanio del 30 giugno 2003 poi confermato negli anni successivi. Ma al di là degli aspetti formali c’è la realtà sconsolante di uno Stato che affida ai privati i suoi beni per pochi soldi e per periodi spropositati (gli Aeroporti di Roma fino al 2044, quelli milanesi fino al 2041). E i privati con quei beni ci si leccano i baffi. Per i Benetton e Atlantia la regola vale al quadrato, perché non solo hanno in concessione Fiumicino e Ciampino, ma con Autostrade per l’Italia gestiscono pure quasi 3mila chilometri di autostrade italiane, a cominciare dall’Autosole. Così come per gli aeroporti, anche per le strade i concessionari stipulano contratti con lo Stato per gli investimenti e la manutenzione dei beni avuti in dotazione. Ma se poi i risultati sono quelli sotto gli occhi di tutti, come l’incendio di Fiumicino scoppiato pare per l’incredibile circostanza che un quadro elettrico surriscaldato veniva raffreddato con un condizionatore portatile, allora c’è da preoccuparsi davvero.

Gli incassi dei gestori aeroportuali sono dovuti al settore aeronautico propriamente inteso (l’aviation con le tariffe versate dalle compagnie aeree e in sostanza pagate dai passeggeri con il biglietto) e al non aviation, cioè tutto il resto. Che a sua volta si suddivide in retail, cioè subconcessioni di negozi, parcheggi, ristoranti, bar (solo a Fiumicino ci sono 140 esercizi) e real estate (affitto di uffici, magazzini, spazi per gli autonoleggi …). Negli aeroporti romani il non aviation è di 206 milioni di euro (28 per cento del totale) e il retail è la metà (103 milioni, più 8,6 per cento sul 2013). Aeroporti di Roma e le altre società di concessione subaffittano a loro volta ad altri (le grandi firme della moda, le società dei telefonini, i gestori dei ristoranti …) che versano un fisso minimo garantito annuo oltre il quale scattano le royalties che sono salatissime e nel caso dei beni di lusso arrivano fino al 25 per cento.

In sostanza: lo Stato svende i suoi beni ai concessionari aeroportuali che ci fanno affari d’oro e subaffitano agli esercenti di negozi e ristoranti. Che a loro volta c’è da presumere guadagnino bene, anche se rischiano di essere presi per il collo. Tanto che qualcuno ha ipotizzato che questi ultimi, i negozianti e gli altri, si rifacciano trascurando a loro volta la manutenzione degli spazi ottenuti. Il deputato Pd Michele Anzaldi lo ha scritto chiaro in un’interrogazione al ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio e a quello dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Da AdR precisano che questo è il primo anno in cui sono stati distribuiti dividendi dopo sette in cui non sono state riconosciute cedole. E per quanto riguarda gli investimenti sottolineano che l’anno passato sono stati stanziati 170 milioni circa, soprattutto per il nuovo molo C, mentre quest’anno sono in corso investimenti per 350 milioni in parte anche per rifare il Terminal 3 distrutto. L’Enac, l’ente dell’aviazione civile guidato da Vito Riggio, approva “con soddisfazione il piano AdR”.

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