Nel mirino delle proteste c'è un'ordinanza firmata dal sindaco Pd Virginio Merola che riscrive gli orari dei locali in zona universitaria, fissando il limite delle 23 per i laboratori artigianali, come gelaterie e panetterie, e dell'una per gli “esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande”. Tra i rappresentanti dei comitati anche l'ex consigliere espulso dal Movimento che presto aprirà una libreria-caffetteria in centro
L’ultimo in ordine di tempo a ribellarsi è stato il locale Bombocrep, nome storico per chi vive e studia a Bologna, appuntamento fisso per affamati in uscita dal cinema o dalla discoteca da oltre 30 anni: “Non avremmo mai pensato che crepes alla nutella e bomboloni potessero creare tanti disagi”, hanno scritto i gestori in un cartello che avvisa della chiusura anticipata. Ma ci sono almeno altre decine di commercianti sulle barricate pronti non solo a ricorrere al Tar, ma anche a organizzare una class action contro il Comune e un esposto al garante per la concorrenza. Nel mirino c’è un’ordinanza firmata dal sindaco Pd Virginio Merola che riscrive gli orari dei locali in zona universitaria, fissando il limite delle 23 per i laboratori artigianali, come gelaterie e panetterie, e dell’una per gli “esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande”.
Un provvedimento anti-alcool, che in questi giorni d’inizio estate sta rendendo il clima più caldo di quanto non lo sia già. Valida dall’8 giugno, l’ordinanza interessa 48 vie e piazze e circa 300 locali. I limiti sono chiari: “Gli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande – si legge – potranno aprire dalle ore 5 all’1 del giorno successivo, i laboratori artigianali alimentari dovranno chiudere l’attività di vendita non oltre le 23 e aprire non prima delle 6, e gli esercizi di vicinato del settore alimentare e misto potranno aprire dalle 6 alle 22”. E le multe anche: “Chi non rispetterà gli orari potrà incorrere in una sanzione amministrativa da 300 a 500 euro”.
A poche ore dall’entrata in vigore però è scoppiata la rivolta tra i commercianti, che hanno dichiarato guerra al sindaco Merola. Un braccio di ferro che riporta la città indietro nel tempo, quando sulla poltrona di Palazzo d’Accursio sedeva Sergio Cofferati, ribattezzato “sindaco sceriffo”: allora gli esercenti erano arrivati a incatenarsi alla porta del primo cittadino contro la chiusura anticipata dei locali. Oggi il copione è simile: sono già pronti un ricorso al Tar, una lista di firme sempre più lunga, un provvedimento all’autorità per la concorrenza e una class action.
A farsi portavoce della protesta è Giovanni Favia, alla sua seconda vita dopo l’esperienza politica con il Movimento 5 stelle. Tra pochi mesi l’ex consigliere regionale aprirà una libreria-caffetteria in via delle Moline, nel cuore della zona universitaria. “Quella di Merola è una mossa goffa e triste. – attacca – È un coprifuoco al contrario, che toglie gente dai locali e la mette in strada. Ma invece che contrastare il bivacco, si attacca solo l’economia. In città sono 100mila gli studenti, e non si possono far sparire. Se li metti fuori dai locali, dove andranno? In strada, aumentando così gli schiamazzi”.
Secondo i commercianti, organizzati nella sigla “Bologna città aperta”, l’ordinanza rischia di trasformare un intero quartiere in una zona fantasma, con strade buie e più esposte alla microcriminalità. C’è poi la questione della concorrenza. “Non è possibile – continua Favia – che la pizzeria vicino all’università debba chiudere le porte alle 23 e a 30 metri di distanza un’altra possa andare avanti a lavorare fino alle 5 del mattino. Noi siamo disposti a dialogare, abbiamo le nostre proposte per risolvere le criticità di quell’area, che esistono, non lo neghiamo. Ma in questo modo il sindaco va a penalizzare centinaia di commercianti onesti, per punire i pochi che creano problemi”.
Il sindaco per ora non sembra disposto a tornare sui suoi passi, ma solo a concedere delle deroghe in una sorta di patto di collaborazione con il Comune. La guerra, quindi, sembra solo all’inizio.