Cinquefrondi, 6500 anime, all’interno dell’area protetta del Parco nazionale dell’Aspromonte, un classico paese della Piana di Gioia Tauro vessato da criminalità e disoccupazione, oggi ha un nuovo sindaco. Michele Conia, 39 anni, nato sotto il segno del Leone, avvocato, faccia sorridente, cravatta rossa, da sempre impegnato nella lotta alle ecomafie e nella difesa dei beni comuni, primo fra tutti il territorio (dal No Ponte al No Rigassificatore sino alla difesa dell’acqua pubblica come portavoce, nella Piana, dell’omonimo coordinamento).
Da bambino ha vissuto in Germania: vi si era trasferito con il padre, quando i migranti eravamo noi. Vi rimarrà dall’età di 2 mesi fino a 6 anni per ritornare poi a Cinquefrondi, da dove non andrà più via. Qui è attivista impegnato su temi locali e portavoce del collettivo Onda Rossa. La militanza politica inizia nel 1993 con impegni istituzionali in Rifondazione comunista ma da un anno non ha più nessuna tessera di partito e crede fortemente in una sinistra unita come alternativa reale all’attuale Pd. Con orgoglio rivendica l’appartenenza alla generazione di Genova 2001 e la difesa dei migranti di Rosarno, non a caso per le vie del paese i suoi antagonisti andavano dicendo: “Se vince lui riempirà Cinquefrondi di neri”.
Vicino ai movimenti, Conia è stato eletto con una lista civica: Rinascita che “nasce solo dal basso”, la cui parola d’ordine è la condivisione d’un progetto basato sul rinnovamento. Punti di partenza di questo genius loci sono stati Borgo futuro: un laboratorio aperto sul recupero dei luoghi, dal centro storico agli antichi percorsi; e il Frantoio delle idee: uno spazio creativo, un laboratorio teatrale e culturale (molto del programma elettorale era basato sulla cultura). Ha avuto la meglio sul sindaco uscente che 5 anni fa aveva vinto contro di lui per soli 80 voti di differenza, e sul candidato del Pd.
“Il nostro è prima di tutto un progetto” ci dice “nessuno di noi fa parte di partiti strutturati. La maggior parte di coloro i quali hanno animato la campagna elettorale proviene dal mondo dell’associazionismo e dai movimenti e questa è una novità, insieme ai temi innovativi che abbiamo sposato per il territorio. Abbiamo avuto contro buona parte dell’apparato del Pd, però non è bastato”. Contro l’establishement e a favore di Conia c’è stato un appello d’intellettuali e artisti (Eugenio Finardi, Daniele Silvestri, Luciana Castellina, i Kalamu…), legati alla Rinascita, culturale e non, di Cinquefrondi. “Certo che pensavamo di vincere ma non di arrivare al 42% e staccare così tanto il sindaco uscente e quello del Pd”. E quando provi a chiedergli: secondo te, perché? Ti risponde candidamente: “in questi cinque anni anziché parlare abbiamo fatto cose concrete, che poi è quello che manca da tempo alla sinistra, come quando abbiamo ripulito il centro storico, insomma siamo stati tra la gente. Anziché dire faremo, in questa campagna elettorale abbiamo detto continueremo a fare”. E il fare per lui significa: pubblicizzazione dei servizi, istituzione dei comitati di quartiere e delle consulte, “tutte cose che la sinistra spesso dice e poi non fa”. E non è un caso che la prima uscita pubblica da sindaco sia stata accogliere la Carovana della legalità, perché la Rinascita di Cinquefrondi coniuga cultura e legalità come precondizioni d’una buona esistenza. Insomma un giovane talento da tenere sott’osservazione. Un bell’esempio di civismo partecipativo che si occupa di cura dei luoghi. Una storia di resilienza pervicace, di quella cocciutaggine che solo i calabresi sanno esprimere.
È finalmente una Calabria positiva che emerge e che volta pagina, della quale molto spesso non si parla perché non fa notizia. Certo la Calabria non è la Spagna e Cinquefrondi non è Barcellona. Eppure, con le dovute differenze, è un percorso assai simile che lega la Rinascita di Michele Conia alla vittoria di Podemos e di Ada Colau. Non solo perché sono entrambi combattenti, generazione G8 e sideralmente lontani dalle dinamiche tipiche dei partiti tradizionali ma perché hanno realmente praticato la partecipazione, né parolaia né (come troppo spesso accade) di facciata. La condivisione qui s’è fatta progetto politico. E i cittadini si sono rappropriati della politica rifondando un nuovo civismo. Insomma ha vinto la cittadinanza, la comunità. Che a volerla dire con Negri & Hardt oltre il privato e il pubblico c’è il comune, ovvero il bene comune.