Ci ha creduto fino all’ultimo Claudio Burlando, il governatore uscente, alla vittoria di Raffaella Paita, la sua delfina. Nel pomeriggio di domenica, a urne ancora aperte, aveva telefonato agli amici. “Portate la chitarra. Stanotte festeggiamo”. Invece a far festa, l’indomani, è Giovanni Toti, l’uomo che Berlusconi aveva paracadutato in Liguria e imposto come candidato governatore alla Lega. Uno sconosciuto o quasi, nel lungo arco di territorio che corre da Ventimiglia a Sarzana. Uno che candidamente aveva arruolato Novi Ligure fra i comuni liguri, scatenando l’ironia dei social network. Tutto finito. Dimenticato. Chiuso. Sepolto. Il centrodestra torna al governo della regione dieci anni dopo il breve ciclo (un mandato) del governatore Sandro Biasotti. Una rivoluzione al contrario.

A far da condimento (pepato) al piatto servito dagli elettori (in Liguria ha votato poco più della metà degli aventi diritto), i possibili problemi di equilibrio all’interno della maggioranza. Ha voglia Toti a definirla “forte e coesa”. In termini di numeri, siano 16 a 15, col voto decisivo del presidente della giunta. La Lega ha portato a casa cinque seggi, tre Forza Italia e uno Fratelli d’Italia. Più i sei del listino del presidente fanno appunto 15 e con Toti 16. Un margine risicatissimo e soggetto ai salti di umore di questo o quel consigliere, o possibile vittima dei loro malanni improvvisi. In termini strettamente politici va tenuta in conto la vittoria, incontestabile, della Lega, che ha superato il 20% dei consensi. Mai accaduto prima in Liguria, neppure ai tempi d’oro di Umberto Bossi. Il Caroccio non avrà la guida della coalizione ma farà sentire tutto il peso politico dei voti ottenuti. Il primo ad esserne consapevole è proprio Toti che ne ha riconosciuto “il grande e meritato successo”, peraltro ribadito anche dal segretario ligure Sonia Viale – entrata in regione nel listino e candidata alla vicepresidenza della giunta – che ha detto, testuale. “Faremo valere il voto dei cittadini secondo rappresentanza”. Tradotto: ci spettano assessorati di peso e di prestigio.

Edoardo Rixi, segretario regionale e uno dei due vice federali di Matteo Salvini, si sta godendo una grande rivincita personale. Sacrificato sull’altare dell’accordo nazionale tra Berlusconi e Salvini, quando già era stato intronato candidato governatore proprio dal segretario leghista, adesso ha titolo per chiedere per sé un assessorato strategico. Rixi ha già puntualizzato le linee di azione della Lega. Anzitutto il muro invalicabile contro l’arrivo dei profughi in Liguria. “Non è mancanza di solidarietà ma la nostra regione non è in grado di sopportare arrivi massicci, tanto meno nella stagione estiva. Gli albergatori devono poter tornare a fare solo gli albergatori”. Dichiarazione netta, cui Toti ha subito fornito un endorsement pieno. “Renzi deve smetterla di scaricare sulle Regioni e sui comuni i problemi dei profughi”. Via libera alle grandi opere, con tanti saluti al citato e celebrato territorio. Quindi avanti tutta col Terzo Valico – il passante ferroviario al servizio delle merci scaricate in porto e avviate al Nord Europa – con la Gronda, con le infrastrutture costosissime e ad alto impatto ambientale che la giunta Burlando peraltro non aveva affatto ostacolato.

Semmai era stato, il sindaco di Genova, Marco Doria ad esprimere ricorrenti perplessità sulla bretella autostradale (la Gronda di ponente) che dovrebbe scavalcare la strozzatura attuale al traffico pesante. E ancora: attacco frontale alla Sanità pubblica, con la costruzione del nuovo ospedale Galliera, osteggiata dai comitati cittadini, e il ricorso alla sanità privata sul modello della regione Lombardia con la quale Toti ha annunciato un’intesa strategica anche sulla logistica portuale. Infine, interventi di rafforzamento idrogeologico del territorio, facile leit motiv utilizzato da tutti i candidati in campagna elettorale. Toti ha promesso dragaggi tempestivi negli alvei di fiumi e torrenti e l’eliminazione delle normative che lo impediscono e di quelle leggi ambientaliste che Toti ha definito “folli”. Su questi punti qualificanti del programma Toti e Rixi, nelle primissime dichiarazioni pubbliche, hanno mostrato una condivisione senza sfumature. Il nuovo governatore si è impegnato a ridurre le tasse locali – tra le più alte d’Italia – evitando però interventi a pioggia a favore di tagli mirati: alle imprese, alle start up giovanili e al settore del turismo. Il tutto condito dal rituale impegno a snellire la burocrazia, il Gran Moloch che tutti citano ma nessuno riesce nei fatti a smontare. Né a Roma né in provincia.

Quanto ai grillini, hanno riconfermato il risultato delle europee, sfiorando il 25% dei consensi (sono il primo partito a Genova e in provincia col 29%), contro il 34,44% del polo di centrodestra e il 27,88% dell’alleanza di centrosinistra guidata da Lella Paita che ha collezionato sette seggi più il seggio della candidata presidente sconfitta. Alice Salvatore promette un’opposizione severa sul rispetto delle promesse elettorali, incalzante e occhiuta sui problemi della salvaguardia del territorio. Ribadisce il no ad alleanze organiche, senza escludere convergenze su singoli provvedimenti o decisioni. Un piccolo spiraglio verso la Lista Pastorino che ha conquistato un consigliere (Gianni Pastorino), sfiorando il 10%. Il M5S avrà una delle due vicepresidenze del comitato di presidenza del consiglio regionale, un ruolo strategico nella distribuzione del lavoro nell’aula verde di via Fieschi.

A sinistra infuriano polemiche e accuse incrociate. Prima di chiudersi in un silenzio sdegnato (parlerà in conferenza stampa) domenica notte Raffaella Paita aveva sparato parole al veleno contro Sergio Cofferati, Pippo Civati e Luca Pastorino. “Hanno usato la nostra terra come vetrina per le loro battaglie personali, per l’attacco al Pd e a un governo che gode di ampio consenso nel Paese. Da buoni alleati di Toti e Salvini, hanno fatto risorgere Berlusconi e riportato in Liguria la destra di Scajola. Era questo il loro unico obiettivo politico, e lo hanno raggiunto senza preoccuparsi delle sorti della Liguria. Non so che vittoria sia questa per Pastorino: so solo che è una sconfitta per la Liguria». Tace Burlando che parlerà domattina in conferenza stampa. Il segretario genovese Alessandro Terrile (era nel listino della Paita), ha inviato un sms ai suoi. “Abbiamo perso tutto. Abbiamo perso tutti”. Mica vero. Alcuni big del Pd (il presidente del consiglio comunale Giorgio Guerello, il presidente della città Metropolitana, Gianni Vassallo) inspiegabilmente esclusi dalle liste, avrebbero portato molti voti e ora affilano le lame dei coltelli. Terrile si presenta dimissionario al direttivo provinciale convocato nel pomeriggio e lo stesso dopo il ponte del 2 giugno dovrebbe fare il segretario regionale Giovanni Lunardon, che però è stato eletto consigliere. Resa dei conti in corso dunque in casa del Pd ligure. E non può essere altrimenti.

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