Le indagini della procura di Firenze, coordinate dal sostituto procuratore Pietro Suchan, hanno scoperto un maxi traffico di denaro tra Italia e Cina per un importo totale di 4,5 miliardi di euro che venivano trasferiti attraverso la società finanziaria Money2Money
La filiale milanese di Bank of China è indagata dalla procura di Firenze, sotto il coordinamento del sostituto procuratore della Repubblica Pietro Suchan, nell’ambito delle inchieste antiriciclaggio condotte dai finanzieri del nucleo di polizia tributaria. Nel mirino degli inquirenti il trasferimento illecito di 4,5 miliardi di euro dall’Italia all’Impero celeste, realizzato complessivamente dal 2007 al 2010 attraverso agenzie di money transfer del colosso bancario cinese con sede a Firenze e Prato.
Venerdì 5 giugno l’agenzia americana Associated Press dedica un ampio servizio sul flusso verso la Cina di denaro prodotto in Italia e in Europa, frutto di diverse attività illecite. Sono 24 le persone arrestate e 581 quelle denunciate nell’ambito dell’inchiesta in corso da anni e culminata nelle operazioni “Cian Liù“, “Cian Ba 2011” e “Cian Ba 2012”.
Secondo quanto sostiene l’accusa, la Bank of China avrebbe violato le norme sull’antiriciclaggio, rendendo possibile l’illecito trasferimento in Cina dalla società finanziaria Money2Money, ricavandone un profitto di 758mila euro in commissioni. In particolare, tra il 2007 e il 2010 sono quattro i funzionari indagati che avrebbero permesso alla Money2Money di inviare denaro in Cina, occultandone sia la reale provenienza che la destinazione e consentendo, a fronte di ingenti commissioni, il frazionamento dei trasferimenti in tranche da 1.999 euro ciascuna, quindi immediatamente sotto la soglia dei 2mila euro consentita dalla legge.
Gli indagati avrebbero inoltre omesso di segnalare sia le operazioni sospette che quelle evidentemente contrarie alla normativa di settore. Agendo in questo modo, la Bank of China avrebbe contribuito a rafforzare e agevolare l’organizzazione criminale poi smantellata dalle Fiamme gialle. Secondo quanto accertato nel corso delle indagini, il denaro riciclato rappresentava parte dei proventi di evasione fiscale, appropriazione indebita, sfruttamento della manodopera clandestina, commercio di merce contraffatta e altri reati.