La procura di Firenze ha aperto un’inchiesta su una presunta esterovestizione, cioè la fittizia localizzazione all’estero della residenza fiscale, di una società partecipata dalla Roberto Cavalli spa, la Satelin Limited. E su decreto del gip le Fiamme Gialle hanno sequestrato in via preventiva tre immobili per un valore di 1,7 milioni. Quello di Firenze è di proprietà di Cristiana Cavalli, figlia dello stilista, gli altri due, a Cortona e Roma, risultano intestati ad altri due indagati. Oggetto sociale della società è il percepimento delle royalties per lo sfruttamento di insegna del marchio Cavalli. Per gli investigatori, i cui accertamenti sono partiti da una verifica fiscale alla Cavalli, la società è stata in realtà amministrata dall’Italia e costituita al solo fine di beneficiare del regime fiscale agevolato irlandese. La notizia dell’indagine compare nel bilancio 2014 del gruppo, la cui maggioranza all’inizio di maggio è stata rilevata dal fondo di private equity Clessidra.
L’accusa contesta fatti che risalgono a un periodo compreso tra il 2005 e il 2009 e coinvolgono nove persone tra amministratori di diritto e di fatto della Satelin, tra cui anche una figlia dello stilista, Cristiana. Le indagini sono condotte da Guardia di finanza e dal pm Gianni Tei. Per gli inquirenti l’evasione Ires ammonta a oltre 3 milioni di euro ed è stata realizzata omettendo di dichiarare, nel quadriennio, redditi per circa 10 milioni. Di qui il sequestro, finalizzato alla confisca per equivalente.
Il gruppo Cavalli ha commentato con una nota in cui sostiene che “non si ritiene ci sia stata alcuna esterovestizione nell’ambito delle attività del Gruppo oggetto delle indagini che hanno originato il sequestro”. “La società”, si legge, “ha dato incarico ai suoi consulenti e difensori per dimostrare la correttezza della sua posizione e ha piena fiducia che nel corso del procedimento l’autorità giudiziaria potrà riconoscere l’infondatezza delle contestazioni”.
Uno degli avvocati difensori, Alessandro Traversi, ha annunciato il ricorso al riesame contro il sequestro rilevando come l’assunto dell’accusa si basi su una “presunzione normativa tributaria superata dai tempi”, vista l’evoluzione dei mezzi telematici. Sul fronte della contestazione fiscale la società ha invece avviato un confronto con l’Agenzia delle Entrate per definire la propria posizione.