FATTO FOOTBALL CLUB - Doveva essere il torneo della rinascita o della conferma, è stato l'anno della delusione più cocente. Per Garcia, che voleva lo scudetto; per De Laurentiis, che resta senza Champions; per le milanesi, mai così male e senza Europa negli ultimi anni
Si chiude il sipario, tra i fischi del pubblico. Da Napoli a Milano, passando per la Capitale, finisce il campionato dei falliti. Di chi ha toppato proclami ed obiettivi, e adesso raccoglie i cocci di una stagione da dimenticare, o comunque non all’altezza delle aspettative. Quasi simbolicamente, il campionato dell’unica squadra vincente d’Italia, la Juventus, si è concluso sabato: in anticipo, di un giorno ma in fondo di molti mesi, con lo scudetto in tasca e l’ennesimo successo dell’anno (in attesa dell’appuntamento clou di sabato prossimo). Ieri l’epilogo un po’ mesto di tutte le altre: tanta mediocrità e musi lunghi, con la sola eccezione della Lazio di Claudio Lotito, che può festeggiare la meritata qualificazione in Champions League; e forse della Sampdoria di Massimo Ferrero (che però dovrà aspettare l’esito del ricorso al Coni del Genoa, per avere la certezza di giocare in coppa).
Il tonfo più fragoroso è sicuramente quello del Napoli. La stagione è stata a lungo in bilico tra gloria e fallimento totale. È finita con quel rigore tirato alle stelle da Gonzalo Higuain. Da possibile eroe, con tripletta e vittoria decisiva, a simbolo dell’insuccesso e probabile partente. Dalla vittoria dell’Europa League e terzo posto, alla seconda qualificazione mancata in Champions di fila, che segna una battuta d’arresto pesantissima (in termini sportivi, e soprattutto economici) del progetto di Aurelio De Laurentiis. Dopo la sconfitta nello spareggio con la Lazio il Napoli chiude addirittura quinto, alle spalle della Fiorentina, e dovrà fare i preliminari per andare “solo” in Europa League. Ma la colpa non è di Higuain e di quel rigore da sliding doors. Non soltanto, almeno. Dagli errori di Benitez (che in premio avrà la panchina del Real Madrid…) a quelli della società, passando per i cali di concentrazione dei giocatori e anche le cadute di stile nella comunicazione: tutta la stagione è stata un disastro. E la partita di ieri ne è il simbolo, non la causa.
È andata meglio solo in apparenza alla Roma. Qualificazione in Champions diretta, sì. Schiaffo ai cugini laziali nel derby, certo. Ma la stagione si era aperta con gli annunci di Garcia e i sogni di scudetto: è finita con un secondo posto a 17 punti di distanza dalla vetta. E il tecnico francese che oggi parla di “Juventus irraggiungibile”. Nella Capitale, che fino a ieri festeggiava il derby, possono davvero essere soddisfatti? L’epilogo, l’1-2 contro il Palermo fra i brusii dell’Olimpico, è una sintesi abbastanza fedele degli ultimi mesi. Che dire invece della Milano del calcio, nel tunnel di una crisi di cui non si vede la fine. Milan decimo, male come solo tre volte in tutta la sua storia, con Inzaghi già silurato per colpe sue ma soprattutto altrui. Inter appena più in su: ottava, comunque fuori dall’Europa a cui ha mancato l’aggancio a più riprese, e con Mancini allo sbando.
E ancora. Il Genoa, meraviglioso sul campo e pasticcione in sede di bilancio, che costerà l’Europa. La Fiorentina, splendida quarta, ma con la ferita dell’eliminazione in coppa e un Montella insoddisfatto e pronto a lasciare. E persino la Sampdoria, a lungo quarta e crollata nel finale, costretta a sperare nelle disgrazie altrui per andare in Europa. In fondo hanno fallito quasi tutti. Tranne la Juventus, la Lazio. E chi, come il Parma, è fallito per davvero ma fino all’ultimo ha dato lezioni di sport, uscendo di scena a testa alta. Per fortuna anche questo campionato è finito. Andrà meglio la prossima stagione. O magari no: rialzarsi da certe cadute non è facile.