L'istituto organizza corsi di laurea e master e dice di poterlo fare grazie alle firme dell'ex sottosegretario all’Istruzione Guido Viceconte e del suo collaboratore Roberto Leoni. Il ministero di viale Trastevere accusa l’ateneo di “millantare l’autorizzazione”. Ma l'università tira fuori documenti firmati dal dicastero in cui si parla addirittura di “ammissibilità ai concorsi pubblici” e “accesso agli esami di Stato”. Ed entrambi i contendenti camtano vittoria sull'ordinanza del Consiglio di Stato
“I miei erano liberi pareri culturali”. Il commendatore Roberto Leoni definisce così i documenti firmati nel 2011 per conto della segreteria tecnica dell’allora sottosegretario all’Istruzione Guido Viceconte (nella foto), oggi senatore Ncd. “Nel dare quei miei approfondimenti personali non avevo una funzione istituzionale”. Peccato che i “liberi pareri culturali” dell’ex dirigente ministeriale siano stati vergati sulla carta intestata del ministero come “parere tecnico giuridico”. Proprio da lì parte il pasticciaccio brutto dell’Università popolare di Milano: l’istituto per molti anni ha fatto parte della tradizione delle università popolari, come quelle della Terza età, ma da un po’ organizza corsi di laurea e master. E dice di poterlo fare grazie alle firme di Leoni e Viceconte. Ma il ministero dell’Istruzione, lo stesso ministero di allora ma qualche governo dopo, accusa l’università di “millantare l’autorizzazione a rilasciare titoli accademici aventi valore legale in Italia”.
Al ministero han firmato. Difficile ricordare cosa – Sono le ultime settimane dell’ultimo governo Berlusconi e Viceconte sta per lasciare la poltrona di sottosegretario del ministro Gelmini. Non prima però di avere dato conto in un documento ufficiale che l’Università popolare di Milano è affiliata a una certa University of United Popular Nations, con sede a Ouagadougou in Burkina Faso, ed è partner dell’Università di Stato di Ouagadougou e di quella di Bouaké, in Costa d’Avorio. Legami con atenei africani che consentono a Viceconte di prendere atto che l’istituto milanese può “rilasciare titoli accademici per conto delle predette università, secondo quanto previsto dalla convenzione di Lisbona”. Cosa questo voglia dire, non è facile capirlo. Se oggi chiedi a Viceconte della convenzione di Lisbona, il buio è dei più fitti: “Così su due piedi non me lo ricordo. Mi parli di una cosa di anni fa, amico mio”. La convenzione riguarda il riconoscimento dei titoli di studio in Europa, ma Viceconte ha fatto tabula rasa dell’esperienza da sottosegretario. E anche sull’università popolare gli si può strappare solo un “mi ricordo vagamente, se ne occupava il mio collaboratore”.
Il suo collaboratore era Leoni, che l’anno scorso, grazie anche al lungo servizio al Miur, è stato nominato da Napolitano commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica. Sono suoi gli ‘approfondimenti’ che accompagnano il documento di Viceconte. E lì, nero su bianco, per le lauree dell’università popolare Leoni parla addirittura di “ammissibilità ai concorsi pubblici” e “accesso agli esami di Stato”. Punto su cui anche Leoni, non più al ministero, mostra qualche problemino di memoria, visto che oggi ritiene i titoli non sufficienti per partecipare a concorsi ed esami di Stato: “Sono una gratificazione culturale personale, lauree di un’università non italiana”. Non è un giudizio più cauto di quattro anni fa? Ecco che saltano fuori “i liberi pareri culturali”. E ancora: “Può darsi che in quel momento stessi facendo una battaglia culturale dentro quelle polverose stanze”. Cioè? “Una battaglia di libertà, una battaglia per la cultura popolare e per la libera circolazione dei titoli di studio”.
