Raffaele Cantone è certamente magistrato capace ed integerrimo. Molte sono le speranze nei suoi confronti per quanto riguarda il fronte strategico della lotta alla corruzione. Ci si aspetta da lui che, nella sua qualità di presidente dell’Autorità nazionale competente, adotti misure efficaci per contrastare il vero e proprio cancro che sta corrodendo il nostro e molti altri ordinamenti. Non è tuttavia di questa sua attività che voglio ora parlare. Mi riferisco invece alle sue dichiarazioni in merito alla sentenza della Corte europea dei diritti umani che ha condannato l’Italia per le malefatte poliziesche della Diaz. Cantone si è dichiarato indignato per tale sentenza, perché a suo dire la polizia italiana sarebbe democratica. Come vari altri, giuristi e non, sono a mia volta indignato per l’indignazione di Cantone.
La democraticità della polizia italiana non può essere un dogma della fede. Certamente esistono molti poliziotti e altri appartenenti alle forze dell’ordine italiane che sono sinceramente e profondamente democratici. Ma quella per la democraticità delle forze dell’ordine è, in ogni ordinamento, una partita sempre aperta. Per vincere tale partita occorre denunciare senza compromessi ogni deviazione delle forze dell’ordine da una condotta democratica. Gli episodi avvenuti a Genova quattordici anni fa, fra i quali anche l’assalto alla Diaz e il massacro di decine di giovani (e meno giovani) inermi, rappresentano senz’altro una deviazione grave da tale condotta e sono stati giustamente sanzionati in quanto tali dalla Corte europea dei diritti umani. Che senso ha quindi dichiararsi indignati per la sentenza di quest’ultima?
Condivido una lettera aperta scritta a Cantone da parte di Emilio Robotti, avvocato genovese e militante dei giuristi democratici, che è sempre stato in prima fila nella lotta per fare verità e giustizia sui gravissimi accadimenti di Genova. Scrive fra l’altro Robotti, indirizzandosi a Cantone:
“Le scrivo per sollecitarLa ad esprimere le Sue scuse in merito alle dichiarazioni rilasciate in merito alla Sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani che, accogliendo il ricorso del Sig. Arnaldo Cestaro, ha condannato l’Italia per violazione dell’art. 3 della Convenzione. Ho atteso fino ad oggi, sperando che Lei, dall’alto della Sua posizione così importante dal punto di vista del rispetto della Legalità e dell’Etica stessa del nostro Paese, avrebbe specificato e rettificato in qualche modo le Sue dichiarazioni, spiegando perché la Polizia italiana sia democratica nonostante episodi come la Diaz e Bolzaneto, e perché Lei, Magistrato e Presidente dell’Autorità, sia indignato dalla Condanna dell’Italia irrogata dalla Corte di Strasburgo. Ma la mia attesa ha trovato solo il silenzio“.
Ci si deve aspettare in effetti che Cantone, per restituire alla sua persona e alla sua carica tutta l’autorevolezza di cui hanno bisogno per adempiere al compito importante e delicato cui è chiamato, chiarisca la portata delle sue dichiarazioni. Il rispetto dei principi fondamentali dello Stato di diritto costituisce un prerequisito indispensabile per chiunque sia chiamato ad esercitare poteri pubblici. E nell’Italia del terzo millennio, vessata dal flagello della corruzione e dell’impunità degli abusi che continuano a registrarsi in vari ambiti, non si tratta certo di una formalità, ma di un impegno da rinnovare quotidianamente in modo coerente e convincente.