Le lobby gay italiane? Esistono eccome! Non è un’opinione ma un fatto. Un sito, ad esempio, lo vanta con tanto di eventi esclusivi, nazionali e internazionali, mailing list, e contratto associativo, e la sua sigla parla da sola: excellence & diversity by Lgbt executives. Che significa? Semplicemente, che anche nel nostro paese sono attivi gruppi di pressione a favore dei (mancati) diritti Lgbtqi. In genere, questi gruppi sono collocati in posizioni di rilievo nei più diversi settori, dalla moda, allo spettacolo, alla cultura, all’intrattenimento, fino alla politica e all’informazione, o alla vita di tutti i giorni. La loro attività è organizzare iniziative volte a rafforzare l’espansione dei diritti per le minoranze sessuali. In pratica, sapete di cosa stiamo parlando? Delle associazioni. Un’associazione, nel diritto italiano, è un ente costituito da un insieme di persone fisiche o giuridiche (gli associati) legate dal perseguimento di uno scopo comune. Insomma: l’acqua calda.
Purtroppo qui da noi queste associazioni, nonostante siano molto numerose, non riescono a fare rete e ad occupare realisticamente i settori di cui sopra, tantomeno a entrare nella sala macchine del potere, in qualsiasi modo lo si intenda. Dunque la cosiddetta “pressione” è molto debole e più che “pushing”, le associazioni Lgbtqi nostrane organizzano iniziative per lo più di nicchia.
I motivi di questa debolezza, di questa mancata capacità di incidere realmente nella vita culturale del nostro paese sono principalmente due. Il primo riguarda la difficoltà di fare coming out in un paese omofobo. Solo la radice quadrata delle persone omosessuali dichiara il proprio orientamento sessuale nella comunità nella quale vive. Il secondo, però, è ancora più grave.
Con ancora in testa la divisione in feudi, noi italiani (parola che agli storici risulta quasi un neologismo) non riusciamo a concepire l’essere uniti. Ecco perché le associazioni o le persone che non fanno parte, per esempio, di Famiglie Arcobaleno (la preziosa associazione di famiglie omogenitoriali) hanno difficoltà ad accedere ai fondi pubblici o a ottenere visibilità mediatica, compresa l’associazione Genitori Rainbow, molto simile a F.A. Ecco perché Rete Lenford, associazione di avvocati per i diritti Lgbtqi, e la neonata Avvocato Gay Friendly sono in aperta competizione, così come lo è Articolo 29, portale giuridico su orientamento sessuale e identità di genere; ecco perché Agedo, associazione di genitori omosessuali, è in conflitto con Agapo, simile mission; ecco perché i vari Arcy Gay hanno spesso linee molto diverse tra loro, e per esempio a Roma siano in eterna “gara” col Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, con Di Gay Project, con Queer Lab, etc; ecco perché non avete mai sentito parlare di Gaylib, vicino al centrodestra, o di Polis, associazione delle Forze Armate e delle Forze dell’Ordine, o della torinese Quore e della padovana Antèros; ecco perché anche Gaynet è poco conosciuta, nonostante esista dal 1998, sia accreditata come associazione di riferimento presso l’Unar (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri), e editi il quotidiano online Gaynews.it; ecco perché il Mit – Movimento di identità transessuale, associazione di Bologna che si occupa della difesa dei diritti delle persone transessuali, travestiti e transgender e gestisce un consultorio che conta ben 650 utenti, l’associazione Libellula 2001 di Roma (con sede anche a Napoli), attiva anche all’interno del carcere di Rebibbia e fondatrice del servizio di counselling telefonico Linea Amica Trans, il Gruppo Luna, interno al Circolo Maurice di Torino, che organizza gruppi di auto-aiuto e incontri culturali, il Centro servizi Ireos di Firenze, associazione affiliata all’Anpas che gestisce un consultorio, un centro di documentazione e promuove il Florence Queer Festival, rassegna internazionale di cinema a tematica gay, lesbica e transgender, il Circolo Pink di Verona, associazione di promozione sociale molto nota in città, che gestisce uno sportello di accoglienza e informazione per le persone transessuali, hanno impostazioni molto diverse e a volte opposte. Per non parlare di Crisalide-Azione Trans o di Transgenere di Torre del Lago (Lucca), località turistica gay friendly, una delle più attive in Italia, o della romana AzioneTrans, «l’unica associazione di area Pdl», come la definisce la fondatrice, che accusa tutte le altre realtà di essere «a senso unico», ovvero spostate a sinistra. Stessa cosa tra le associazioni lesbiche, da Arcy Lesbica in su, e, ovviamente, con le eterne divergenze tra lesbiche e gay. E poi ci sono i Gay credenti: Rete Evangelica Fede Omosessuale e Nuova Proposta contro Gruppo Buddisti Arcobalena, tanto per citarne alcuni.
Insomma, il problema, tutto italiano, come al solito è la ridotta capacità di unirsi intorno a obiettivi comuni. E così le “lobby” gay italiane non sono fortunate fucine di cultura delle differenze capaci di influenzare il pensiero unico, come dovrebbero, ma rimangono piccoli avamposti tesi a difendere orticelli tutti uguali. E chi (giornalisti, avvocati, psicologi, attivisti, formatori, manager, ricercatori, artisti, etc) volesse dare il proprio contributo all’evoluzione sociale e politica dell’Italia si ritrova perso in un mare infinito di associazioni tutte in guerra tra loro, deboli e sfibrate dalla perdita dell’unico obiettivo veramente importante: quello di traghettare l’Italia in una nuova era.