Il ministero si arrabbia e diffida l’università – Ok, viva la libertà. Viva la cultura popolare, sebbene a Milano possa costare più di 4mila euro all’anno. Solo che dopo l’uscita di Viceconte e Leoni, al Miur se la sono presa: parlano di millanterie dell’università e l’hanno diffidata dal rilasciare titoli accademici, con tanto di denuncia presentata nel 2013. Dal canto suo il presidente dell’università Marco Grappeggia sostiene di essere arrivato all’ok di Viceconte dopo “tre anni di pareri richiesti al ministero”. E aggiunge di non millantare proprio nulla: “Nonostante quanto scritto sui documenti del Miur, facciamo tre passi indietro e non diciamo che i nostri laureati possono partecipare ai concorsi”. Ma tra le carte che mostra c’è pure una convenzione con il collegio nazionale degli agrotecnici: consente a chi esce dall’università popolare di sostenere l’esame di Stato senza ulteriori tirocini. Un bel grattacapo, insomma. E non finisce qui.
Un gran pasticcio. Con tanto di “entusiasmo comunicativo” – L’istituto milanese dà le lauree per conto degli atenei africani citati da Viceconte, tra cui c’è la University of United Popular Nations (UUPN). Questa ha aperto le porte a Ouagadougou nel 2012, ma ha ottenuto la sua autorizzazione nel 2009 su iniziativa, tra gli altri, della stessa Università popolare di Milano. Che però dovrebbe avere avuto i riconoscimenti del Miur proprio perché affiliata alla UUPN. Che – si legge in un documento siglato da entrambi gli istituti – è parte dell’università milanese. E qui ci si perde per davvero.
Presidente della UUPN è stato lo stesso presidente dell’Università popolare di Milano, ovvero Grappeggia, che poi ha lasciato il posto a Michelle Bonnet, cioè sua moglie. Grappeggia, figlio del fondatore dell’omonimo mobilificio, in passato è stato ai vertici della Yorker International University, destinataria nel 2002 di un provvedimento dell’Antitrust per pubblicità ingannevole, per aver ingenerato “la convinzione che i titoli rilasciati fossero in qualche modo equiparabili alla laurea italiana”.
Altro dettaglio: Leoni è presidente della fondazione Sorella Natura, che nella sua orbita ha pure Viceconte ed è citata sul sito della nostra università milanese nella sezione ‘convenzioni’. Il sito fa anche riferimento alla partecipazione dell’università insieme a Sorella Natura a una recente “udienza privata” di Papa Francesco. È opportuno che i documenti del Miur li abbia firmati proprio Leoni, visti i suoi legami con l’istituto? “Stimo l’università, ma non c’è nessuna convenzione. L’udienza poi era quella generale e l’università non c’era”. Ma l’hanno scritto sul sito, no? “Nel loro entusiasmo comunicativo ci hanno messo una cosa che non c’è”.
“Entusiasmo comunicativo”. Se anche il ministero ci avesse visto questo, e non millanterie, la vicenda forse non sarebbe finita davanti al Consiglio di Stato. L’università infatti ha presentato ricorso contro le diffide del Miur e ne ha chiesto la sospensiva. Il Consiglio di Stato gliel’ha negata, ma nell’ordinanza dello scorso marzo scrive che la presa d’atto ministeriale firmata nel 2011 da Viceconte è “da ritenersi munita di persistente efficacia”. Parole che per l’università confermano le sue funzioni. Ma che per il Miur non cambiano nulla. E se di fronte alla stessa ordinanza, entrambi i contendenti cantano vittoria, di chiaro c’è ben poco. Se non che siamo finiti davvero in un gran pasticcio. Si potrebbe andare avanti. E raccontare che mentre il Miur oggi combatte l’università popolare, un altro pezzo di Stato, per la precisione lo Stato maggiore della Difesa, con lo stesso istituto ha una convenzione. Meglio fermarsi qui. Con l’ultimo invito del commendator Leoni: “Io non tirerei le orecchie all’università, anche se sono un po’ arruffoni. Le tirerei al ministero. E farei una battaglia culturale. Se le va, possiamo farla insieme”.
@gigi_gno