I due sono stati rintracciati questa mattina dalla Squadra Mobile in un campo in zona Massimina. Nelle prossime ore saranno interrogati per accertare in maniera definitiva chi fosse alla guida del veicolo che ha investito 8 persone e ucciso una donna alla fermata dell'autobus il 27 maggio scorso
È stata la madre a dire alla polizia dove avevano trovato rifugio i suoi due figli, 17 e 19 anni, accusati dell’omicidio di Corazon Abordo. Erano in un campo agricolo in zona Massimina, ma venerdì scorso era a bordo della Lancia Lybra che ha travolto le persone che erano alla fermata dell’autobus in via Boccea e ucciso la donna filippina di 44 anni. L’incidente è avvenuto il 27 maggio scorso quando un’automobile non si è fermata all’alt della polizia e ha falciato a 180 otto persone. Quando gli uomini della Squadra Mobile li hanno trovati hanno pianto. Avevano i vestiti laceri e probabilmente non mangiavano da venerdì sera. Il più grande ha una ferita a un ginocchio.
Fermati nei campi, in silenzio davanti al pm
Samuele H., di 19 anni, e il minorenne E. H. di 17 anni, davanti al pm però hanno scelto di non rispondere. I due nomadi erano stati identificati da tempo e per loro era stato emesso un decreto di fermo. L’area dove sono stati individuati si trova nella zona dell’Aurelia non lontano dal Gra e dai campi rom La Monachina e Casale Lumbroso. I due, dopo essere stati portati in Questura, sono stati accompagnati con diverse auto della polizia in carcere: il maggiorenne a Regina Coeli e il 17enne nel carcere minorile. Uno dei due giovani si è nascosto il volto con un foglio per non farsi riprendere dalle telecamere e dai fotografi.
L’accusa è omicidio volontario
L’incidente era avvenuto intorno alle 20. Poco dopo era stata fermata un ragazza di 17 anni del campo nomadi della Monachina. Nei suoi confronti gli inquirenti hanno ipotizzato il reato di concorso in omicidio volontario perché non era alla guida, è la moglie del 17enne e la coppia ha un figlio di 10 mesi. Da subito le indagini avevano puntato a una coppia di ragazzi che erano in auto con lei. Secondo gli investigatori i due fratelli sarebbero rimasti sempre a Roma: non avevano soldi né telefonini. Le indagini proseguono per accertare se nell’auto quella sera ci fosse una quarta persona e per chiarire se i giovani nomadi siano stati aiutati da qualcuno a nascondersi in questi giorni.
La famiglia della vittima: “Vogliamo giustizia”
Una cerimonia per Corazon Abordo si terrà probabilmente sabato in una chiesa in zona Cornelia-Battistini. La salma subito dopo sarà trasferita all’aeroporto di Fiumicino da dove partirà con destinazione Filippine. Lì si terranno le esequie alla presenza dei genitori e di tutti i familiari di Corazon. Le esequie e l’espatrio saranno pagati dal Campidoglio. La famiglia fa sapere di sentirsi sollevata dall’arresto: “Meno male che li hanno catturati. Ma non finisce qui. Vogliamo giustizia. Il governo e il sindaco devono fare qualcosa per la sicurezza di tutti i cittadini”.
La sorella dei fermati: “Finito un incubo”
“Finalmente è finito un incubo. Loro hanno sbagliato e ora è giusto che paghino – dice la sorella dei due – Maledetto quel giorno in cui mio padre si è sentito male e ha chiesto ai miei fratelli di accompagnarlo in ospedale. Avrebbero dovuto chiamare un’ambulanza e ora non sarebbe successo nulla”. Secondo le sue parole, dunque, sull’auto killer ci sarebbe stato, oltre ai due fratelli e alla moglie di uno di loro già arrestata, anche il padre dei due che nei giorni successivi si era autoaccusato dicendo di esserci stato lui alla guida dell’auto. Una versione però che non ha convinto gli investigatori. “La verità è che lui ci ha rovinato la vita – continua la figlia -, mi chiedo come gli sia venuto in mente di far guidare il figlio minorenne nella corsa in ospedale. Lui non sapeva guidare bene, non sapeva quello che stava facendo”.