“Non dobbiamo pensare all’area archeologica centrale come un’area deputata solo alla fruizione dell’archeologia, ma come un pezzo di città, ricco di eventi, nel rispetto dei monumenti. I luoghi dell’archeologia sono attrattivi: sfondo ideale per realizzazioni virtuali, teatro, spettacoli, musica, arte”, spiega il soprintendente speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale romano e l’area archeologica di Roma, Francesco Prosperetti. Il tema è la sorte del Circo Massimo che, dunque, sarà ancora il contenitore per tutte le occasioni. Concerti, ma non solo.
“Non sono contrario in maniera pregiudiziale ai concerti al Circo Massimo, se ci sono dei motivi ostativi, li faremo valere al tavolo permanente con il Comune”, dice ancora Prosperetti. Chiedersi quali possano essere questi motivi è naturalmente lecito. Conoscerli al momento, impossibile. Certo è che risulta già stabilito che nel 2016 nell’area suoneranno i Coldpay, nel concerto del tour di addio della band. Insomma non sembra cambiare nulla per il luogo centrale dell’archeologia romana più utilizzato. Per finalità di ogni tipo.
Condivisibile l’idea che i pezzi di città nei quali ci sono monumenti antichi debbano uscire dal ghetto nel quale sono stati lasciati finora. Che vengano finalmente legati ai contesti esterni. Che insomma tornino ad essere patrimonio di tutti. Spazi non più da osservare dall’ “esterno”, ma da vivere dall’ “interno”. Riassemblare la città, fascendo uscire dalla loro sostanziale marginalità i luoghi dell’archeologia, è un proposito legittimo. Esito di un’idea di Roma moderna, corretto. Perché mira ad includere, realmente.
Più discutibile è invece ritenere che funzionale a questa operazione di inclusione dei luoghi dell’archeologia sia il loro utilizzo. Più incerta la tesi secondo cui sia necessario che i monumenti del passato debbano essere cornice di eventi. Insomma come sostiene il soprintendente, “sfondo ideale per realizzazioni virtuali, teatro, spettacoli, musica, arte”. L’attrattiva non si incrementa riempiendo di eventi strutture antiche svuotate dell’originaria funzione e del loro significato identitario. Semmai, ci si dovrebbe spendere perché accada il contrario. Cioè perché quei luoghi, relitti del passato, diventino poli culturali, da fruire. Nelle migliori condizioni possibili. Ovunque. Non solo nel centro, ma anche più fuori, fin dove il territorio dei municipi più esterni confina con altri comuni.
Il Circo Massimo secondo la visione delineata da Prosperetti corre il rischio di continuare ad essere un luogo neutro. Una spianata nella quale l’archeologia è confinata ad un settore. Rilevantissimo, ma esiguo. Quanto l’utilizzo indiscriminato dell’arena possa portare dei benefici all’area archeologica non è chiaro. Quanto il sacrificio di quegli spazi sia accettabile, compensato da una migliore valorizzazione dei resti antichi, incomprensibile.
“I resti del grande arco realizzato per l’imperatore Tito. Straordinario rinvenimento sovrintendenza al Circo Massimo”, ha twittato alcuni giorni fa Giovanna Marinelli, Assessore alla Cultura di Roma Capitale. Una bella notizia, a metà. Dal momento che la mancanza di fondi hanno costretto a ricoprire tutto.
I resti del grande arco realizzato per l’Imperatore Tito.Straordinario ritrovamento @Sovrintendenza al #CircoMassimo pic.twitter.com/CnaxYjiUxy
— Giovanna Marinelli (@giovamarinelli) 28 Maggio 2015
In fondo Roma è anche questa. Monumenti scoperti, prima o poi rinterrati. Eventi al Circo Massimo. Se è andato bene finora perché cambiare?