Basta rinvii, il braccio di ferro è durato anche troppo. La Grecia e i suoi creditori dovrebbero trovare in fretta un “accordo generale e lasciarsi un po’ di tempo per lavorare sui dettagli prima che arrivi la scadenza”. Gli Stati Uniti aumentano il pressing su Commissione europea, Fondo monetario e Bce in vista del rinnovo del piano di assistenza finanziaria per Atene. Il segretario al Tesoro Usa, Jack Lew, a margine del G7 ha ammonito che “aspettare fino a uno e due giorni prima di una qualche scadenza” è “un modo per andare incontro all’incidente”. “Incidente” che avrebbe gravi conseguenze “in un momento in cui il mondo ha bisogno di maggiore stabilità e certezza”. “E’ possibile che il 5 giugno non sia una scadenza cruciale per la Grecia”, ha detto Lew, ma arriverà il momento in cui Atene “non sarà in grado di pagare i debiti”. Per cui lo stallo “deve essere risolto al più presto”: la Grecia deve presentare un “piano significativo e credibile” e adottare “un compromesso politico difficile”, mentre anche il Brussels group (la ex troika) deve dimostrare “flessibilità”.
Già due giorni fa l’americano aveva chiesto a tutte le parti in causa di “fare un passo indietro” e risolvere la situazione. Nel frattempo però il negoziato non ha fatto progressi, anzi le dichiarazioni della numero uno del Fondo monetario Christine Lagarde sulla “possibilità” di un’uscita di Atene dall’euro, poi corrette attribuendole a un errore di traduzione, hanno fatto salire di molto la tensione. Per di più nel frattempo è arrivata la conferma che il Paese è tornato in recessione e la banca nazionale greca ha fatto sapere che i depositi in pancia agli istituti di credito hanno toccato i minimi dal 2004.
Se il Fondo continua a fare la parte del poliziotto cattivo, intanto Germania e Francia sembrano tendere una mano ad Atene: il portavoce del governo tedesco Steffen Seibert ha fatto sapere che nella conference call di giovedì con Alexis Tsipras “Angela Merkel e Francois Hollande hanno offerto aiuto alla Grecia“. La Cancelliera e il presidente francese intendono tentare ogni strada per arrivare a una soluzione che permetta che “Atene resti nell’euro”. Wolfgang Schaeuble permettendo, visto che il ministro delle Finanze tedesco al termine della riunione del G7 ha affermato che “le notizie positive da Atene non riflettono lo stato dei colloqui del governo ellenico con i creditori”.
Sulla stessa linea il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, che ha confermato: “Stiamo lavorando su un unico scenario: tenere la Grecia nell’area euro. Le istituzioni possono avere visioni diverse, ma lavoriamo tutti allo stesso obiettivo”. E il nodo delle trattative “sarà risolto nei prossimi giorni o nelle prossime settimane”.
Di tempo ce n’è poco, perché il 5 giugno il governo Tsipras deve rimborsare all’Fmi 305 milioni di euro. Soldi che in questo momento nelle casse elleniche non ci sono, dopo che il 12 maggio, per ripagare la rata precedente, il Paese ha utilizzato riserve depositate presso la stessa istituzione di Washington. Ma il ministro dell’economia greco George Stathakis ha garantito, in un’intervista al quotidiano Real News, che il rimborso avverrà entro la scadenza grazie a “risorse interne”. Il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, dal canto suo, ha detto alla radio locale Vima che il termine ultimo per raggiungere un accordo è il 30 giugno. La via d’uscita potrebbe essere quella di cui nei giorni scorsi ha dato conto il Guardian: accorpare tutte le scadenze nei confronti del Fondo in un’unica “maxi rata” da pagare a fine mese, in modo, appunto, da guadagnare tempo per procedere con il negoziato. Un’idea che trova sponda anche in Lew, secondo il quale “è possibile che il 5 giugno non sia una scadenza cruciale”. Varoufakis ha assicurato che sono stati trovati punti in comune con i creditori sulla maggior parte dei fronti aperti e ha aggiunto che si tratterà di un compromesso globale che affronterà tutti i temi, non conterrà misure recessive e includerà un alleggerimento del debito. Varoufakis ha poi rilanciato l’ipotesi di rimborsare la Bce facendosi finanziare dal Fondo europeo salva Stati (Esm).
L’emorragia dei depositi bancari, intanto, non accenna a fermarsi. Secondo i dati della Banca di Grecia, ad aprile sono scesi a 133,7 miliardi di euro dai 145 di marzo, segnando i minimi da settembre 2004. E questo mese, con il default che diventa un rischio sempre più concreto e il timore che siano introdotti controlli sui movimenti di capitali e tasse sui prelievi, sono crollati ulteriormente: martedì i greci hanno ritirato agli sportelli 300 milioni in un solo giorno. Da gennaio sono stati drenati dalle casse degli istituti oltre 27 miliardi. Intanto la Grecia è tornata in recessione, con il Pil che nel primo trimestre si è contratto dello 0,2%. Un regresso che tenderà a far aumentare ulteriormente il peso del debito, già al 175% del prodotto interno lordo.