L’alba del giorno dopo inaugura ufficialmente la corsa alla successione. Caduto l’imperatore Sepp Blatter – si fanno sempre più assordanti i rumors provenienti dagli Stati Uniti sul fatto che anche lui sia sotto indagine del Fbi, anche se per ora i federali non ufficializzano – le superpotenze economiche del pallone sono alla ricerca dell’erede da insediare sul trono della Fifa: intesa come organizzazione che controlla il calcio mondiale, o come il vocabolo che il comico John Oliver ha definito “sinonimo di corruzione”. Nelle ultime elezioni il blocco di potere dello svizzero ha dimostrato di avere in mano quasi due terzi dell’assemblea (133 voti di 139, sui 209 totali), mentre il blocco Platini schierato dietro il principe giordano Al Hussein solo 73. Ma da qui al 2016 potrebbero succedere molte cose. Ecco i nomi dei probabili e degli improbabili successori al trono di Blatter.
MICHAEL PLATINI
Il presidente della Uefa è stato a lungo il delfino di Blatter e il suo più accreditato successore, ma lo scorso anno, quando Blatter ha deciso di ricandidarsi, ha provato a sfidarlo ed è scivolato sulla buccia di banana dell’affaire Qatar. A Platini è imputato di non aver mai spiegato una cena all’Eliseo con l’allora presidente Nicolas Sarkozy e l’emiro Al Thani, giusto poche settimane prima che i Mondiali 2022 fossero assegnati al Qatar, in cambio dell’acquisto da parte dell’emirato del Golfo Persico di Airbus francesi, della squadra del PSG, e dei diritti tv del calcio. E in cambio dell’assunzione del figlio Laurent Platini alla Qatar Sports Investments, che i Mondiali del 2022 li organizza. Per non dovere raccontare tutto ciò, Platini a settembre ha annunciato che non si sarebbe candidato, ma ora davanti all’enorme scandalo che ha travolto la Fifa cerca di presentarsi come l’uomo nuovo e pulito. Da presidente della Uefa ha avuto qualche idea non così geniale, come l’allargamento della Champions e dell’Europa League, o l’Europeo itinerante del 2020, e qualcuna assai stupida, come il fair play finanziario poi ritirato perché favoriva le grandi squadre.
AHMAD AL FAHAD AL SABAH
Sceicco del Kuwait, di cui è stato ministro, così come è stato presidente dell’agenzia nazionale di sicurezza, del comitato olimpico locale, della federazione di pallamano e per breve tempo anche allenatore della nazionale di calcio kuwaitiana, dal 1992 è un assai influente membro del Cio – dove il suo lavoro di lobbying è stato fondamentale nell’elezione del neo presidente Thomas Bach, salvo costargli diverse accuse di corruzione – e da poco è presidente dell’Anoc (associazione che raccoglie i comitati olimpici continentali). A soli 51 anni lo sceicco, poltronissimo da fare invidia a Franco Carraro, è stato anche eletto nel Comitato Esecutivo della Fifa. Fedele alleato di Blatter, è stato lui a far votare per lo svizzero la maggior parte dei paesi della confederazione asiatica, nonostante proprio da lì provenisse lo sfidante Al Hussein. Nel caso decidesse di scendere in campo sarebbe l’uomo forte su cui punterebbe il blocco di potere orfano dello svizzero, l’unico in grado di impensierire seriamente Platini. La sua discesa in campo sarebbe in qualche modo la seconda, in memoria di un episodio che ha fatto la storia del calcio. Era il 1982 e durante la partita tra il Kuwait e la Francia di Platini al Mundial spagnolo, dopo un gol di Giresse lo sceicco Fahad Al Ahmad, padre del nostro, scese dagli spalti sul terreno di gioco riuscendo a fare annullare la rete.
DAVID GILL
Già direttore esecutivo del Manchester United e vicepresidente della federcalcio inglese, si è dimesso dal ruolo di vicepresidente della Fifa e poi da ogni incarico in seno all’associazione in protesta contro Blatter. A 57 anni sarebbe lui l’uomo su cui puntano Europa e Stati Uniti nel caso Platini decidesse di non candidarsi. Abile e consumato politico, sarebbe anche in grado di allargare il consenso ben oltre la fallimentare esperienza del giordano Al Hussein. Parte come gregario, ma se il capitano va in crisi sull’ultima salita ha le capacità per vincere la corsa.
LYDIA NSEKERA
Donna e nera, sarebbe un bel colpo per ridipingere con una bella passata di vernice fresca l’immagine della Fifa. Presidentessa fino allo scorso anno della federcalcio del Burundi, Nsekera è membro del Cio dal 2009 e nel 2012 stata la prima donna a entrare nel Comitato Esecutivo della Fifa. Ha già ricevuto endorsement importanti come quello di George Weah, a tutt’oggi l’unico Pallone d’Oro africano. Ma la sua eventuale elezione, su cui alla fine potrebbero convergere in molti per motivi puramente d’immagine, rischia di essere una semplice operazione di brand washing: Nsekera è infatti esponente a tutti gli effetti del sistema Blatter.
LUIS FIGO
L’ex Pallone d’Oro e fuoriclasse di Barça, Real Madrid e Inter aveva già avanzato la sua candidatura a queste elezioni, salvo ritirarsi la settimana prima del voto, quando aveva capito che Blatter sarebbe stato rieletto. Il suo programma è visionario, ma non sembra avere il potere politico per essere un serio contendente.
ARTHUR ANTUNES COIMBRA detto ZICO
“La mia vita è sempre stata nel mondo del calcio – ha detto l’ex campione dell’Udinese e della nazionale brasiliana -. Non ho ancora alcun supporto, ma posso correre per la presidenza della Fifa. E’ solo un’idea, per ora… Ma chi lo sa?”. Resterà un’idea, uno strano sogno di mezza estate, così come la candidatura avanzata da David Ginola tramite la sponsorizzazione di un’agenzia di scommesse.
DIEGO ARMANDO MARADONA
Il Pibe de Oro, sempre controcorrente in campo e nella vita tanto da assumere su di sé il ruolo di acerrimo nemico di chiunque abbia avuto una posizione di potere, fossero Havelange, Blatter e ultimamente anche lo stesso Platini, non ha avanzato alcuna idea di candidarsi. Per lui però lo ha fatto il presidente del Venezuela, Nicolas Maduro: “Dovrebbe essere Maradona il nuovo capo della Fifa, di cui ha denunciato per anni la corruzione – ha detto -, nonostante per questo lo abbiano minacciato e si siano presi gioco di lui”. Ma Che Guevara e Fidel Castro rimarranno tatuaggi sul corpo di Maradona, e non foto ispiratrici appese nell’ufficio presidenziale di Zurigo.