Dopo 12 anni di chiusura per problemi di conservazione, da febbraio 2014 ogni settimana cinque persone alla volta munite di copriscarpe e mascherine possono ammirare le decine di figure a colori, perfettamente conservate, dipinte fra i 18.500 e i 14mila anni fa. Sono le pitture rupestri della grotta di Altamira, nel nord della Spagna. Fra le più importanti del mondo e patrimonio dell’Umanità. Dopo un periodo di sperimentazione la formula proseguirà.
Recentemente il Patronato del Museo nazionale e centro di ricerche di Altamira, insieme al Segretario di Stato alla Cultura e al Presidente della Cantabria, ha deciso che a mettere a repentaglio la conservazione della Cappella Sistina della preistoria non è la presenza umana. Quindi le visite continueranno. A differenza di quel che accade dal 1963 alla grotta di Lascaux, vicino a Montignac, in Francia. Qui umidità e funghi aggrediscono i colori delle rappresentazioni incise sulle pareti rocciose. Per questo ora è possibile visitare unicamente una copia della grotta, “Lascaux II”, perfettamente ricostruita poco lontano da quella originale. Un successo, considerati i 280mila visitatori all’anno.
Graffiti, pitture parietali con cavalli rossi, impronte di mani e molto altro riferibile a fasi differenti del Paleolitico, è quel che si conserva anche a Grotta Paglicci, a pochi chilometri da Rignano Garganico, nel foggiano. Un riparo sotto roccia e una grotta attigua. Uno dei siti di interesse archeologico di maggior rilievo in Italia per la formidabile sequenza culturale oltre che per i documenti che ha fornito sul culto dei morti e nel campo dell’arte. Ma non per questo tutelato e valorizzato, come accade invece Oltralpe.
“Uno dei tanti problemi che non si riesce a risolvere è quello dell’esproprio. Da 50 anni il sito continua a rimanere proprietà privata. Circostanza questa che non ne agevola la conservazione, messa a repentaglio dall’erosione climatica e da interventi antropici. Così parte del riparo esterno e la prima parte della grotta, dove si è scavato per più di 40 anni, è soggetta a crolli ed è molto rischioso, per gli studiosi o per chi ci si avventura, avvicinarsi alla grotta”. A parlare è Vincenzo Pazienza, Presidente del Centro Studi Paglicci, l’Associazione che cerca di promuovere il sito.
Nonostante un evidente disinteresse di molte istituzioni. In ambito nazionale per la grotta, inserita dal 2001 nel perimetro del Parco nazionale del Gargano, c’è quasi indifferenza, ad eccezione dell’interrogazione parlamentare del deputato dell’Unione di Centro Angelo Cera nel luglio 2008 e quattro anni dopo i sei voti recuperati nel censimento del Fai dei Luoghi del cuore.
Dal 2005 non si effettuano più indagini di scavo nel sito, per decenni al centro di un programma di ricerca. Tra il 1961 il 1963 da parte del Museo Civico di Storia naturale di Verona, poi tra il 1971 e il 2005 dell’Università di Siena. Prima all’interno, poi all’esterno della grotta. Recuperati circa 45mila materiali di vario tipo, oltre a due sepolture. Acquisite molte informazioni sulle diverse fasi di frequentazione. Quel che è seguito, è un’ordinaria storia di abbandono, contraddistinta dalla devastazione del luglio 2006 e dal rischio crollo della parete esterna del 2008 testimoniata dal telone messo a copertura del deposito esterno.
L’interno della grotta, invece, è assicurato da un muro in cemento nel quale c’è una porta, che però è chiusa. Come la sala conferenze che, insieme al Centro di accoglienza multimediale, avrebbe dovuto costituire un supporto al nuovo Museo Paglicci, interessato da lavori di ampliamento dal marzo 2010. Pienamente funzionante soltanto il Centro accoglienza multimediale. Nel Museo, privo di adeguati supporti espositivi, ma anche di un percorso di visita, manca la maggior parte dei materiali recuperati negli scavi, custoditi negli uffici del Museo nazionale archeologico di Manfredonia.
L’allestimento è costituito per lo più dalla mostra iconografica realizzata negli anni Ottanta, senza contare che non risulta disponibile alcun materiale cartaceo informativo. Insomma un autentico fallimento. Nonostante i due finanziamenti da 750mila euro ciascuno, provenienti da un fondo PIS-POR Puglia 2000-2006. Per il sito che avrebbe dovuto trasformarsi in attrazione turistica, ancora nessuna buona nuova. I primitivi di Altamira e Lascaux sembrano aver avuto una più degna evoluzione.