Peccato che i talk show, quelli più autorevoli, stiano andando in vacanza proprio ora che, dopo il 2 giugno, festa della Repubblica, è arrivato il 4 giugno, la giornata della Mucca. Quella che “la puoi mungere solo se accetta di mangiare”. Efficace metafora dello scambio che è sì la base dell’attività economica, ma che quando coinvolge la manipolazione di atti pubblici si chiama corruzione.
Anche se ora la chiamano “mafia capitale”, si è da tempo compreso e verificato che il problema è nazionale o, per meglio dire “territoriale”, cioè strettamente legato a quella dimensione della politica dove i fatti miei sono più contigui ai fatti vostri.
Qualsiasi cittadino, pur estraneo al più fuggevole dei contatti col mondo dei ruminanti e mungitori, bastava che ragionasse per sapere che quella politica “non poteva non” essere stata occupata dagli sbandati del Secolo breve, da quella gente di manovra che “non poteva non” avere privatizzato i partiti di un tempo e i relativi poteri economico-istituzionali. Con tante eccezioni a confermare la regola e coi leader nazionali sulle tolde di comando a scegliere le rotte della grande politica estera e interna, e i ceffi dell’equipaggio distribuiti fra la sala macchine alimentata di clientele-preferenze e la cambusa per motivare le bovine mammelle.
Ovvio che con partiti del genere le primarie diventino non pre-scelte da parte dell’elettorato, ma regolamenti di conti o esibizioni di forza fra capi tribù. E che il servizio della politica si trasformi necessariamente nel servirsi della politica. Così l’unica spazio escogitato dagli elettori qualsiasi è stato di fare emergere personaggi “a dispetto” come sabbia infilata nelle macchine. Con tanti, davvero sinceri, auguri al kamikaze di turno, vedi il caso di Marino. Ma mica si può andare avanti a truffe e rivolte. E dunque la riforma dei partiti sul territorio dovrà pur smettere di essere un ossimoro e si dovrà pur trovare l’incrocio anziché il contrasto con l’elettorato di opinione. È lì che ci si vaccina contro la corruzione, tanto più che i magistrati provvedono alle operazioni chirurgiche ma non possono certo eliminare le metastasi.
Peccato, dicevamo, che i talk show più autorevoli chiudano i battenti e che non sia in programma, a quanto sappiamo, nulla di equivalente a quel Milano-Italia con cui nel 1992 Gad Lerner, in piena estate, su Rai Tre tallonò giornalmente l’evoluzione di Tangentopoli. Dopo di allora, ci ricordiamo solo, una tantum, una serata di Riccardo Iacona che esplorava il modo d’essere dei partiti. Ma oggi quel problema precipita e per un talk show autorevolmente condotto il momento sarebbe propizio anche grazie alla assenza dei vincoli e delle distorsioni dovuti all’incombere di elezioni. Tanto per inseguire i fatti, anziché aspettare che diventino notizia per conto loro.