Dopo le critiche alla proposta Hunziker-Bongiorno sulla alienazione genitoriale decido di discuterne con un vero esperto, il Prof. Marco Casonato, docente di Psicologia dinamica presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università Milano-Bicocca e docente del Master sui Diritti dei minori di Unicef-Unimib, nonché membro del comitato scientifico internazionale del programma ‘Family Bridges’.
Secondo il suo pensiero la proposta di legge è condivisibile per la miglior definizione della fattispecie di reato rispetto alla normativa vigente. Tuttavia avrebbe lo stesso limite della legge sullo stalking, demandando alle procure (ma saranno migliori?) un ruolo che attualmente è mal svolto da altre istituzioni e servizi. Forse provvedimenti sanitari sarebbero più incisivi ed efficaci anche senza aggiungere un processo penale alla moltitudine di altri procedimenti che in questi casi si aprono.
Quanto alla differenza tra Pas e alienazione genitoriale mi spiega che Sindrome di alienazione parentale è una locuzione tipicamente ricadente nell’ambito della Medicina e, come per la Sindrome influenzale, si riferisce al presentarsi in concomitanza di una serie di segni e manifestazioni di interesse medico senza entrare nel merito delle cause. Invero, la Sindrome influenzale non è ‘una malattia’, non è presente nell’Icd, ma nessuno può dire che non esista o che non abbia valore medico legale quando ci permette di prendere alcuni giorni di ‘riposo e cure’. L’Alienazione parentale (Pas) è una locuzione come ‘mal-di-pancia’ che si riferisce ad una molteplicità di condizioni che vanno dal banale capriccio alla condizione di urgenza chirurgica e che pertanto devono essere approfondite. Anche il ‘mal-di-pancia’ non è elencato nell’Icd, ma purtuttavia ciascuno sa che esiste e che potrebbe essere anche molto pericoloso se non è un capriccio passeggero.
Gli chiedo di spiegarmi perché la Pas non sia presente nel Dsm-5. Osserva come sia assai diffusa una “psicologia da sala d’aspetto della parrucchiera” che ispira purtroppo molti operatori con vari ruoli nei divorzi. Tale visione del mondo sostiene che se l’Alienazione parentale non è indicata nel Dsm-5 o nell’Icd (classificazione internazionale delle malattie), essa non esiste e non è una entità scientificamente fondata. Nel Dsm-5 e nell’Icd non c’è né Pas né Alienazione parentale perché né l’una né l’altra sono ‘malattie’ proprio come il mal-di-pancia. Inoltre a leggere anche solo l’Introduzione del Dsm si potrebbe notare come l’opera non si ponga affatto come strumento scriminante la scientificità della diagnosi. Nel Dsm-5 esiste un buon numero di disturbi che possono dar luogo alla ‘alienazione parentale’. Il più diffuso è il Disturbo d’ansia da Separazione in cui un bambino prova un’ansia intensa a lasciare la mamma quando deve recarsi a scuola, oppure in cui la mamma prova un tremendo senso di vuoto se il bambino non dorme con lei oppure va a scuola oppure trascorre il weekend col papà. Nei casi estremi si producono anche tipici deliroidi da parte del bambino o della mamma o di tutti e due sul verificarsi di incidenti, rapimenti, abusi, violenze e molto altro se non sono insieme. L’Alienazione parentale o la Sindrome di alienazione parentale che noi osserviamo in questi casi può venir ricondotta ad un Disturbo presente già nel Dsm III, nel Dsm IV e nel Dsm-5. Basta leggerli invece di ripetere la minestra riscaldata di poche attiviste di alcuni movimenti, come riferito pure da tante amiche stanche di certi proclami.
Osserva poi che, il fatto che un genitore possa influenzare un bambino nei suoi rapporti coi nonni o con l’altro genitore sia una massima di comune esperienza. I divorzi altamente conflittuali (se ne è discusso ieri all’Univ. Bicocca in una giornata scientifica di studio) possono dare luogo ad una evoluzione ‘maligna’ di questo fenomeno, in sé comune e banale. Si tratta di un fatto assai ben descritto da un illustre giudice dei minori (Alfredo Carlo Moro) già oltre dieci anni fa. Inoltre è a tutti noto come i bambini (ed anche i genitori) abbiano preferenze e recondite ostilità in famiglia, che possono essere estremizzate ed amplificate da altri fattori e circostanze come il divorzio.
Quanto ai danni, essi sono sia transitori che permanenti e ricadono nel ‘danno morale’, ma possono anche manifestarsi in forme psichiatriche transitorie o croniche. Nelle condizioni più favorevoli un paio di settimane di separazione dal genitore alienante annullano l’alienazione. In casi in cui è presente un substrato psichiatrico preesistente (un genitore borderline, istrionico, sociopatico, psicotico, bipolare) ed una vulnerabilità accentuata del bambino può innescarsi un vero disturbo psichiatrico che protraendosi può non essere reversibile. Comunque l’alienazione costituisce ‘un pregiudizio’ per il minore.
La protezione più efficace sarebbe l’impossibilità (pur prevista dalla legge e dalla giurisprudenza) di interrompere i ‘contatti’ del bambino coi genitori e nonni: al massimo da effettuarsi con cadenza quindicinale in forme protette o neutre per non più di sei mesi. Ciò vanificherebbe alla radice l’utilizzo di false accuse per interrompere i ‘contatti’.
In Italia poiché esiste il business delle case famiglia nei pochi casi in cui si interviene il bambino viene spostato in casa famiglia. Ma è un provvedimento invasivo ed inutilmente traumatico tipicamente italiano. Negli Stati Uniti esistono ed è dimostrato che funzionano diversi programmi ‘conciliativi’ che si realizzano perlopiù in hotel nel fine settimana o nei casi più difficili utilizzando ‘spazi-di-transizione’.
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