Quanti, in questi tempi di turbo-leghismo e di turbamento anticasta hanno seguito in tv la parata del 2 giugno, con le istituzioni della Repubblica in fila sul palco e le forze armate tricolori a sfilare in terra e in cielo? La risposta è moltissimi, perché RaiUno, che ospitava l’evento, ha radunato come nel 2014 esattamente il 36% della platea. il doppio del precedente giorno festivo con un aumento di 1,5 milioni di spettatori. Da dove sono arrivati? 400mila son il frutto dia un secco aumento della platea, gente che si è messa davanti alla tv proprio perché c’era “quella” sfilata; altri 300mila dal mondo Rai, e siamo a 700mila. I restanti 800mila provengono dalla tv a pagamento e dalle tv terrestri di target e locali. Mentre il mondo Mediaset non batte ciglio e si limita a trasferimenti interni a favore di Canale 5.
Chi sono gli italiani che aderiscono all’offerta “nazionale” e stanno lì a riconoscere le varie specialità militari mentre sfilano e a buttare uno sguardo nella tribuna delle autorità? Essenzialmente uomini e donne dai 55 anni in su. Genitori e nonni dicono “presente” in percentuali che vanno dal 43% al 57%, senza particolari distinzioni fra femmine e maschi. Mentre i nipoti adolescenti stanno sotto il 20% e gli adulti fino alla cinquantina di poco scavalcano il 20% (anche qui senza grandi differenze fra femmine e maschi). Come a dire che per i meno anziani e i più giovani quelle che sfilano sono le istituzioni e non la comunità di cui fanno parte.
Poiché a causa della passata arretratezza del Paese, al crescere dell’età diminuisce il livello di istruzione, mobilitandosi gli anziani in platea, vi prevalgono i possessori della sola licenza elementare, con la percentuale sanremese del 50%. Ma i laureati non disertano visto che il loro share del 38% è al di sopra della media generale.
Passando ai territori, e volendo considerare il basso share come un indizio di separatezza rispetto alla Nazione, a starsene corrucciati da una parte sono, tutte attorno a un avaro 20%, tre regioni del Sud, Calabria, Basilicata e Molise e una sola del Nord, che però è proprio il Piemonte, la terra dell’unificatore Cavour che sembrerebbe perplessa della propria stessa opera.
In compenso spicca la mobilitazione dell’Abruzzo e del Lazio (del resto i romani la sfilata la vedevano in tv e la sentivano sfrecciare sopra di sé e non potevano comunque sfuggirle). Al Nord un po’ di arietta leghista si sente nel paio di regioni che stanno sotto il 30%, ovvero Lombardia e Friuli. Mentre il Veneto, la terra di Zaia, ma anche teatro e immediata retrovia della Grande Guerra, si inerpica fino al 33%. Sotto la media nazionale, ma non di molto. Infine, gli immigrati che ci hanno visto sfilare sono stati pochi, appena il 6%, come a dire che ce ne vorrà prima che riusciamo a cucirci insieme una nuova nazione che ci esprima entrambi. Ma del resto, chissà come sarebbe andata se avessero sfilato le truppe della Ue (o almeno dell’euro)?