Nel 2013, anno per il quale le Entrate hanno appena diffuso le liste, a guidare l'elenco delle associazioni scelte dai contribuenti sono stati l'Associazione per la ricerca sul cancro con 54 milioni e Emergency con poco meno di 12. Intanto i controlli sui requisiti diventano più stringenti ma ancora non basta
Si avvicina a quota 50mila il numero di enti non profit che si sono iscritti nel 2015 alle liste degli aspiranti beneficiari del 5 per mille, la quota di imposte che i contribuenti italiani possono devolvere agli enti senza fine di lucro. L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato gli elenchi definitivi il 25 maggio. Le associazioni e onlus iscritte sono per la precisione 49.971, 900 in più rispetto al 2014. Il mondo del volontariato è saldamente in testa alla classifica con 41.343 iscritti, seguito dalle associazioni sportive dilettantistiche con 8.094, dalla ricerca scientifica con 424 e di quella sanitaria con 106.
Contemporaneamente, dopo solleciti e proteste anche sui social network, l’Agenzia ha reso noti anche gli elenchi degli ammessi e degli esclusi dal 5 per mille 2013, con un ritardo di oltre 600 giorni. Queste liste contengono anche gli importi spettanti a ciascuno e offrono una “graduatoria” interessante sotto molti aspetti. Stacca tutti l’Associazione per la ricerca sul cancro (Airc), con oltre 54 milioni di euro, seguita a grande distanza da Emergency con poco meno di 12 milioni. Segue Medici senza frontiere con 7,9 milioni.
Il mondo della salute si conferma il preferito dalle donazioni degli italiani, con 8 enti sui primi 10 classificati operanti in questo campo. Le realtà non profit più importanti raccolgono la fetta di gran lunga più grossa delle donazioni: nella categoria volontariato, ad esempio, il 20% delle somme si concentra nelle prime 10 organizzazioni delle 35mila totali. Un oligopolio, direbbe un economista. Suscitano qualche interrogativo, come ogni anno, le ottime posizioni di Auser, Acli e Movimento cristiano lavoratori, che gestiscono Caf e patronati e hanno quindi un notevole potere di influenzare le scelte dei contribuenti.
Sul piano normativo il 2015 segna un’importante novità: l’ultima legge di Stabilità ha reso permanente il 5 per mille, finora soggetto a rinnovo annuale e quindi sempre a rischio. Un bel risultato per la lobby del terzo settore, che chiedeva da anni la stabilizzazione del contributo. E osteggiava l’inserimento delle scuole nella platea dei beneficiari, ipotizzato nel disegno di legge sulla cosiddetta buona scuola in discussione alla Camera che poi è stato stralciato.
Come funziona il 5 per mille – Il 5 per mille è una percentuale delle imposte dovute all’erario che è possibile destinare a organizzazioni non profit, firmando un apposito modulo nella dichiarazione dei redditi. E’ stato introdotto nel 2006 dal governo Berlusconi in nome del principio di sussidiarietà, sposato dal centrodestra, in base al quale il privato sociale può efficacemente gestire funzioni di welfare pubblico. Il 5 per mille viene tolto dalle imposte comunque dovute, quindi non costa niente al contribuente, come l’8 per mille alle Chiese e il 2 per mille dei partiti politici. A oggi sono circa 17 milioni gli italiani che ogni anno esprimono questa scelta. Dal 2015 il fisco ha riunito tutte le scelte possibili in una sola scheda del modello 730 o Unico. Se non si presenta la dichiarazione dei redditi, si può ugualmente destinare il 5 per mille (calcolato ad esempio sull’imposta già trattenuta in busta paga) consegnando il modello compilato e firmato al commercialista o al Caf.
