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Mose, il presidente Mazzacurati si regala una buonuscita da 7 milioni di euro

La liquidazione del patron del Consorzio Venezia Nuova scoperta da tre amministratori straordinari, nominati da Raffaele Cantone, che sono riusciti a bloccare solo l'ultima tranche da 1,15 milioni

Un milione di liquidazione ogni due di tangenti distribuite. Il patron del Mose, il grande burattinaio della cricca in San Marco, il “santo finanziatore” della politica in Laguna (e non) si era auto-riconosciuto un trattamento di fine rapporto dal Consorzio Venezia Nuova (Cvn) di 7 milioni di euro. I tre amministratori straordinari nominati dall’autorità anticorruzione hanno trovato la sorpresa approvando il bilancio consuntivo al 31 dicembre 2014 del Cvn e hanno tentato di limitare i danni riuscendo a bloccare poco più di un milione: l’ultima tranche. L’unica non ancora corrisposta.

Del resto l’ottantenne Giovanni Mazzacurati per far andare avanti i lavori del Mose e ottenere i finanziamenti del Cipe si è dato un gran da fare. La mole di lavoro è riassunta nell’ordinanza di arresto a carico di 35 persone emessa il 4 giugno 2014 dai magistrati veneziani che hanno stretto le manette attorno ai polsi, tra gli altri, all’ex governatore veneto e ministro Giancarlo Galan e all’allora sindaco di Venezia Giancarlo Orsoni.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Mazzacurati ha corrotto tutti i corruttibili. Generali della Guardia di Finanza fino ai Magistrati delle Acque, passando per ministri, sottosegretari, presidenti di Regione, assessori, fondazioni politiche, sottosegretari, finanzieri. Chiunque potesse essere utile alla causa. Un gran lavoro: corruzione, concussione, riciclaggio, finanziamento illecito. Oltre a 25 milioni di sovrafatturazione e 40 milioni di euro sequestrati agli oltre cento indagati.

I magistrati avrebbero voluto fermare anche Mazzacurati, ma lui, nel frattempo, era volato a San Diego nella villa a La Jolla affittata dal 2005, dove viveva la moglie a spese del Consorzio. Ancora oggi è in California. Del resto l’ingegnere era già stato detenuto agli arresti domiciliari nel luglio 2013 nel primo filone dell’inchiesta.

Le dimissioni dalla presidenza del Consorzio le presentò il mese precedente e vennero accolte dal consiglio direttivo il 28 giugno. Infine il 20 dicembre 2013 firma l’accordo che riconosce “all’ingegnere la somma complessiva di euro 7.000.000 a completa tacitazione di ogni pretesa e/o richiesta, a qualsiasi titolo fondata sul cessato rapporto lavorativo”. Dell’importo previsto dalla transazione non è stata corrisposta una parte pari a 1.154.000. Ed è intenzione degli amministratori straordinari, si legge nella nota integrativa al bilancio, “procedere ad un approfondimento in punto di fatto e di diritto circa la sussistenza di tale debito”. Ciò che è stato versato non sarà recuperabile ma gli amministratori vogliono in pratica tentare di non versare quel milione, considerata l’inchiesta penale e i “meriti” dell’ingegnere. Anche perché la liquidazione non è l’unica sorpresa emersa dai resoconti finanziari.

Mazzacurati deve ancora versare alla società 317.797 euro per azioni della Thetis Spa ricevute il 27 settembre 2007 e mai pagate. L’importo doveva essere corrisposto il 31 dicembre 2013 ma il 18 settembre 2014 Mazzacurati, già a San Diego, ha comunicato “di non essere nella possibilità di adempiere al pagamento”. Insoluto che ovviamente grava sul conto finanziario. Bilancio che, ripulito da ogni fronzolo e riordinato correttamente dai tre amministratori nominati da Raffaele Cantone, registra una perdita di 28 milioni 700 mila euro. A fronte di debiti verso banche per 521 milioni complessivi e verso imprese controllate di 13 milioni. Nonostante i costi di produzione siano passati dai 584 milioni del 2013 ai 350 del 2014. Saranno ora le imprese consorziate al Cvn a dover recuperare i mezzi finanziari per il ripianamento dei conti.

Questi i risultati della gestione Mazzacurati. L’ingegnere purtroppo non ricorda più nulla. Interrogato a San Diego si è sostanzialmente rimangiato quanto raccontato ai pm di Venezia nel 2013 dopo il primo arresto. Tanto che martedì scorso, ricevuto il verbale d’interrogatorio, il gip Alberto Scaramuzza ha stabilito che l’ingegnere “soffre di demenza senile” ed è da ritenersi “inattendibile” perché non è in grado di “ricordare pienamente i fatti avvenuti”. Chissà se si dimentica anche di quel milione di liquidazione che deve ancora ricevere.

Da Il Fatto Quotidiano del 31 maggio 2015