L'ultimo atto della Champions League è il coronamento di una strategia aziendale partita dopo la fine di Calciopoli. Tra stadio di proprietà, investimenti sui giovani e programmazione, quello bianconero è un modello unico nel sistema Italia del pallone. Che vuole salire sul carro dei vincitori, ma non ci riesce per carenze strutturali e di credibilità
BERLINO – Nonostante la sconfitta quella della Juventus resta un’annata da incorniciare. Ma è della Juve, appunto. Solo della Juve. Il calcio italiano resta ancorato alle sue debolezze, ai suoi scandali, ai suoi vertici litigiosi e a tratti impresentabili. Sono i bianconeri a essere scappati verso il futuro. Hanno aperto una breccia europea nella Serie A – e il primo raccolto è quello di questa straordinaria stagione – nella quale non si è inserito nessun altro. Ma già prima della partita, dove c’erano tutti i vertici della Figc, si era levato il coro: “Ci davate per morti, siamo vivi”. Non è vero però che in questa stagione è cambiato qualcosa nel nostro calcio. E nascondere la polvere sotto la bandiera della Juve è l’errore peggiore. Semmai bisognerebbe capire che i bianconeri hanno lanciato l’ennesimo segnale, facendo vedere come dopo la semina arrivino i risultati. È matematica. Dalla vergogna di Calciopoli all’Olympiastadion sono tante le tracce lasciate in campo e sui tavoli dei palazzi dello sport. Ignorate o respinte con forza. Con l’approdo a Berlino della squadra di Massimiliano Allegri, però, per tutti ha vinto il calcio italiano. No: il pallone di casa nostra ha fatto bene a tifare, ma resterà un ‘hurrà’ finto se da domani qualcuno non inizierà a pensare che questa Juventus bisogna seguirla. Perché in nove anni, dalla B a Berlino, è rinata guardando oltre la sopravvivenza fino all’agosto successivo, provando a immaginare anche un futuro che non sia legato a doppio filo ai diritti tv.
Lo stadio e il boom ricavi
La Juventus ha costruito uno stadio, il suo, cucito su misura. Ci ha aggiunto un museo. Ha creato un indotto. È una casa, per la squadra e per i tifosi, che lo frequentano anche durante la settimana. Trovare un biglietto è una battaglia, nonostante i prezzi. Più che mai a Torino il mercato lo fa la domanda. I ricavi da stadio sono diventati una voce importante nel bilancio del club, che quest’anno grazie alla lunga corsa in Champions accorcerà il divario dalle big europee e aprirà una voragine rispetto alla truppaglia italiana. Mentre altrove le big – ormai presunte tali – sono arrivate a racimolare la miseria di 7mila paganti per una partita. Un motivo in più per credere che la supremazia in A durerà a lungo.
L’occhio sui talenti
Anche perché la Juventus ha messo gli occhi prima di tutti sulla crème azzurra. Controlla il talento di Daniele Rugani, esploso a Empoli. Può riprendere Simone Zaza, risolverà entro il 30 giugno – a proprio favore – la comproprietà di Daniele Berardi. Ha apprezzato, mentre non se ne accorgeva nessuno, la garra di Stefano Sturaro, acquistato e lasciato a Genoa prima d’essere richiamato in anticipo. Una fiducia ripagata sul palcoscenico europeo contro il Real Madrid. Sono già tutti nel giro della Nazionale maggiore, Rugani e Berardi hanno assaggiato Coverciano e vivono da protagonisti tra le fila dell’Under 21 di Gigi Di Biagio. La cifra della Juventus resta italiana. Basta scorrere l’undici schierato da Massimiliano Allegri a Berlino. Buffon, Barzagli, Bonucci, Marchisio e Pirlo. Ci sarebbe dovuto essere Chiellini, l’alternativa al suo sostituto era Ogbonna. Trovare certi numeri nelle altre squadre nobili della Serie A è una chimera.
L’alternativa nei palazzi
La Juve ha anche provato a dire, lo scorso agosto, che Tavecchio non andava bene. E già due anni fa propose un’alternativa a Beretta alla guida della Lega, presentando la candidatura di Andrea Abodi. Venne sonoramente bocciata e da allora Agnelli vive una sorta di opposizione solitaria al ticket Galliani-Lotito-Infront. È stata sconfitta anche la linea che riteneva impresentabile l’ex re dei Dilettanti. Da Optì Poba ai prezzi sospetti degli immobili acquistati dal numero della Figc, passando per i libri scritti e fatti comprare da Lnd e Federcalcio, dieci mesi dopo ancora non tutta l’inadeguatezza è venuta a galla. E in questo anno scarso abbiamo conosciuto anche come si esercita il ‘potere’ secondo il grande elettore Claudio Lotito, lo stesso che ha malamente sottolineato un difetto fisico dell’ad bianconero Beppe Marotta. Volando a Berlino tutti hanno dimenticato tutto. Forza Juventus. Che brava la Juventus. Chissà come sarà arrivata prima tra i terrestri, come ha costruito un futuro che va oltre la notte a testa alta di Berlino. Semplice: uscendo dalle sabbie mobili italiane, le stesse che ora, orbe, applaudono una splendida stagione di successo che non appartiene a loro.