Bisognava essere proprio dei grandi professori della politica per riuscire in un colpo solo a dilapidare quel grande capitale di speranza generato nei cittadini con la grande campagna sulla rottamazione e la necessità di “cambiare verso” all’Italia. Matteo Renzi è riuscito nell’impresa.
Eppure, ce n’era bisogno, sia dell’una che dell’altra cosa. Mandare a casa una classe dirigente largamente al di sotto di ciò che il Pese aveva bisogno per trarlo fuori dalle acque tempestose della crisi era addirittura un imperativo categorico. Così come lo era quella necessità impellente di riforme che dalle istituzioni all’economia gli elettori reclamavano già da troppo tempo.
L’ex sindaco di Firenze sembrava aver capito tutto questo. E sebbene con toni, argomentazioni e metodi largamente inappropriati pareva comunque deciso a battersi per raggiungere gli obiettivi.
Al di là delle promesse strombazzate, sulle riforme istituzionali è invece riuscito a combinare i pasticci che sappiamo. Il sacrosanto bisogno di superare l’era del bicameralismo perfetto è stato offuscato da una abolizione del Senato e una sua riconfigurazione, attraverso l’elezione su base regionale (o per meglio dire attraverso la designazione di consiglieri regionali), che griderà vendetta ancora per decenni.
Non parliamo poi della legge elettorale. Con le sue liste praticamente bloccate e la gran parte dei parlamentari scelti ed eletti direttamente dalle segreterie, l’Italicum si è rivelato un altro schiaffo sulle faccia dei cittadini che ancora si ostinano a chiedere di contare di più nella scelta dei membri del Parlamento.
Poi è arrivato il gran pasticcio delle elezioni regionali (qui lasciamo per carità di patria da parte gli autogol come quelli sulla riforma della scuola e l’articolo 18) con alleanze mandate in frantumi e candidati impresentabili e comunque inadeguati. Morale: persa la Liguria, neanche messo in discussione il Veneto, centrosinistra sull’orlo del tracollo persino in Umbria, Campania riconquistata con Vincenzo De Luca al prezzo (morale) che vediamo, Pd superato nei voti di lista dal Movimento 5 Stelle in larga parte del paese.
Quanto bastava, in altri tempi, per farsi da parte e meditare un poco. Renzi invece non si sente minimamente messo in discussione. Cercherà di rinsaldarsi perciò in sella in tutti i modi. Con l’opposizione che si ritrova nel partito e in Parlamento d’altra parte può permetterselo. Perché questa è la sua grande fortuna: la mancanza di qualsiasi seria opposizione. Una fortuna per lui, sicuramente, per l’Italia non si sa.