Oggi ai miei alunni consegnerò questa lettera.
Cari ragazzi, siamo arrivati. Ho sempre pensato che questo momento fosse lontano. Ho sempre rinviato il pensiero di questo ultimo giorno di scuola in quinta perché so che da domani le nostre strade, almeno nella vita quotidiana, ci separano. Ma le barche non sono state costruite per restare in porto ma per attraversare il mare. Oggi dopo due anni che insieme abbiamo costruito la nostra barca, siamo pronti al grande viaggio.
Ricordo ancora quando sono entrato in aula la prima volta. Mi avevano parlato di voi come la classe più difficile. Anzi una maestra mi aveva persino detto: “Io lì dentro non sopporto nessuno”. E forse anche voi sapevate che arrivava un maestro un po’ strano, uno un po’ “tutto matto” come dite voi. Lo ammetto non è stato facile: ho dovuto far lezione tra i vostri litigi; tra il caos di chi non portava a scuola nemmeno il libro; mi sono trovato davanti chi amava la scuola e chi non sopportava per nulla il dover imparare; chi amava leggere e scrivere e chi il libro non voleva neanche vedere. Avevo gli occhi puntati dei vostri genitori, osservatori attenti e pronti a tirare le orecchie al maestro. Cosa potevo fare?
Mi son dato una possibilità, ho giocato con voi una sfida: farvi diventate il più amici possibile, cercare di creare un clima sereno per venire a scuola un po’ più felici. Abbiamo imparato insieme che non potevamo per forza essere amici di tutti ma abbiamo capito che ognuno ha qualcosa di speciale che noi non abbiamo. Sarà sempre così anche nella vostra vita. Sappiate che ogni incontro è unico: imparate a guardare negli occhi chi da domani sarà il vostro nuovo compagno di banco, chi diventerà il vostro collega al lavoro, il vostro vicino durante un viaggio in treno.
Con voi ho riscoperto il valore della lentezza. Da piccolo passavo ore a guardare le lumache che facevo gareggiare su di un’asse di legno. Nessuna arrivava mai al traguardo, anche se c’era quella più veloce e quella più lenta. Noi in classe siamo stati un po’ come le lumache quando abbiamo imparato le regioni, i romani, i greci, i verbi. Ci siamo aspettati. Abbiamo imparato con lentezza ma abbiamo appreso tutti.
Abbiamo percorso due anni cercando di “prenderci poco sul serio” e questo è stato essenziale.
Ho imparato qualcosa da ciascuno di voi. Non sono stati anni nemmeno facili, per quello che è accaduto a voi e perché avete dovuto fare i conti con un maestro che qualche mattina non ce l’ha proprio fatta a sorridere. Ma ho preferito non mettere la maschera perché la vita non è una commedia.
Vi chiedo scusa, se qualche volta non ho prestato abbastanza ascolto, se ho sbagliato, se non sono stato un buon maestro.
Ora tocca a voi. Di compiti per le vacanze non ne ho, perché ho dei compiti da consegnarvi per tutta la vita.
- Usate la parola che vi ho insegnato per difendervi e per difendere chi non ce l’ha, chi non sa scrivere una lettera, chi non ha la forza di urlare contro le ingiustizie, chi le ha subite.
- Non siate spettatori ma protagonisti. La Storia (con la “S” maiuscola) non è solo quella che avete studiato, quella di Augusto e Anco Marzio, quella dei camuni e dei greci ma è anche quella che abbiamo davanti, quella che viviamo ora. Entrateci, sporcatevi le mani, mordete la vita, impegnatevi, prendete sulle spalle chi non ce la fa. Quando vedrete alla tv la storia di un barcone che arriva sulle nostre coste non pensate non m’interessa, è lontano, perché su quella barca c’è la storia.
- Non fidatevi di chi vi dirà “i giovani sono il futuro”. I politici, i grandi, spesso anche gli insegnanti usano questa frase. Rispondete loro: “I giovani sono il presente”.
- Non siate mai indifferenti. Non voltate le spalle al clochard che vi chiede una monetina ma chiedete lui perché è lì, stringetegli la mano, ditegli come vi chiamate. L’indifferenza non serve a nessuno.
- Aprite la mappa che vi ho regalato e di tanto in tanto scegliete un luogo, una città, un villaggio sperduto e partite, camminate, viaggiate. E’ la più bella lezione che farete.
Ora tocca a voi. Le nostre strade si dividono ma ricordate che io ci sarò sempre. Anche quando sarete grandi: per un consiglio, per una delusione, per una confidenza. Io ci sarò. Sapete dove trovarmi.
Buon viaggio