Stamattina avrei voluto essere a scuola. Avrei voluto fare lezione ai miei ragazzi per vivere con loro questo 2 giugno, quel voto a favore della Repubblica. Lo avrei voluto fare soprattutto oggi all’indomani dei risultati delle elezioni regionali, dove al di là dell’ “abbiamo vinto tutti” ripetuto da ogni partito, hanno vinto gli astenuti. Non ha più senso festeggiare il 2 giugno restando a casa da scuola.
Provate a chiedere a dieci ragazzi tra i 10 e i 13 anni perché oggi fanno vacanza: la maggior parte di loro non ha una risposta. Oggi per le strade del mio paese non c’è una bandiera dell’Italia, sembrano tutti essersi presi un bel giorno di vacanza per andare al lago, per fare una gita fuori porta, per non parlare di quel referendum che cambiò la storia del nostro Paese. I “tagli” hanno fatto sparire anche quei manifesti che ogni amministrazione appendeva negli spazi comunali per ricordare ai cittadini il 2 giugno. Per la maggior parte degli italiani siamo di fronte al “chissenefrega” di quanto è accaduto nel 1946. Ieri sera nei salotti televisivi si è preferito parlare di rom.
Tocca a noi maestri il compito di non smarrire la storia, di rispolverare la Costituzione, di farla vivere, di raccontare ai nostri ragazzi perché e cosa si festeggia. Altrimenti non avrà alcun senso quella deposizione della corona d’alloro al Milite Ignoto, quella sfilata di forze militari lungo i Fori Imperiali. Ancor meno quell’inutile ricevimento al Quirinale con una piazza stracolma di auto blu e una passerella di vip: immagini da non mostrare a dei ragazzi.
Stamattina avrei voluto essere in classe per raccontare ai miei alunni che quel 2 giugno del 1946, in seguito alla caduta del fascismo, dopo 85 anni di regno, con 12.718.641 voti contro 10.718.502 voti, il nostro Paese diventava Repubblica e i monarchi di casa Savoia venivano esiliati.
Nel libro di storia di quinta elementare non c’è una riga del 2 giugno. Non c’è nemmeno nel libro di geografia ma questa narrazione è nel libro del maestro, fa parte di ogni insegnante che ha il dovere di non vivere fuori dalla storia ma dentro le vicende della storia. Dobbiamo ripartire dai bambini. Tra qualche giorno quando finiranno le lezioni saluterò la mia classe quinta regalando loro la Costituzione che abbiamo vissuto in classe tutto l’anno: lo farò ricordando ancora una volta le prime parole dell’articolo uno, sperando che ognuno dei miei alunni un giorno possa essere un medico, un ingegnere, un operaio, un docente, un postino che il 2 giugno, senta la responsabilità di quell’ “L’Italia è una Repubblica”.