Tutte le pratiche di Equitalia a portata di mouse, comodamente seduti sulla poltrona di casa e senza più recarsi allo sportello. Da un mese e mezzo è online la nuova area riservata sul sito della società pubblica che dal 2006 si occupa della riscossione dei tributi. Così, tra cartelle, rate e pagamenti, i contribuenti possono facilmente verificare in tempo reale la loro posizione e pagare quanto dovuto. O almeno così cerca di far intendere Equitalia con un’importante campagna mediatica messa in atto nell’ultimo anno in cui tra un “leggi”, scrivi”, “contatta” o “telefona” spiega che ci sono diverse soluzioni nel caso in cui si sia in difficoltà con il pagamento. Del resto, dopo il dramma dei gesti estremi compiuti da decine di imprenditori che hanno saldato con la vita stessa il debito con lo Stato e le rivolte fiscali che si sono verificate un po’ in tutta Italia, Equitalia ha deciso di ‘umanizzarsi’.
La procedura iniziale per le pratiche online è relativamente facile. Basta collegarsi alla home page del sito, cliccare sull’icona “area riservata” e poi su “accedi al servizio”. Ma è a questo punto che arrivano i primi drammi: vanno, infatti, inserite le credenziali personali, le stesse che si utilizzano per scaricare il modello 730 precompilato dal cassetto fiscale o per accedere sul sito dell’Inps al simulatore che permette di conoscere a quale età e con quale assegno si potrà smettere di lavorare.
Si tratta di quell’iter che, con tutti i suoi limiti (si inseriscono codice fiscale, dati anagrafici, indirizzo di residenza e numero di telefono; poi il sistema ne verifica la correttezza e invia la prima parte del Pin via email o sms, mentre la seconda la spedisce a casa) sta ostacolando centinaia di contribuenti. A causa dell’elevato numero di richieste registrate nelle ultime settimane, in centinaia non stanno infatti ricevendo le ultime cifre del Pin. E per loro l’unica soluzione è la pazienza, visto che le informazioni non vengono date né al telefono né di persona. Bisogna solo attendere che arrivino nella cassetta della posta. Una situazione che crea un forte disagio agli utenti e vanifica il messaggio di semplificazione che viene diffuso.
Solo dopo essere entrati in possesso delle credenziali, con un altro paio di click, scroll del mouse e passaggi di schermata si accede finalmente all’estratto conto. E da qui è possibile fare domanda di rateizzazione sotto i 50mila euro, verificare eventuali procedure in corso, pagare cartelle e avvisi o richiedere la sospensione della riscossione.
Ma concretamente sta funzionando questa trasparenza adottata da Equitalia nei suoi servizi online? Troppo presto per dire se il calvario dei contribuenti – già fuori dalle sedi di Equitalia alle 5 di mattina tra file auto-organizzate, disperazione e rabbia per porgere tutti la stessa domanda “ma quanto devo pagare?” – potrà trasformarsi presto in un brutto ricordo. Certo, invece, che gli italiani rimangano assai diffidenti quando si tratta di adottare nuove procedure messe a disposizione dalla Pubblica amministrazione, tanto che – secondo un rapporto di Confartigianato – in Italia solo il 36% dei cittadini utilizza i servizi online per le diverse pratiche burocratiche, contro una media europea del 59%. Praticamente ai livelli della Bulgaria e peggio del Belpaese fa solo la Romania. Il motivo? L’insoddisfazione e le difficoltà di comprendere lo stato di avanzamento della pratica e dell’utilizzo dei servizi disponibili sul sito. Così, nonostante tutti odino le code e la perdita di tempo lungo i corridoi degli uffici pubblici, poi sono pochissimi gli italiani che utilizzano il pc per dialogare con la pubblica amministrazione.
Come sempre, quando si parla di agenda digitale e semplificazione del processo amministrativo della Pa, la peggior accusa è la mancanza di fatti conseguenti alle parole, così come certificato dal primo report ufficiale, aggiornato ad aprile 2015 e pubblicato sul sito della Funzione Pubblica, che sviscera l’Agenda per la semplificazione 2015-2017. Con molto più bastone che carota per gli italiani, visto che “gli interventi di semplificazione promossi hanno avuto una scarsa, quando non nulla, attenzione dedicata alla loro concreta applicazione”. Il risultato? “Molte delle semplificazioni annunciate sono rimaste sulla carta”. Un esempio su tutti. Sfogliando le 37 azioni che raccoglie l’agenda per la semplificazione tra fisco, welfare, salute, impresa ed edilizia, proprio gli adempimenti fiscali sono in cima alla graduatoria delle complicazioni segnalate da cittadini e imprese.
I numeri sono schiaccianti: su 9 obiettivi da raggiungere entro il 2017 (unica tassa sulla casa, dichiarazione dei redditi precompilata, dichiarazione dei redditi con spese sanitarie, dichiarazioni di successione e domande di voltura catastale online, comunicazioni tra fisco e contribuenti, controllo fiscale e incontro con il contribuente, verifica delle misure di semplificazione già adottate, catalogazione e schematizzazione delle delibere comunali e aggiornamento delle banche dati catastali online), nessuno ha tagliato il traguardo, mentre solo due hanno raggiunto un primo passo in avanti: il 730 precompilato e la comunicazione. Ma in che modo? Della nuova dichiarazione dei redditi si conoscono tutti i limiti e i disagi: l’impossibilità di semplificazione a causa della macchinosità del percorso telematico e la mancanza di alcuni dati (come le spese mediche) che vanno aggiunti dal contribuente. Fermo restando, poi, che l’attività di presentazione della dichiarazione precompilata, prevista entro il 7 luglio, è a rischio flop e la richiesta di una proroga per la scadenza è dietro l’angolo.
Cosa prevede, invece, la semplificazione e la razionalizzazione delle comunicazioni tra fisco e contribuenti? Proprio lo sviluppo di un maggior numero di servizi telematici da parte dell’Agenzia delle Entrate già predisposti nel cassetto fiscale a cui, tuttavia, moltissimi contribuenti non possono accedere o perché ancora non hanno ricevuto il Pin o perché – lo mette nero su bianco l’Istat – sono quasi 22 milioni gli italiani che non si sono mai connessi a Internet e non hanno mai utilizzato la rete.
Infine, non si può fare a meno di ricordare il fallimento della posta elettronica certificata da utilizzarsi,solo ed esclusivamente, per dialogare con la pubblica amministrazione (Pec) naufragata a fine 2014 con la progressiva archiviazione negli annali della storia dei progetti di mala-innovazione e inutile sperpero di risorse pubbliche.