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L’Isis avanza. Parole, parole, parole da Usa e Europa

Il 2 giugno si sono riuniti a Parigi i rappresentanti degli Stati che fanno parte della coalizione guidata dagli Stati Uniti che combatte contro il primo califfato dell’epoca moderna. In quella occasione, l’attuale Premier iracheno Al Abadi che, nel 2014 ha preso il posto di Nouri al-Maliki – il Primo Ministro che si è contraddistinto, fra le altre cose, per la sua politica di repressione nei confronti degli iracheni sunniti – ha sostenuto che la coalizione anti-Isis, non avrebbe fatto quello che doveva fare, permettendo al califfato di continuare ad espandersi e radicarsi nei territori conquistati. Queste vittorie ottenute con le armi sono accompagnate da una politica che mira essenzialmente a conquistare la fiducia delle popolazione, attraverso una ridistribuzione della ricchezza e la propaganda ideologica: la costruzione di uno Stato islamico con le sue regole ed i suoi valori diversi e contrapposti a quelli occidentali. Questa missione attrae non pochi giovani dall’Europa alla ricerca di un ideale. La stessa strategia del terrore che l’Isis aveva adottato nella prima fase dell’espansione, si va ridelineando per una convenienza politica poiché il califfato non può continuare a mozzare teste. Vediamo ora a che punto siamo riguardo alle conquiste territoriali. Un punto è certo: nonostante la politica adottata sinora, almeno da sei mesi a questa parte, di condurre dei raid aerei, l’Isis ha continuato a guadagnare terreno, raggiungendo l’obbiettivo simbolico di mettere in discussione gli accordi Sykes- Picot del 1916, conquistando Ramadi e Palmira avendo ormai la capacità di spostare liberamente le truppe tra la Siria e l’Iraq. Non solo, ma questo vasto territorio è ricco di petrolio: questo significa la possibilità di avere accesso ad enormi quantità di denaro da dedicare alla causa.

Nonostante il fiume di parole spese nell’incontro di Parigi, in cui si è più volte ribadito che la lotta contro l’Isis sarà molto lunga, è naturale chiedersi cosa non abbia funzionato. I fattori sono diversi e convergono intorno ad un unico problema: che fare una volta escluso ogni intervento di terra? E’ sufficiente immaginare che sia possibile contrastare l’Isis solo con raid aerei di appoggio? Intanto va detto che l’addestramento americano dei soldati dell’esercito siriano che combatte contro Asad non è stato molto performante. Inoltre i curdi, nonostante il loro coraggio. non possiedono armi pesanti. E per finire va sottolineato che per il momento la popolazione sunnita subisce il fascino dell’Isis ben contenti di rendere la pariglia agli sciiti che, con Al- Maliki, sono stati estromessi dal potere e sottoposti a incredibili soprusi.

E’ evidente che la partita dell’Isis non si gioca solo relativamente a questo territorio, ma in prospettiva anche in relazione alla caduta di Asad e alla situazione della Libia, dove nuovi focolai di adesione alla ideologia del califfato si affermano progressivamente.

Ci troviamo di fronte alla dimostrazione plateale degli errori della politica americana e di quella europea: non solo di quella coloniale, i cui effetti si fanno sentire ancora oggi, ma anche di quella più recente che ha avuto inizio con la guerra a Saddam Hussein e a Gheddafi. Tutti atti di guerra compiuti senza sapere cosa sarebbe accaduto in futuro.