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Festival dei Matti, per “scardinare il tabù della follia e lanciare la sfida dell’inclusione”

Dal 29 al 31 maggio a Venezia incontri e spettacoli per riportare il tema della salute mentale all'interno del dibattito pubblico. Presente anche il senatore Luigi Manconi che discuterà della riforma che ha chiuso gli Opg

di Emanuele Salvato

“Ci siamo resi conto che la disabilità psichica, spesso, porta con sé una pregiudiziale drammatica. Ci capitava, quando la nostra cooperativa sociale si occupava di curare l’inserimento al lavoro dei soggetti svantaggiati in base alla legge 104, che le aziende specificassero, nelle disponibilità ‘No psichici‘. Da lì abbiamo capito che questi percorsi di inclusione sociale non funzionano e c’era da fare qualcosa in più a favore dell’integrazione dei cosiddetti ‘matti’, perché l’insegnamento di Basaglia si stava e si sta perdendo”.

A parlare è Anna Poma, ideatrice e responsabile scientifica del Festival dei Matti in programma dal 29 al 31 maggio a Venezia, che quel qualcosa in più sta cercando di farlo, da sei anni ormai, proprio con la rassegna da lei curata e pensata. Una tre giorni nel corso della quale, attraverso incontri, presentazioni di libri, spettacoli teatrali e altro ancora, si cercherà di “scardinare il tabù della follia – prosegue Poma – e lanciare la sfida culturale di un’inclusione che prenda le mosse dallo smontaggio dei confini. Tecnici, disciplinari e politici”.

Se è vero, infatti, che l’Italia è l’unico paese al mondo ad aver chiuso i manicomi – oggi ha chiuso anche gli Ospedali psichiatrico giudiziari, “anche se le residenze che hanno preso i loro posto”, dice la responsabile scientifica del festival, “rischiano di diventare una copia degli Opg” – ed è anche la nazione con la migliore legislazione al mondo in materia di salute mentale grazie alla legge Basaglia, è altrettanto vero che il dibattito intorno alla questione ‘salute mentale’ è andato progressivamente spegnendosi. E’ scomparso sempre più dalla dimensione pubblica e si è andato ad annidare nei meandri tecnici della psichiatria.

“Una scienza – dice Poma – sempre più organicistica e ‘farmacocentrica’. La psichiatria, o almeno buona parte di essa, sta perdendo l’insegnamento umanistico di Franco Basaglia, che aveva condotto una vera e propria battaglia di cittadinanza. Oggi tutto questo è annacquato e sembra essere tornata a prevalere una cultura manicomiale, della contenzione”.

Ecco, il Festival dei Matti vuole riportare il tema della follia al centro del dibattito pubblico, in mezzo alla gente che non mastica troppa psichiatria e troppi tecnicismi della disciplina; vuole spezzare la catena che collega follia, malattia mentale e pericolosità sociale; vuole vedere cosa c’è nella sofferenza delle persone perché, come scriveva Basaglia, “la follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia“.

Sono molti gli argomenti che verranno toccati e approfonditi nei tre giorni di Festival, in quest’edizione incentrata sul tema “Politiche/Poetiche”. E tanti anche i personaggi che interverranno. Aprirà, venerdì 29 maggio, don Luigi Ciotti, presidente di Libera da sempre impegnato nella battaglia contro le discriminazioni e a favore dell’inclusione sociale, che parlerà di cittadinanza terapeutica. Si parlerà, sabato 30 maggio, anche della riforma che recentemente ha chiuso gli Opg a favore delle Rems e se ne discuterà con Luigi Manconi, senatore e presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani.

In punta di matita e con molta ironia, sempre sabato 30, il fumettista Sergio Staino e il conduttore radiofonico Massimo Cirri parleranno di normalità e follia e degli antidoti che possono combattere la follia della normalità. “Questi antidoti – spiega Cirri, che su Radio Popolare si occupa del tema della salute mentale nella trasmissione Terra Blu – sono rappresentati da qualsiasi divagazione possibile, qualsiasi uscita dal seminato della normalità. Differenziarsi è un antidoto, perché se è vero che il 75% delle persone fa e dice cose ritenute statisticamente normali, è altrettanto vero che queste ‘cose normali’ spesso sono delle stronzate“.

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