Hanno vinto l’inerzia, la mancanza di visione e coraggio, un solido attaccamento allo status quo.

vivisezioneForte di 1.173.131 firme certificate, l’Iniziativa dei cittadini europei (ICE) Stop Vivisection aveva chiesto alla Commissione Europea un segnale importante: la presa d’atto che la ricerca biomedica del terzo millennio non può restare abbarbicata al passato. Che gravi e gravissime malattie – cancro, diabete, Alzheimer, autismo –  sono in vertiginoso aumento ma i cosiddetti “modelli animali” rappresentano un ostacolo più che la chiave giusta per venirne a capo. E le voci che provengono dal cuore stesso della comunità scientifica per chiedere l’abbandono degli esperimenti in vivo  – non solo crudeli, ma anche obsoleti e mai convalidati – sono limpide e convincenti.

Due esempi per tutti. Pandora Pound, che riassume sul British Medical Journal dieci anni di studi e revisioni analitiche delle ricerche eseguite dai suoi colleghi dichiarando: “I fautori della sperimentazione animale sostengono che i suoi benefici per l’uomo sono tanto evidenti da non richiedere dimostrazione… ma posizioni di questo tipo sono incompatibili con la medicina moderna, che si vuole fondata su prove e dati statistici certi”.

Oppure Azra Raza, direttore del prestigioso MDS Center della Columbia University a New York, vincitrice nel 2012 del premio Hope Award for Cancer, che in uno straordinario filmato di appena dieci minuti, fa piazza pulita di ogni pretesa vivisettoria circa l’utilità dei topi per studiare il cancro: “Nella loro vita, a un uomo su due e a una donna su tre verrà diagnosticato un tumore. Ma non stiamo affatto vincendo la guerra contro il cancro (…) per il semplice motivo che cerchiamo nuovi farmaci utilizzando metodi fallimentari”.

C’è tutto questo nel dossier che Stop Vivisection ha consegnato alla Commissione l’11 maggio scorso: 109 cartelle di argomentazioni, dati e tabelle statistiche, insieme con dieci richieste per voltare pagina.

Ma Bruxelles si è arroccata a difesa dell’esistente e ha detto no.

Tre mesi fa, sul tavolo della Commissione e al Parlamento europeo era arrivata una presa di posizione di quelle che contano: Pfizer, Sanofi, GlaxoSmithKline, Astra Zeneca, Harlan, Wellcome Trust, la Queen Mary University of London, l’Imperial College di Londra, Huntingdon Life Sciences… in tutto 149 pezzi da novanta, associati in buona armonia per chiedere alle autorità di Bruxelles di non deflettere dai giusti principi e dalla giusta via. E così alla fine è stato.

Nella risposta ufficiale ai 1.173.131 cittadini in cerca di coinvolgimento e strategie più adeguate a fronteggiare le emergenze sanitarie che ci attendono, la Commissione Europea ribadisce principi indimostrati, promesse e buone intenzioni scolpite da anni – talvolta da decenni – nei suoi documenti ufficiali. Dice in pratica: tutti vorremmo farne a meno, ma sperimentare sugli animali continua ad essere necessario per tutelare la salute umana; quando ci saranno tutti i metodi alternativi necessari [e quando tutto l’establishment sarà d’accordo ndr], allora si potrà dichiarare obsoleta la vivisezione; gli animali utilizzati fini scientifici sono protetti che meglio non si può; la Direttiva 2010/63/UE è la migliore legge che si possa immaginare sulla sperimentazione animale nel migliore dei mondi possibili…

All’audizione parlamentare dell’11 maggio scorso, Stop Vivisection ha schierato sul palco tre scienziati: Andre Ménache, zoologo e medico chirurgo veterinario, direttore di Antidote Europe, già presidente di Doctors and Lawyers for Responsible Medicine; Gianni Tamino, docente di Biologia e del corso di perfezionamento in bioetica all’Università di Padova, già membro della Camera dei Deputati e del Parlamento Europeo; e Claude Reiss, fisico e biologo cellulare, per trent’anni direttore di laboratorio al CNRS di Parigi e all’Istituto Jacques Monod, ex docente di Biochimica all’Università di Lille.

Nei loro discorsi come nel dossier di Stop Vivisection c’era anche la richiesta di una conferenza internazionale per discutere le origini, la portata, le ragioni e l’attuale utilizzo della vivisezione. Il suo obiettivo dichiarato: consentire che sostenitori e oppositori della sperimentazione animale potessero misurare ai massimi livelli scientifici esistenti, e sotto i riflettori del mondo, le rispettive argomentazioni. Sarebbe stata una prima assoluta. Della cui estrema urgenza anche Ray Greek, il presidente di Americans for Medical Advancement, intervenuto all’audizione parlamentare, si è fatto portatore.

Ma persino su questa richiesta Bruxelles ha glissato promettendo al suo posto, di qui a un anno e mezzo, una conferenza sullo sviluppo dei metodi sostitutivi (déjà vu! déjà entendu!).

Esultano i vivisection supporters. Storpiandone il nome in Flop-Vivisection, si accalcano sulla pagina facebook dell’Iniziativa con insulti e sberleffi. Gli sfugge che i grandi sconfitti del momento non sono i 1.170.131 firmatari dell’ICE né l’opinione pubblica contraria alla vivisezione, bensì il metodo scientifico del dubbio e del confronto, la voglia di piantare i semi di un futuro migliore.

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