Il risultato delle urne proietta la terza regione d'Italia verso il caos: il neogovernatore non avrà probabilmente nemmeno il tempo di nominare un vice. Per Renzi il dilemma: temporeggiare e rischiare una accusa di abuso di ufficio. O scaricare il suo candidato e mandare la regione nuovamente al voto
Ha vinto, di poco, l’impresentabile. Ha vinto Vincenzo De Luca. Il sorpasso sui voti scrutinati avviene verso le 4 di mattina, a comitato chiuso d’imperio dai suoi collaboratori. Fino a quel momento l’azzurro Stefano Caldoro era in vantaggio, a dispetto di exit poll e proiezioni che hanno dato sempre in vantaggio il ras di Salerno. Spoglio lento, dati a rilento dal Viminale. De Luca vince con il 41% circa mentre il governatore uscente si ferma al 38%. Per De Luca 60mila voti in più di Caldoro e Pd primo partito davanti ai 5 stelle.
Dunque, vince De Luca, l’uomo che potrebbe trascinare la Regione Campania verso il caos. De Luca non è eleggibile a Governatore. L’ex sindaco di Salerno è condannato a un anno per abuso d’ufficio e il premier Matteo Renzi dovrà applicare la legge Severino e sospenderlo per diciotto mesi. L’ultima recentissima pronuncia della Cassazione è chiara: la sospensione è automatica, non ci sono margini di discrezionalità su tempi e procedure, De Luca potrebbe non avere nemmeno il tempo di nominare un vice presidente e una giunta. E siccome la competenza sulla sospensiva si è spostata dal Tar – che aveva inaugurato una giurisprudenza favorevole a De Luca – al giudice civile, c’è un punto interrogativo sui tempi necessari per trattare lo scontato ricorso in cottura nella cucina dei legali del candidato Pd. E se Renzi tentennasse, ci sono agguerrite associazioni di cittadini pronte a denunciarlo per omissione di atti d’ufficio.
Si spalancano così scenari inimmaginabili e senza precedenti: la terza regione d’Italia priva di una guida, il comandante che non può salire sulla nave che viaggia verso l’iceberg. Eppure alla Stazione Marittima di Napoli, sede del quartier generale di De Luca, l’orchestrina del Titanic continua a suonare. Al termine di una campagna elettorale quasi tutta incentrata sui problemi giudiziari di De Luca e sulla questione degli “impresentabili”, aggettivo che ha ricompreso la variopinta accozzaglia di discutibili personaggi coi quali De Luca ha stretto spericolate alleanze: ex cosentiniani, esponenti di destra estrema, politici locali avversari delle giunte di centrosinistra, indagati, imputati. Per un po’ l’avversario, l’azzurro governatore uscente Stefano Caldoro, ha provato a cavalcare il tema. Poi ne è finito stritolato: le sue liste erano altrettanto imbarazzanti. Forse di più. Certo, De Luca è stata la principale vittima dei lavori della commissione parlamentare antimafia presieduta da Rosy Bindi, che venerdì ha messo l’ex sindaco in un elenco di candidati “impresentabili” secondo il codice etico approvato dai partiti. La Bindi ha rispolverato un vecchissimo processo per una concussione del 1998. Un annuncio che per qualche ora aveva fatto tremare le granitiche certezze di vittoria del Pd. Ma fra i 13 campani della black list, il numero maggiore si è registrato nel centrodestra: ben nove. Tra i quali l’imputato di concorso esterno in associazione camorristica Antonio Scalzone, il caso denunciato il 18 maggio su ilfattoquotidiano.it. Tre ore dopo Scalzone si è formalmente ritirato con tanto di firma autenticata in Tribunale, ma non è stato sufficiente per salvarlo dagli strali della Bindi.
Ora il destino di De Luca, se questi dati dovessero essere confermati, dipende da Renzi. L’abbraccio tra i due potrebbe risultare soffocante per il premier. Costretto a decidere tra due opzioni poco allettanti: abbandonare l’ex sindaco alla sua sorte, col rischio di un rapido ritorno alle urne in Campania; oppure firmare un decreto legge che abroghi la parte della Severino sull’abuso d’ufficio. Un decreto ad personam. Come il Berlusconi dei tempi d’oro.
E che la parola ‘Severino’ sia impronunciabile tra i deluchiani, lo conferma un tentativo di intervista al figlio di De Luca, Piero. Alle prime domande sull’esistenza o meno di una strategia legale per insediare il padre in carica, Piero De Luca saluta sorridendo e tronca di netto: “Grazie, grazie, domani vedremo ora è presto”. Nella notte la Stazione Marittima è stata visitata da alcuni dei candidati più discussi delle liste deluchiane: Corrado Gabriele, Bruno Cesario, Franco Malvano. Toccata e fuga della segretaria campana del Pd, Assunta Tartaglione. Notte attraversata da contrastanti sentimenti: la serenità, la gioia, la paura di veder sfuggire un successo che pareva certo. Alle 2 di notte è apparso Ernesto Sica, l’uomo della P3 e dei dossier contro Caldoro: “Sì, ho sostenuto De Luca con gli amici di Campania Popolare a Salerno”. Sica forse è l’unico impresentabile vero. Nel senso che non si è presentato alle elezioni.