Le attività che si possono sostenere – Sono ben sei i settori di attività ai quali si può donare: volontariato e onlus (comprese le coop sociali), ricerca scientifica, ricerca sanitaria, beni culturali e paesaggistici, attività sociali del proprio Comune, sport dilettantistico. Se si aggiungeranno le scuole, diventeranno sette. Molte organizzazioni comunque sono iscritte in più di un settore. La scelta naturalmente è libera. Ci sono tre possibilità: scegliere un’organizzazione specifica, firmando e indicando il codice fiscale nel riquadro che si riferisce al settore di attività. Oppure scegliere solo il settore, nel qual caso il cinque per mille andrà ripartito tra tutte le non profit iscritte in quel settore in proporzione alle scelte espresse. Solo per i beni culturali non si può indicare un codice fiscale, per cui è lo Stato a scegliere. Un aspetto molto contestato. Se non si firma nulla, lo Stato trattiene per sé il 100% dell’imposta, a differenza dell’8 per mille dove il gettito non devoluto è ripartito in base alle scelte espresse.
Beneficiari raddoppiati, torta contingentata – La platea dei beneficiari continua a crescere. Dal 2006, anno di introduzione del meccanismo, è quasi raddoppiata, e rappresenta ancora solo un sesto delle 300mila organizzazioni censite dall’Istat nel 2011. Il problema è che la torta da spartire rimane contingentata: infatti lo Stato non distribuisce l’intera somma devoluta dai contribuenti, ma indica ogni anno un tetto di spesa, sempre diverso ma negli ultimi anni sempre inferiore alla raccolta. Nel 2015 è stato fissato un importo massimo di 500 milioni, che con la stabilizzazione dovrebbe essere garantito definitivamente. Ma resterà anche se le scelte a favore del 5 per mille aumenteranno, una possibilità concreta visto che oggi nemmeno la metà dei contribuenti firma.
Irrisolto il nodo della selezione – Rimane aperto il problema della selezione dei beneficiari, fatto notare dalla Corte dei Conti nella sua relazione dello scorso novembre. Tra i beneficiari, infatti, figurano anche circoli di tennis, di sci, di bridge, di ballo, auto e moto club. E altri enti che operano solo per una ristretta cerchia di soci. Qualche esempio? La fondazione del Notariato riceve 246mila euro grazie a 800 firme, l’associazione Figli inabili Banca d’Italia 200mila euro, quella dei Seniores d’azienda 106mila euro. Infine, come enti di ricerca sanitaria sono stranamente presenti quasi tutte le Regioni italiane e persino l’Inail. L’Agenzia delle Entrate afferma che la selezione sta diventando più rigorosa, escludendo dai beneficiari le organizzazioni che non danno conto soddisfacente della propria attività. Il ritardo nell’uscita delle liste 2013 sarebbe dovuto proprio all’esigenza di controlli approfonditi; in effetti, solo nel volontariato sono stati esclusi 3.430 enti.
Lo conferma la testimonianza della Fondazione Aiutiamoli a Vivere, rete nazionale di famiglie impegnate nell’accoglienza dei bambini di Chernobyl e nell’adozione internazionale. “Recentemente siamo stati controllati in modo penetrante, ci hanno fatto visita e chiesto tutte le fatture comprovanti gli acquisti che servono alla nostra attività con i bimbi bielorussi – dice il presidente Fabrizio Pacifici -. E ogni anno, se la rendicontazione non è soddisfacente si viene convocati”.
Gli adempimenti per le non profit – La procedura non è complicata, ma non si capisce perché bisogna rifarla ogni anno. E’ telematica sì, ma poi a luglio si deve inviare ogni volta, per raccomandata, un atto notorio con tanto di fotocopia del documento del legale rappresentante. Un altro problema è il frazionamento delle competenze tra otto diversi enti: cinque ministeri, la presidenza del Consiglio, il Coni e l’ Agenzia delle Entrate. Se qualcosa non funziona è difficile capire a chi rivolgersi. Poi ci sono i tempi troppo lunghi di pubblicazione degli ammessi e successivamente di pagamento, che arrivano fino a tre anni.