Il governatore in pectore denuncia per diffamazione la presidente dell'Antimafia Bindi. Ma, soprattutto, punta a evitare la sospensione automaticamente prevista dalla legge del 2012 per i condannati in primo grado. I vertici Pd escludono però un'intervento sulla norma. Mentre pensano a come prendere tempo per consentire l'insediamento di un vice. L'interessato: "Sospensione impossibile se prima non sono insediati gli organi regionali"
Vincenzo De Luca, inserito tra gli “impresentabili”, ha denunciato Rosy Bindi depositando a Salerno una querela in cui chiede alla Procura di Roma di procedere nei confronti del presidente dell’Antimafia per diffamazione, attentato ai diritti politici costituzionali, abuso d’ufficio. Ma non è certo la Bindi la principale grana di De Luca, eletto presidente della Regione Campania per il centrosinistra con il 41,2%, pari a quasi 990mila voti. Il sindaco di Salerno torna a chiedere la revisione della legge Severino – “un aborto di diritto”, la definisce – che ne prefigura la sospensione dalla carica di governatore, una volta che sarà insediato, per effetto della condanna di primo grado per abuso d’ufficio. “Bene ha fatto, in modo particolare il governo, a non decidere prima delle elezioni regionali. Avremmo avuto una valanga di polemiche e di accuse di favoritismo”, ha spiegato in un’intervista al Mattino. “Ora è venuto il tempo di decidere non solo sulla base del diritto e della Costituzione ma anche in virtù del buonsenso”.
Dietro le quinte, intanto, si cercano soluzioni alternative, piuttosto impervie dato che la legge parla chiaro: un presidente di regione con una condanna in primo grado per abuso d’ufficio deve essere sospeso. Punto. In più ci si è messa la Cassazione, che con una recente sentenza ha sancito che la legge opera in modo automatico e “non è attribuita alla pubblica amministrazione alcuna discrezionalità”. Nella stessa sentenza la Corte spazza via le precedenti sentenze del Tar Campania, favorevoli a De Luca e al sindaco di Napoli Luigi De Magistris, e chiarisce che per eventuali ricorsi è competente esclusivamente il tribunale ordinario. Insomma, per salvare De Luca o almeno la vittoria elettorale sua e del Pd, le maglie sono strette. Nella stessa intervista, il presidente in pectore la vede così: “Nomineremo una giunta segnata da molte professionalità, aperta alla società civile, e andremo avanti con assoluta tranquillità”. E al Corriere della Sera chiarisce ulteriormente: “Se prima non vengono insediati gli organi non può diventare efficace l’eventuale provvedimento di sospensione, perché di quello deve prendere atto comunque un consiglio regionale già nella pienezza delle sue funzioni. Come si vede, il paventato vuoto di potere è solo una invenzione propagandistica”.
Ed è proprio nelle pieghe dei tempi d’avvio della legislatura che potrebbe giocarsi la partita, salvo rapide modifiche della Severino in Parlamento, che non sarebbero politicamente indolori per Matteo Renzi, sempre pronto a rivendicare i successi di governo e maggioranza sul fronte della lotta alla corruzione e all’illegalità. Innanzitutto, per essere sospeso De Luca deve prima diventare presidente a tutti gli effetti, quindi proclamato dalla Corte d’appello di Napoli una voltra espletatate le formalità di legge, cosa che richiede una ventina di giorni (nel 2010 si votò il 28-29 marzo e Stefano Caldoro fu proclamato vincitore il 17 aprile). A questo punto scatterebbe la sospensione: la legge 235/2012 – la Severino, appunto – prevede che il prefetto del capoluogo di regione, Napoli, dia “immediata comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri” del fatto che il presidente si trova nelle condizioni che portano alla sospensione. Il premier, “sentiti il Ministro per gli affari regionali e il Ministro dell’interno, adotta il provvedimento che accerta la sospensione”. La Severino non detta tempi, ma nel frattempo la Cassazione ha sottolineato appunto l’automatismo della procedura.
A questo punto però scatta il cavillo. A chi deve essere notificato il provvedimento? “Al competente consiglio regionale” nella persona del suo presidente, recita la Severino, per inziativa del prefetto. Già, ma a quale consiglio regionale, il vecchio o il nuovo, che ancora deve essere insediato? La legge non lo dice, anche perché il vincitore delle elezioni campane si trova in una sorta di limbo: con la sua condanna in primo grado era candidabile alla carica, ma se fosse stato già governatore sarebbe stato rispedito a casa. De Luca, nel colloquio con il Corriere della Sera, non ha dubbi: la notifica deve arrivare al nuovo consiglio, perché “se prima non vengono insediati gli organi non può diventare efficace l’eventuale provvedimento di sospensione”. Sospensione contro la quale il sindaco di Salerno già annuncia “un ricorso al tribunale ordinario” con l’obiettivo di farsi reintegrare, incoraggiato anche delle precedenti sentenze del Tar.
E’ in queste more che potrebbe prendere corpo la strategia renziana, di cui si è discusso nei giorni scorsi, di mettere al sicuro la vittoria elettorale con la nomina di un vicepresidente e di una giunta che continuerebbero a governare in nome di De Luca anche se quest’ultimo, alla fine della battaglia di carte bollate, dovesse davvero abbandonare temporaneamente l’ufficio di governatore appena conquistato. Una strada ribadita dal vicesegretario Pd Lorenzo Guerini: “De Luca era candidabile, eleggibile e insediabile e seguirà questo percorso”, ha affermato, escludendo qualsiasi intervento per modificare la legge Severino. “Dopodiché c’è una legge che non parla di decadenza, ma eventualmente di sospensione”.