Ad una manciata di giorni dal provvedimento con il quale il Tribunale di Milano ha ordinato, sebbene solo “provvisoriamente”, a Uber di spegnere il suo servizio Uber Pop, l’Autorità di Regolazione dei Trasporti – ovvero l’autorità amministrativa indipendente alla quale la legge affida il governo della materia – mette nero su bianco una serie di principi diametralmente opposti rispetto a quelli alla base dell’ordine di stop.
In una segnalazione al governo e al Parlamento adottata lo scorso 21 maggio – e, quindi, addirittura prima che il Tribunale si pronunciasse sulle sorti di Uber Pop – ma pubblicata solo ieri, infatti l’Authority dei trasporti fuga ogni dubbio sulla natura del servizio offerto da Uber che è di mero “intermediario”, fornitore di servizi tecnologici per la mobilità, sulla assoluta complementarietà – e non concorrenzialità – tra le soluzioni di mobilità rese disponibili attraverso l’uso dell’app e quelle regolamentate [ndr ovvero i taxi e i noleggi con conducente] e sull’opportunità, anche in una prospettiva di contenimento del traffico e dell’inquinamento della promozione di tali soluzioni.
Lo scorso 25 maggio, al contrario, il Tribunale di Milano ha messo egualmente nero su bianco che dovrebbe escludersi che Uber eserciti – in relazione al servizio Pop – un’attività di mero intermediario tecnologico, che non potrebbe dubitarsi dell’esistenza di un rapporto di concorrenza, per di più sleale, tra la società fornitrice dell’app e le società e cooperative di taxi e che sarebbe legittimo dubitare persino della circostanza che le nuove soluzioni di mobilità urbane rese possibili attraverso l’app producano effetti positivi in termini di contenimento del traffico e dell’inquinamento.
Due provvedimenti allo specchio ad una manciata di giorni di distanza.
E’ la prova scientifica – forse, per la verità, neppure necessaria – della inadeguatezza delle regole vigenti a governare un fenomeno evidentemente troppo nuovo e dirompente per continuare a pretendere di giudicarne sulla base di una disciplina vecchia di oltre vent’anni.
Ed è anche la miglior conferma – e l’Authority dei Trasporti lo scrive con ineguagliabile chiarezza – dell’urgenza di un intervento normativo che faccia chiarezza, fugando ogni dubbio sulla legittimità delle nuove soluzioni di mobilità abilitate dalle nuove tecnologie, imponendo anche ai nuovi protagonisti del trasporto urbano ed extra urbano – professionisti e non professionisti – il rispetto di talune regole essenziali a tutela dei consumatori e, ad un tempo, alleggerendo i troppi vincoli e legacci che ingessano le attività regolamentate di tassiti e società di autonoleggio con conducente.
In effetti, a leggere le considerazioni che l’Autorità pone a fondamento della propria segnalazione è difficile dubitare della circostanza che un intervento sia davvero urgente e che il ritardo nel procedervi stia determinando un sacrificio importante per consumatori e cittadini.
I prezzi dei taxi – scrive l’Authority sulla base di un’analisi di dati relativi al periodo 2006-2014 – sono aumentati, nelle principali città italiane in misura superiore a quella dell’inflazione: a fronte di un aumento medio dei prezzi del 15% (dati Istat), a Roma le tariffe sono aumentate del 37%, a Firenze del 29% e a Milano del 23%. Il numero dei taxi in circolazione è rimasto, nello stesso periodo, sostanzialmente invariato.
Tutti indici sintomatici della circostanza che un po’ di elasticità in più nel mercato di riferimento non potrebbe davvero far male.
E poi, sempre secondo l’Authority “il fenomeno [ndr quello della sharing economy applicata al settore dei trasporti] dispiega importanti effetti sulla configurazione della offerta di servizi di autotrasporto di persone non di linea” e i Servizi tecnologici di mobilità – espressione con la quale l’Autorità definisce le piattaforme come Uber – consentono di intercettare una domanda di servizi di norma meno costosi di quelli offerti da taxi e NCC e resi disponibili con diverse modalità di erogazione” dando vita “ad un nuovo e specifico segmento del mercato della mobilità urbana non di linea rispetto a quello sottoposto a obblighi di servizio pubblico.”.
C’è spazio – e di questo l’Autorità di regolazione dei trasporti non sembra dubitare – perché i nuovi servizi di mobilità abilitati da app come Uber e l’attività svolta da conducenti professionisti e non professionisti grazie a tali servizi, coesistano con le attività di trasporto più tradizionali.
Tante le proposte dell’Authority a governo e Parlamento per fare in modo che si tratti di una convivenza civile e pacifica e dalla quale ci si guadagni tutti senza che nessuno debba rimetterci più di quanto non impongono le regole del mercato.
Occorre, tanto per cominciare, riconoscere maggior margine di manovra in termini imprenditoriali all’attività dei tassisti, accordando loro la possibilità di praticare sconti e tariffe differenziate ed occorre, soprattutto, abbattere i vincoli di territorialità che l’attuale disciplina pone a capo di chi esercita l’attività di noleggio con conducente giacché tali vincoli determinano inutili inefficienze e frammentano, in modo inopportuno, il mercato.
Ma occorre anche dettare alcune regole per i nuovi arrivati ovvero sia per chi, come Uber, fornisce servizi tecnologici di mobilità mettendo in contatto passeggeri e conducenti professionisti e non professionisti, sia per questi ultimi che, ad esempio, dovrebbero, secondo l’Autorità, iscriversi tutti in un apposito registro nazionale.
L’obiettivo delle regole per le nuove soluzioni di mobilità dovrebbe essere quello di garantire, per davvero ed in modo sostanziale, consumatori ed utenti sia in termini di sicurezza che in termini di trasparenza e correttezza nelle tariffe e, più in generale, nelle pratiche commerciali.
Ad accostare la segnalazione dell’Authority all’Ordinanza resa nei giorni scorsi dal Tribunale di Milano si ha la netta intenzione che la sintesi “calcistica” dell’incontro, proposta all’indomani del provvedimento dei giudici, fosse precisa e puntuale: Taxi 1, Uber 0 e utenti e consumatori -1.
Ora occorre ribaltare quel risultato e perché ciò avvenga servono due cose: nell’immediato che i Giudici del Tribunale di Milano, nel reclamo che Uber si accinge a depositare, rivedano la loro decisione anche alla luce della segnalazione dell’Autorità e nel breve-medio periodo che governo e Parlamento facciano tesoro delle indicazioni dell’Authority ed intervengano a dettare nuove regole.
A che serve, d’altra parte, avere un Autorità di Regolazione dei trasporti se, poi, non se ne seguono le indicazioni nello scrivere le leggi e, soprattutto, nell’interpretarle e nell’applicarle?