L’operazione Tfr in busta paga è partita decisamente in salita. La possibilità di chiedere l’anticipo del trattamento, ricevendolo “a rate” anziché tutto in una volta al termine della vita lavorativa, è in vigore dal 3 aprile. Ma finora, secondo la Fondazione consulenti del lavoro, è un vero e proprio flop: meno dello 0,1% dei lavoratori potenzialmente interessati, quelli del settore privato, ha presentato richiesta. Su circa un milione di retribuzioni esaminate, solo 567 dipendenti hanno scelto di approfittarne. Soprattutto perché il prelievo fiscale sull’anticipo è a tassazione ordinaria, non quella separata e privilegiata in vigore per il Tfr. Di conseguenza risulta conveniente solo per le fasce più basse di reddito. Nella relazione tecnica della legge di Stabilità il governo aveva ipotizzato che, a regime, la norma potesse interessare circa il 40-50% dei lavoratori destinatari dell’operazione. A cui si potrà comunque aderire fino al 2018.
Proprio in questi giorni, si legge nel comunicato, “sono partite le elaborazioni degli stipendi di maggio 2015 da parte dei Consulenti del Lavoro su 7 milioni di dipendenti e oltre 1 milione di aziende. In questa prima fase sono stati analizzati i dati delle grandi aziende (che mediamente occupano più di 500 dipendenti) e nei prossimi giorni l’analisi si sposterà sulle micro imprese”. Risultato: la liquidazione in busta paga del Tfr “riguarda solo 567 lavoratori, ossia circa lo 0,05%”.
Sulla base delle elaborazioni dei consulenti, i lavoratori che hanno fatto richiesta sono per il 75% residenti nel Centro Nord e per il 25% al Sud. Per il 43% lavorano nel terziario e per circa il 27% nell’industria. Il 25% ha redditi fino a 20mila euro, il 50% fino a 30mila euro mentre appena il 6,25% lo ha chiesto avendo redditi superiori a 40mila euro annui. Solo il 10% di coloro che hanno chiesto l’anticipo ha tolto il Tfr da un fondo pensione.
Da un’intervista a un campione significativo di coloro che hanno deciso di non chiedere l’anticipo emerge che la decisione è stata dettata prevalentemente dalla penalizzazione fiscale (il 60% ha risposto che ha deciso di non chiederlo perché la tassazione ordinaria è troppo penalizzante). Il 16% considera sbagliato togliere il Tfr dal fondo pensione mentre il 20% non ha ancora valutato adeguatamente.
Secondo la presidente del Consiglio nazionale, Marina Calderone, “questo insuccesso è l’ennesima dimostrazione che la politica ha spesso la percezione delle esigenze del mondo del lavoro ma non è in stretto contatto con chi parla tutti i giorni con lavoratori e imprese. La bontà del provvedimento è apprezzabile, ma non la sua struttura tecnica poiché la tassazione applicata ne ha determinato l’insuccesso fino ad oggi”.